Qualche giorno fa l’amico Giacomo Mason ha stroncato su Facebook un libro sulla scrittura per il web. Lo ha stroncato di brutto. Ha fatto benissimo e ancora una volta l’ho ammirato per aver fatto una cosa della quale io non ho mai il coraggio.
Io i libri non riesco a stroncarli – è un mio limite – e se in questo blog trovate solo recensioni entusiaste non è perché mi piaccia tutto, anzi. I libri che escono sul tema “scrittura” e affini li leggo (quasi) tutti, ma da tempo ho deciso di condividere solo quello che mi dà davvero qualcosa in più. Qualcosa che non sapevo, una nuova prospettiva, uno stile o un taglio originale. Non ignoro solo i libri decisamente brutti, ma anche quelli dignitosissimi però compilativi e ripetitivi. Tutti, comunque, sono sulla mia pagina di Anobii con le loro oneste stelline.
Così, arrivo a un altro libro che ho letto in questi giorni e mi è piaciuto molto. È un libro austero, fin dal titolo: Libro. Su una copertina rigorosamente bianca. E basta. Lo ha scritto Gian Arturo Ferrari, una lunghissima carriera nell’editoria fino alla direzione di Mondadori Libri.
Ciò nonostante, Libro non è una difesa del libro di carta. È una lunga e bellissima storia, che comincia circa 5.000 anni fa. Una storia più facile da cogliere e raccontare proprio ora, nel momento in cui il libro come l’abbiamo conosciuto si sfalda in qualcos’altro che ancora fatichiamo a vedere.
In questo sguardo dall’alto, Ferrari ci mostra il libro per quello che è: l’episodio più compiuto e glorioso di una storia molto più lunga, ma pur sempre un episodio, con un inizio e una fine. Eh sì, perché ci sono state grandissime civiltà testuali senza libri e qualcosa del genere si avvia a essere anche la nostra, che vede “la più grande fioritura mai vista della parola scritta”.
Il respiro del libro lo si coglie subito, fin dalle prime pagine, dove Ferrari parla della fortuna e del privilegio che ci è toccato, quello di assistere al tramonto di un mondo e alla nascita di uno nuovo. Poche generazioni hanno avuto questa fortuna. A una velocità paragonabile a quella di oggi solo chi ha vissuto tra l’Italia e la Germania a cavallo tra quattrocento e cinquecento.
Il libro è organizzato in tre capitoli, che corrispondono ai tre libri: il libro manoscritto, il libro stampato e l’ebook. Interessantissimi i due capitoli sul libro manoscritto e quello stampato, per nulla eruditi, ma pieni di sorprese, di storie sconosciute e di connessioni inedite che illuminano anche il nostro presente.
Sapevate, per esempio, del “fondo navi” della biblioteca di Alessandria? Tutti i libri che si trovavano sulle navi che approdavano al porto venivano sequestrati e copiati. L’originale lo teneva la biblioteca, la copia veniva restituita al proprietario.
Eppure ai greci dei libri in quanto oggetti non importava nulla e raramente li menzionano. Per loro contava solo il contenuto. I monaci medievali, invece, copiavano senza capire molto, tutti presi dalla mania di conservazione di quegli oggetti che apparivano soprattutto come “preziosi relitti del naufragio del mondo antico”. Furono gli umanisti a riconciliare l’oggetto libro con il suo contenuto, aiutati dall’invenzione della stampa a caratteri mobili, l’arte “nera” perché nata dall’unione tra scrittura e oreficeria (sbalzare un tipo, cioè un carattere in metallo, era un vero lavoro da orafi), un esempio di innovazione nata dalla connessione tra due ambiti molto distanti.
Ogni cambiamento tecnologico del supporto delle parole scatena la creatività degli uomini, il libro stampato soprattutto. In pochi decenni nasce il libro come lo conosciamo oggi: la stampa diventa il tratto caratteristico della modernità, il libro la metafora stessa dell’universo.
Ferrari colloca il nuovo spartiacque, l’acme del libro, nel 2007, subito prima della grande crisi, e la sua analisi del mercato editoriale è lucida e documentata. Veniamo così a sapere che la “letteratura della conoscenza” – ciò che leggiamo per conoscere, informarci, formarci – costituisce il 50% del mercato e nei fatti è già quasi interamente digitale. La “varia”, che comprende la narrativa e tutto ciò che leggiamo per piacere e per noi stessi, costituisce l’altro 50% e si avvia a un periodo di lunga convivenza tra carta e digitale, ma tutto a favore di quest’ultimo.
In realtà, per Ferrari, più che di una rivoluzione di tratta di un viaggio verso l’ignoto, ma un viaggio speranzoso, non dissimile da quello affrontato da altri geniali innovatori del passato, come Aldo Manuzio. Se del libro come oggetto, come unità concettuale “non ha più senso parlare”, qual è il ruolo e il compito dell’editore? Fare quello che ha sempre fatto:
Scegliere gli autori e le loro opere e accompagnare gli uni agli altri al contatto con il pubblico. Questa essenza del pubblicare, non il semplice rendere pubblico, come appendere un manifesto, ma l’annunciare, l’offrire, il presentare al pubblico con la credibilità che deriva dalla propria storia, dalle proprie scelte, dalla propria coerenza. Pensare che possano esistere libri, di carta o elettronici, senza editori è una ricorrente puerilità, una colossale sciocchezza. Tutti sanno sempre tutto sui libri, ma dopo, solo dopo. L’editore è colui che sui libri sa qualcosa, forse poco, forse pochissimo (e forse si sbaglia), ma lo sa prima. È il cireneo che si carica la croce sulle spalle e affronta il giudizio del pubblico. Mentre tutti gli altri se ne stanno comodamente seduti in platea a godersi lo spettacolo, lui è quello che mette in scena. Certo, insieme al vigore (perduto) nell’asserire la propria funzione, gli editori dovranno trovare la forza di cambiare in profondità il proprio modus operandi, di dargli e di darsi un nuovo senso. Dopotutto sono solo all’alba di una nuova era.
…
Vincerà semplicemente chi avrà più idee, più nuove, migliori. È questo il vero dono che ci ha fatto l’ebook, l’ultimo (in ordine di tempo) tra i doni del libro. Non bisogna essere pessimisti sul futuro del libro. Il libro, lui stesso, è un gesto di ottimismo, di fiducia nella volontà degli uomini di dirsi, di raccontarsi, di raccontare quello che si è visto e scoperto. E insieme un gesto di fiducia nel desiderio di ascoltare, disposti a dimenticare se stessi per il piacere di immedesimarsi, diventare altri. Il libro è uno scambio del meglio che abbiamo e che riceviamo. Il libro è un dono.
Grazie Luisa. Il concetto di libro come dono mi ha aperto a una visione dei libri che non avevo mai preso in considerazione. Penso ai libri scritti per i miei studenti (tre); e a quello che, importante, che scriverò nei prossimi due anni. Lo scriverò avendo scolpita nel cuore l’immagine del dono.
Credo che il dono debba essere per i destinatari del libro. Ma anche per le persone di cui scriviamo.
Per me il libro è un dono che mi faccio quando leggo, che faccio ad altri (ma anche a me stessa) quando scrivo.
Leggere la sua evoluzione che in parte conosco sarà un nuovo dono. Grazie Luisa*_))
Da IPdad, con cui ho commentato sopra, risultava anonimo. Lo rimetto.
Per me il libro è un dono che mi faccio quando leggo, che faccio ad altri (ma anche a me stessa) quando scrivo.
Leggere la sua evoluzione che in parte conosco sarà un nuovo dono. Grazie Luisa*_))
Bellissima recensione e riflessione! Anch’io parlo piú volentieri di quello che ho apprezzato e fatico a fare critica, sebbene ne riconosca il valore costruttivo! Queste tue parole mi hanno fatto scoprire il libro che metterò tra i prossimi “da leggere” perché sono curiosa e mi hai stuzzicato grande interesse! grazie!!