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risali negli anni

20 Gennaio 2006

Archeologia del web e nuove conversazioni

Esattamente sei anni fa, nel gennaio del 2000, stavo cercando di organizzarmi per scrivere quello che sarebbe diventato il primo timido manualetto italiano di scrittura per il web, poi ribattezzato il libretto rosa.

Un libro che non tocco e sfoglio da anni, perché leggerne anche solo poche righe mi fa arrossire e venire i brividi. Non tanto per il contenuto, che per qualche verso regge ancora, ma per la mia prosopopea e il mio tono imperativo, di cui oggi mi vergogno profondamente.

Appena avrò un po’ di tempo, lo metterò in rete. Non per prenderlo alla lettera, ma come vero cimelio storico, un pezzo significativo di archeologia del web. Oltre che memento per me.

Il web è cambiato, insieme al mondo in cui viviamo, ma soprattutto sono cambiate le mie idee. Ho letto e scritto centinaia, forse migliaia di pagine da allora, ma i miei dubbi, i miei “dipende”, i miei condizionali sono aumentati in misura proporzionale ai miei approfondimenti e ai miei studi.

Forse è per questo che ho privilegiato il web come strumento e ambiente di comunicazione e pubblicazione rispetto alla carta. Per la fluidità, la possibilità di contraddirsi e di cambiare idea da un giorno all’altro, di mescolare personale e professionale, racconto e manualistica, regole e poesia. Per la possibilità di giocare con i testi con la giusta dose di leggerezza e incoscienza, e quindi di poter osare di più senza averne troppo l’aria.

Ma torno al libretto rosa. Se poco fa l’ho ripreso in mano, è perché tra ieri e oggi mi sono imbattuta nella parola “conversazione” e nell’espressione “conversational media” più di una volta. Amy Gahran, storica content editor americana ha aperto un nuovo blog, che si chiama The Right Conversation, oltre al suo Contentious. Non ne bastava uno? I blog sono facilissimi da aprire, ma un doppio blog di uno stesso autore non è garanzia di doppio contenuto o doppio valore.

Ormai parecchi anni fa, in una sua Bustina, Umberto Eco metteva in guardia dai media che precedono i messaggi: di fronte al dilagare dei blog, dei blog figli di altri blog, dei blog che parlano di libri, di blog che anticipano libri… mi sembra qualche volta di aggirarmi in meandri di canali vuoti.
E’ inoltre appena uscito il libro Naked Conversations, con annesso blog of course, scritto da Shel Israel & Robert Scoble e dedicato ai cambiamenti che i “conversational media” portano nel business.

Allora, in tutto questo parlare, in questa caotica conversazione planetaria in cui diventa sempre più difficile ascoltare e farsi ascoltare, mi è tornato in mente un piccolo paragrafo di Scrivere per internet in cui parlavo proprio della conversazione. Eccolo:

Date del tu al lettore
 
Anche se la maggior parte dei siti, soprattutto di aziende, sono scritti ancora come una brochure, un nuovo stile comincia a farsi strada. Uno stile più adatto al Web, che non ha più nulla né del “promozional-marketese” (fatto di iperboli e di continui inviti all’acquisto), né del corporatese (il freddo stile apparentemente neutro e tutto uguale con cui le aziende si presentano). E’ uno stile più asciutto, più personale e diretto, più quotidiano, più vicino al dialogo e alla conversazione, che dice “io” e “noi” e che si rivolge direttamente all’interlocutore, spesso dandogli del tu.
Attenzione, non la lingua parlata, con le sue inevitabili scorrettezze e sciatterie, ma proprio la conversazione, ovvero un dialogo meditato ed educato, in cui le parole si scelgono con attenzione e rispetto per l’interlocutore. Avete presenti quelle deliziose conversazioni di Jane Austen e di altri romanzi della fine del Settecento? Leggere, sottili, precise e ironiche solo quel tanto che basta. Non prendetemi in parola, naturalmente, e non mettetevi a scrivere con il linguaggio di Elisabeth Bennet e di Emma Woodhouse. Il loro spirito, però, mettetelo pure tra i vostri spiriti guida.
Esprimersi con una “voce” personale e riconoscibile su Internet è particolarmente importante. La Rete non è la televisione, che si ascolta come sottofondo, che magari si dimentica mentre si fanno altre cose. E’ invece un medium caldo, impegnativo e fortemente interattivo: il lettore non cerca solo dati e informazioni, cerca anche persone con cui comunicare e dividere esperienze e interessi. Far sentire al lettore, anche attraverso lo stile, che dietro quella pagina non c’è solo un’azienda o un’istituzione, ma ci sono delle persone, significa coinvolgerlo e farlo fermare.
E non è solo questione di stile e di linguaggio: conversare significa anche empatia e contatto con il proprio interlocutore. Non siate autoreferenziali, assumete piuttosto la sua prospettiva e il suo punto di vista.
Ho sorriso rileggendo il mio riferimento settecentesco, con tutto il suo carico evocativo di salotti, servizi di porcellana e signorine in età da marito sedute in punta di divano.
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5 risposte a “Archeologia del web e nuove conversazioni”

  1. il libretto rosa l’ho letto tanto tempo fa: mi era sembrato un po’ sciapo e ricco di prosopopea, Mi fa piacere di non essere la sola a pensarla così, anche se dopo un bel po’ di tempo…
    c.

  2. Sei sempre fonte di sollecitazioni e pensiero.
    Io scrivo (non bene come te e nemmeno con gli stessi successi) per il web e trovo che il fascino di questa professione risieda proprio nella capacità di metterti costantemente in discussione, di cambiarti ma di costringerti ad un’allerta linguistica costante che ti pone di fronte a bivi che ti impongono di imparare, sempre.
    E in questo, credo, stia la grande dinamicità di questo media, a volerla vedere.

    Complimenti
    Francesca Sanzo http://tesserelarete.blogspot.com

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