Johnson, il blog dell’Economist dedicato alle questioni linguistiche, in uno dei suoi ultimi post se la prende con l’auto-cortesia, cioè le risposte fin troppo cortesi che sappiamo generate in automatico. Per esempio quando facciamo un acquisto online e ci arriva subito il messaggio: “Grazie, Luisa. Siamo felici di averti da oggi tra i nostri clienti!”, oppure “Congratulazioni per aver acquistato MyGarden, il set di sementi per trasformare il tuo piccolo balcone in un lussureggiante giardino.”
L’autore è netto:
Ringraziare è una vera risposta umana a un evento reale. Non so se possa essere data in outsourcing a una macchina.
E applica lo stesso ragionamento alle email e agli sms seriali di auguri, e persino ai biglietti che sappiamo scritti a mano da un assistente e solo firmati da un alto manager. Chiede un parere ai lettori del blog, che però in maggioranza sembrano apprezzare la cortesia automatica, purché breve e non esagerata. Sono dello stesso parere.
Anche se può apparire falsa, asettica e automatica, la cortesia sul web non è vuota perché esprime la gentilezza di un’azienda come di un sito. Credo che l’immagine della cortesia è esagerata molto più nei servizi telefonici in cui è una voce umana – non registrata – a parlare che in quelli telematici in cui la voce è una guida automatica inserita in memoria. La cortesia non va confusa con l’educazione, la prima è fondametale, intesa come un’insieme di norme per – non “da” – rispettare senza le quali dominerebbe il disordine, la seconda è relativa.
Grazie del messaggio! 🙂
Questione interessante! Se il computer parla come un umano, può essere scambiato per un umano. (Beh, in effetti conosco molti umani che si esprimono come computer, ma questo è un altro problema).
Dunque è disdicevole (ma perchè?) che il computer debba esternare sentimenti.
Nel caso contrario, sarebbe indispensabile, prima, creare il linguaggio della macchina. Una nuova, meravigliosa lingua non-semantica che permetta immediatamente di comprendere che “si, non è la mamma che mi scrive, è un computer…”
Una lingua che non esiste (ancora). Tuttavia un tentativo si può fare. Il noto giochino per chi ha tempo da perdere: prendi una frase, la dai in pasto a Google Traduttore e traduci, per esempio, in swahili. Il risultato lo ritraduci in giapponese. E poi urdu. Persiano, bulgaro, e via così con le lingue che preferisci. Poi di nuovo in italiano. Ed ecco un possibile risultato, generato dalle succitate frasi:
Pensionati, grazie. Sappiamo che i nostri clienti sono soddisfatti!
e l’altra:
Mygarden piccolo balcone con l’intenzione di acquistare grano, sano.
Mmmmmm. Non funziona. Forse è meglio lasciare le cose come stanno e farsi coccolare dalla standard-cortesia, che è meglio di niente.
Quanto ai servizi telefonici, il famigerato IVR, Interactive Voice Response, lì il problema è un altro. Non sento eccesso o mancanza di cortesia nei messaggi. Mi disturba il risultato della corsa ai ripari nella consapevolezza che il pubblico è vasto e indifferenziato. Non trovando altro modo di spiegare le cose che quello che si adotterebbe parlando ad una platea di tartarughe, gattini e pulci ammaestrate, il risultato è: “… se desidera ricevere informazioni commerciali circa il contratto telefonico attualmente in essere, a lei intestato, eserciti una pressione mediante il polpastrello del dito indice della mano destra, o sinistra se mancino, sul tasto contrassegnato dal numero arabo 5 della tastiera del medesimo apparecchio dal quale sta, in questo momento, effettuando la chiamata. In caso riscontri difficoltà nell’uso del dito indice, o abbia smarrito il polpastrello, la preghiamo di utilizzare il dito medio. Se dovesse ancora trovarsi in difficoltà la preghiamo di richiamare non appena avrà la piena disponibilità di un polpastrello, anche di tipo sintetico”.
Si, vabbè, ho un pò esagerato. Comunque, a morte l’IVR.
Mi fermo qui, o non mi fermo più.
🙂
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