“Quindi parliamo di riscaldamento globale” dice il cittadino all’esperto.
“No, in realtà parliamo di cambiamento climatico” risponde l’esperto.
“Scusa, ma il clima non sta diventando più caldo?” chiede ancora il cittadino.
“Sì.” risponde l’esperto.
“Allora è riscaldamento globale.” conclude il cittadino.
Rovescio la “piramide” dell’ultima newsletter di Gerry McGovern, il quale come noi si domanda:
“Sul web, dobbiamo usare le parole e le espressioni più corrette o quelle che le persone usano davvero nella loro quotidianità (che sono poi anche quelle che usano quando fanno le loro ricerche su Google)?”
Il buon senso ci dice di usare le parole che le persone usano, ma le aziende e le istituzioni hanno ancora molte remore a uscire dalle certezze dell’ufficialità.
Eppure, ci ricorda McGovern, ogni mese su Google ci sono 40.000 ricerche per “low fares” e 25 milioni per “cheap flights”.
Condivido molto il senso dell’articolo;
credo che spesso chi scrive, in questo caso sul web, sia spesso in conflitto fra lo scrivere ciò che pensa e sente e lo scrivere ciò che farà si che il suo post venga trovato e letto.
Mediazioni cercansi.
Complimenti.
Andrea
Capisco il senso del post, ma credo sia anche opportuna una riflessione su come la lingua italiana sia avviata ad un eccessivo imbarbarimento. Sono troppi i neologismi e i modi di dire che, dopo un certo numero di anni di uso “arbitrario” vengono inseriti nel dizionario. Ad esempio ricordo che una volta il termine “attenzionare” non era considerato corretto, ultimamente ho pure sentito cose come “panicare” nel senso di creare il panico, per non parlare di termini informatici italianizzati, passi per “clickare” , ma “loggarsi”, “sloggarsi”, etc..insomma, sarò all’antica ma penso che andare completamente alla deriva in questo senso sia pericoloso.
Complimenti per il blog che mi ha aiutato a migliorare le mie capacità di semplificare e revisionare i miei documenti.
Antonio
OK OK,
ma sei si dimostra che non c’è il global warming, cosa facciamo, cambiamo tutti i nostri argomenti in climate change?
No, caro Jerry, non ci siamo. Se stiamo parlando di cose serie, dobbiamo essere seri e precisi. E non approssimativi.
Altrimenti si confonde l’influenza aviaria con la pandemia influenzuale. Già perché la prima potrebbe non comportare la seconda e una pandemia influenzale potrebbe non essere causata da un’influenza aviaria.
Quindi è opportuno decidere prima di cominciare a battere sui tasti cosa vogliamo scrivere e a chi vogliamo rivolgerci.
Poi se si deve cominciare un articolo con:
“E’ possibile, ma al momento non è avvenuto né è dimostrabile, che un’influenza aviaria, che sia trasmessa dagli uccelli migratori agli uomini, possa avere effetti catastrofici e trasformarsi in un catastrofe planetaria come quella che colpì il mondo (occidentale?) alla fine della prima guerra mondiale. In quel caso, si parlò di pandemia e dopo oltre novant’anni, ancora non si conosce il virus, l’origine, la trasmissione e la fine”,
a mio parere potrebbe essere una buona mediazione.
Ma c’è una cosa che mi intristisce in tutto ciò. A forza di parlare di qualità della scrittura ci siamo dimenticati la ricerca del rigore nelle cose che si si scrivono. Internet e la televisione sono dei bellissimi ed efficacissimi strumenti per la diffusione delle ideee e ci vorrebbe una maggiore attenzione nello scrivere e nel comunicare…
Cara Luisa e caro Jerry, provate a riscrivere in stile SMS il Teorema di Pitagora e capirete che cosa voglio dire. Premesse inequivocabili (In un triangolo rettangolo) conseguenze verificabili (la somma delle superifici dei quadrati costruiti sui cateti è pari alla superficie del quadrato costruito sull’ipotenusa).
Poche parole, esatte ed inquivocabili ed ecco un fondamento della geometria in atto!
Altro che la fuffa che s sente in giro. Altro che le keyword utilizzate per farci trovare perché altrimenti dei nostri scritti non imorta nulla a nessuno.
Grazie per l’ospitalità
Gianluca
Gianluca, hai ragione. L’approssimazione è sempre in agguato, soprattutto in certi campi. Ma il mestiere dei comunicatori è proprio quello di scegliere di volta in volta le parole giuste, che ogni volta possono essere anche molto diverse, a seconda del nostro progetto testuale e delle persone e dell’obiettivo che dobbiamo raggiungere.
Quando scriviamo, facciamo sempre delle scelte, e tra lettori e motori, precisione e divulgazione, le cose ultimamente si sono fatte abbastanza complicate…
Ciao, e grazie 😉
Luisa
So bene quali siano le quotidiane mediazioni tra rigore e comunicazione l’ho costantemente presente perché lavoro al sito con più utenti registrati d’Italia. Facebook? You Tube? no. Quello del Ministero delle finanze.
Dove la necessità di comunicare in maniera semplice deve costantemente confrontarsi con la precisione e possibilmente l’inequivocabilità della norma.
Gianluca
io invenio sempre nuerne parobole 🙂
Sono dell’ idea che la comunicazione vada fatta in modo tale tutti possano comprendere totalmente tutto.
La comunicazione ed in particolare la comunicazione scientifica, andrebbe fatta con un linguaggio quanto più colloquiale senza però far venire meno il rigore scientifico.
Buonasera Luisa,
è il primo commento che faccio su questo blog, a dire il vero più che un commento a questo post vorrei farti i complimenti per il libro “Il mestiere di scrivere”.
Mi ha insegnato tante cose, lo tengo sempre a portata di mano.
Ciao e grazie.
PS: da ora in poi farò solo commenti attinenti ai post, lo giuro.
Secondo me dipende da chi vuoi raggiungere.
Utilizzare certi termini e non altri aumenta o diminuisce il numero di persone a cui arriverà il messaggio.
Ciao dal Bunker-u
…chi legge “Bunker-u” potrebbe incuriosirsi per la stranezza del termine, oppure ignorarlo! 🙂