Sto leggendo uno strano e bellissimo libro, Le parole dell’incanto, di Fernando Dogana (FrancoAngeli, 2003).
Sottotitolo: Esplorazione dell’iconismo linguistico. In sostanza, l’esplorazione delle potenzialità multimediali e spettacolari delle parole e del testo in un’epoca in cui è il multimediale ad attirare tutta l’attenzione.
E la risposta alla domanda: le parole possono anche “disegnare”, oltre che “designare”? Risposta che si articola in quasi 500 fittissime pagine.
Nel libro a un certo punto si nota come la distanza sociale o psicologica sia proporzionale alla lunghezza del testo:
passami il formaggio > mi passerebbe il formaggio, per cortesia?
ciao, Maria > gentilissima professoressa Maria Rossi
arrivederci > in attesa di incontrarla personalmente, porgo distinti saluti.
Sarà perché la rete ci dà la falsa e superficiale impressione di essere tutti vicini e contigui che ricevo sempre più spesso email spicce e sbrigative, senza firma, soprattutto quando chiedono un favore?
Salve,
può mandarmi una bibliografia sulla dimensione personale nei corporate blog?
E anche qualche suo consiglio, grazie. Ne avrei bisogno abbastanza presto. L’esame è vicino e i tempi stringono.
Cordialmente.
Di email così ne ho una collezione.
Ma non deve essere un problema solo mio, né una mia ipersensibilità da signora di un altro secolo se i due autori di SEND, il libro sull’email di cui parlavo qualche post fa dedicano ai messaggi di richiesta di informazioni o favori ben 14 pagine.
Le tecnologie si espandono ed espandono le nostre possibilità di conoscere, ma il nostro tempo è sempre quello. Anche la nostra sensibilità di persone e la nostra natura di esseri umani è sempre quella.
Me lo ricorda un altro bel libro che sto leggendo: In viaggio con Erodoto, di Kapuscinsky.
Un racconto superbo di come il più grande reporter dell’antichità abbia continuamente ispirato e accompagnato nei suoi viaggi uno dei più grandi reporter dei nostri tempi, in una continuità di valori che ha scavalcato 2.500 anni: documentarsi, studiare a fondo, andare, camminare, guardare con i propri occhi, annotare, parlare con le persone con curiosità ed empatia. E poi, di nuovo in mezzo ai libri, nel silenzio di uno studio, mettersi a scrivere.
Forse perchè sarò frutto d’altri tempi, a me piace la vecchia maniera di scrivere, di presentarmi di relatare le cose, magari con educazione, buon senso, parole semplici e facili, e non solo nei post del mio umile blog, ma anche nelle e-mail e nelle conversazioni. Certamente non esagerando, non abbellendo per abbellire, semplicimente perchè spesso le parole sono il segno del nostro carattere e del nostro modus vivendi.
Felicità
Rino, spontaneo.
Volevo farle molti complimenti per il suo blog, che ho scoperto solo stasera. La seguirò spesso.
mi puoi mandare in fretta i tuoi appunti sull’alchimia del verbo… [scherzo]: un ringraziamento disinteressato per la fresca costanza con cui tessi ancora sogni di parole – buona vita
Erodoto è molto più di un reporter: gli antropologi culturali lo considerano il loro padre spirituale, e non solo per la curiosità e gli argomenti trattati, ma per la metodologia. Il che, io trovo, è fantastico!
Buon fine settimana.
f.
E’ interessante la proporzionalità tra lunghezza del testo e distanza sociale.
Credo sia legato al discroso degli “atti linguistici”: quando il linguaggio si mescola con la “vita” tende a diventare azione, e le azioni sono immediate.
Grazie della mega segnalazione!
🙂