A pagina 7 del Tuttolibri c’è un articolo molto spassoso di Ermanno Bencivenga, che stronca con gusto (suo e nostro) un guru della filosofia contemporanea: Edgar Morin.
Colpevole, il professor Morin, di accodarsi alla facile moda di incantare e confondere il lettore con frasi fatte e oscure che, se analizzate con un briciolo di buon senso, ben poco vogliono dire.
Eccone una piccola antologia selezionata da Bencivenga:
“Il nostro mondo soffre di insufficienza d’amore. Ma soffre anche di cattivo amore.”
“A forza di sacrificare l’essenziale per l’urgenza si finisce per dimenticare l’urgenza dell’essenziale.”
“L’etica non può sfuggire ai problemi della complessità.”
“Potremmo riassumere l’auto-etica con i due comandamenti: disciplinare l’egocentrismo, sviluppare l’altruismo.”
“Fortune cookie” li definisce argutamente Bencivenga, l’etica dei Baci Perugina.
Brava! E Bravo Bencivenga. Le “frasi fatte” sono cosa molto diversa dagli aforismi, dalle massime e dai proverbi, che “sempre”, al contrario delle “frasi fatte”, contengono perle di saggezza. Lo sapeva anche Flaubert, che mise in appendice al suo Bouvard et Pécuchet il “Dizionario delle idee comuni” detto anche “Sciocchezzaio”.
Ma come distinguere un aforisma, da una “frase fatta”, cioè dall’aria fritta?
Non è cosa semplice.
Vorrei fare tre esempi di massime e aforismi.
Una è di San Francesco: “Sii nel mondo come Pellegrino et Forestiere”.
Una di Oscar Wilde: “Tutta l’Arte è perfettamente inutile”.
L’ultima è di mio zio, Pippo Grasso, collaboratore di Elio Vittorini: “Per come siamo fatti male… è stupefacente come ci comportiamo bene.”
P.S.
Mio zio Pippo era darwiniano.
Ciao.
“Fortune cookie” … non avrebbe potuto dire meglio. Ed è stato gran signore a non usare “etichette pesanti” (che qui non citerò).