Oggi che sono tornata a scrivere su questo blog dopo alcuni giorni di stacco, mi è tornata in mente una definizione che una mia amica mi ha dato del blogging mentre parlavamo di scrittura: “Scrivere un blog è una pratica.”
Io associo istintivamente la parola “pratica” alla disciplina dello yoga, cioè a quei gesti semplici ma intensi e vissuti con una estrema consapevolezza che si fanno su un tappetino come se fossero la cosa più importante del mondo. Nel momento presente effettivamente lo sono, e una delle frasi che ricordo e che più amo di un bravo maestro è che praticare yoga è “scoprire e vivere lo straordinario nel quotidiano”.
Sul tappetino ci si muove, si respira o semplicemente si sta fermi perché attraverso il corpo si sperimentano situazioni ed emozioni che incontriamo ogni giorno: la frustrazione, la rabbia, l’apertura, l’umiltà, l’esaltazione o la mancanza di speranza.
Però lo facciamo prestando attenzione, saggiando i nostri limiti, e questo ci aiuta quando nella vita quelle situazioni ed emozioni le incontriamo davvero. In un certo senso, ci arriviamo più preparati.
Dopo più di tre anni di “pratica bloggica”, posso dire del blog un po’ la stessa cosa: nel piccolo spazio dei post si sperimentano delle cose che poi hanno delle ripercussioni molto ampie nella mia vita e attività di scrittrice professionale, forgiano il mio modo di rapportarmi con le parole e con le persone, ma soprattutto mi ricordano che l’essenza della mia pratica di scrittrice è la condivisione e l’apertura, che “lasciar andare” è molto più sano e remunerativo che “trattenere”. Tutte cose che, per natura, non mi sono per niente congeniali.
Per questo, credo, quasi ogni giorno mi ritrovo a praticare sul tappetino e su questo blog.
bella analogia, lo yoga.
la condivido in pieno, grazie! 🙂
e per me è sempre un piacere praticare la visita in questo tuo spazio e abbeverarmi alla fonte delle tue parole.
Grazie!
Non conosco l’esperienza dello yoga, sfrutto molto quella del blog. In una vita da “non scrittrice” le ripercussioni di un blog devono essere più tenui e indistinte, mentre trovo estremamente aderente anche al mio mondo la frase del tuo maestro: “scoprire e vivere lo straordinario nel quotidiano”. E anche se il mio blog mi aiuta nell’instaurare un dialogo più stringente e rilassante con me stessa, rimane la lettura di post altrui l’attività che più mi permette di superare il concetto di “banalità” appiccicato troppo spesso incautamente a quello che mi attornia.
Più che in un libro, dove troppo spesso c’è un fine e qualcosa di particolare da raccontare… nei post si estrapola lo “straordinario” nei modi più inaspettati.
Io, invece, avevo pensato al tamagochi, per un’analogia con il blog. Forse perchè sono nuova di questa pratica ( e in questa definizione concordo perfettamente con te), forse perchè mi piacerebbe una comunicazione e un dialogo più attivo di quello che per ora ho instaurato con altri sugli argomenti che a volte cerco di proporre, ma mi sembra che a volte diventi quasi una necessità trovare ogni giorno qualcosa da scrivere o almeno avere questa ansia, nella paura appunto che il tamagochi-blog non si nutra abbastanza e muoia.