Sabato e domenica sono stata al Rifugio Stella d’Italia sopra Folgaria al primo ritiro degli istruttori della Palestra della Scrittura. Su cosa sia successo lì, lo leggerete e lo vedrete sul sito della Palestra.
Il tema che mi era stato assegnato erano le prospettive della scrittura professionale nell’epoca dei social media e della “grande conversazione”.
La parola “conversazione” mi ha quindi impegnata parecchio, prima e durante.
Mentre me ne tornavo in treno, l’ho reincontrata in una lettera di J. Hillman all’interno del suo libro-intervista Cent’anni di psicanalisi. E il mondo va sempre peggio.
Le considerazioni dello psicologo junghiano mi hanno aiutata parecchio a mettere a fuoco l’idea di cosa sia una “buona conversazione” in una rete in cui tutti ormai parlano e spesso blaterano.
“Una buona conversazione ha presa: ci apre gli occhi su qualcosa, ci fa drizzare le orecchie. Una buona conversazione lascia degli echi: più tardi, nel corso della giornata, nella nostra mente si continua a parlare; e il giorno dopo ci si ritrova ancora a conversare con quello che è stato detto.
… E’ necessario ripensare a cosa è la conversazione. Il termine significa ‘cambiare direzione con’, tornare indietro, invertire il movimento, e probabilmente ha a che fare con l’andare avanti e indietro con qualcuno o qualcosa, voltandosi e dirigendosi verso lo stesso terreno dalla direzione opposta. Una conversazione fa cambiare direzione alle cose. E per ogni conversazione esiste un ‘verso’ un rovescio, un lato opposto.
… Per questo lo stile delle nostre conversazioni deve essere un po’ sconcertante, cambiando la direzione prevista di un pensiero o di un sentimento. Ed è per questo che dobbiamo parlare con ironia, e perfino con scherno, con sarcasmo. Magari scioccando anche: perché la coscienza arriva attraverso un piccolo shock di consapevolezza, tenendoci sul filo, acuti, desti, e un pochino di traverso.”
oppure dire semplicemente che una conversazione è come una reazione chimica, che avviene in entrambe le direzione, e prevede scambio e, magari, creazione di un elemento nuovo (soprattutto se gli …apprendisti stregoni si sono scoltati con attenzione, e non solo parlati adosso?
🙂
brava, luisa. estratto molto interessante.
sì, la conversazione deve fare deviare un moto rettilineo, come quando con la risata o il paradosso un maestro zen sconcerta l’allievo facendogli fare un passo avanti, in cui si cambia la prospettiva consueta.
per questo l’ironia, l’autoironia, sono eccellenti e restano impresse…
Condivido in pieno il pensiero della citazione su questo, Luisa: conversare è aprirsi a un cambiamento di direzione.
Concordo meno su quest’altro punto: a parer mio scherno e sarcasmo non portano da nessuna parte. Nessuna parte buona dove andare insieme.
Parlo della mia persona, e della mia esperienza: sarcasmo e scherno sono figli di animosità, invidia, insoddisfazione. Le stimolano a loro volta.
Ignoro se le conversazioni terapeutiche se ne avvalgano proficuamente,
credo però che le conversazioni quotidiane migliorino seguendo altre strade, altri shock.
Annalisa