“Secondo te questi anelli sono anche da uomo? No, perché sono bellissimi.”
Alzo lo sguardo verso lo sbarbatello brufoloso accanto a me che come me sta rovistando tra i cestini pieni di anelli d’argento del negozietto etnico vicino alla fermata della metropolitana.
Mi viene da ridere, ma rispondo seria: “Non lo so, ma sono proprio bellissimi.”
Tanto basta perché lo sbarbatello che potrebbe essere mio figlio si metta a frugare e a disquisire sugli anelli per scegliere quello adatto a lui.
Sarebbe lunga spiegargli che quegli anelli le donne indiane li mettono ai piedi per ogni figlio che nasce. Sono bellissimi, tanto basta.
Stiamo lì vestiti quasi uguali, zaino in spalla, casco in mano, lettore mp3 che spunta dalla tasca, il motorino che aspetta fuori, tra poco magari pure con lo stesso anello.
Così uguali, penso, e invece così diversi.
Così vicini, e invece così lontani.
Li guardo, li sento parlare, questi ragazzini disinibiti che danno del tu a tutti da quando sono nati, e per i quali il problema di rivolgersi diversamente a persone diverse da loro è un problema che non esiste.
Mentre mi rimetto il casco rivedo una bambina silenziosa in un salotto buono, dove parlare agli ospiti non è consentito se non all’inizio e alla fine della visita e dove si dà del lei anche a giovanissime signore.
Eppure i ragazzini di oggi scrivono, scrivono tanto, e scrivono pure alle signore che tengono un sito che si chiama Il Mestiere di Scrivere. Il pensiero che la signora in questione, visto che lavora da un bel po’ di anni, potrebbe anche essere la loro madre quasi mai li sfiora.
”Ciao, sono Tiziiii!”
“Fico, brava, ciao.”
”Bellissimo il tuo sito, l’ho saccheggiato per la tesina della maturità. Ma non pensare che è un plagio, anzi devi essere orgogliosa.”
”Ho un grandissimo obiettivo: essere famosa, diventare una grande scrittrice, scrivere libri che tutti leggono. Ma ho bisogno di sapere come, ho solo quattordici anni. Puoi darmi una mano?”
“Scrivo poesie da tantissimo, ne ho un cassetto pieno. Roba molto emotiva, ma molto bella. Ho un grosso svantaggio, per ora. L’età: ho purtroppo sedici anni.”
“Ti prego, devo sapere tutti i minimi passaggi per pubblicare un libro. Grazie, ciao ciao.”
Voraci, emotivi, eccitati, chiedono tutto, quasi mai si firmano.
Istintivamente correggerei quelle mail con la matita rossa e blu, facendo loro notare che nessuno prenderà sul serio i loro ardori letterari finché scriveranno mail in quel modo. Ho imparato a non farlo, a incoraggiarli riportandoli però con i piedi per terra.
Ma mi rimane la domanda: perché i laboratori di scrittura creativa e magari di scrittura professionale non li fanno a scuola, a quella età, quando sono così esuberanti, debordanti e fiduciosi in se stessi e nelle parole, invece di farli solo per gli adulti in cerca di brividi creativi?
Sarebbe giusto, sarebbe corretto, sarebbe il modo per insegnare loro ad esprimersi quando è il momento migliore per imparare: sia per il bisogno che si ha di comunicare, sia per l’entusiasmo che ci si mette a quell’età. Invece sta alla fortuna di avere l’insegnante che sappia indirizzare e appassionare.
Ce ne sarebbe bisogno, oltretutto: mi si racconta di temi pieni di “K” e abbreviazioni da sms.
Cara Luisa,
hai ragione, e la tenerezza di questo tuo post è la stessa, mia,
di insegnante. Perché i laboratori di scrittura non li facciamo a scuola?
Le risposte sono molte, ne voglio ipotizzare una:
tutto quello che è scuola per molti ragazzini equivale a noia e imposizione,
tout court. Fuori dall’istituzione la stessa offerta magari diventa stimolo,
scoperta, sconfinamento, brivido.
L’istruzione sia ludica, scriveva tempo fa Galimberti, a commento de
“La scuola dei giochi”, di Aldo Rovatti e Davide Zoletto.
Sono d’accordo. Incontro spesso studenti e professori
che hanno voglia di mettersi in gioco.
Ma, mi credi, Luisa? non sono i più.
annalisa
Brava Luisa.
Un pezzo molto tenero e molto vero.
Chi ha figli adolescenti non può che condividere i tuoi pensieri e la tua preoccupazione.
😀
Tu, io, quelli delle nostre generazioni insomma, terminavano la scuola che sapevano leggere e scrivere, perché prima di scrivere bisogna leggere, leggere ed ancora leggere. Non si chiamavano, all’epoca, “laboratori”, ma davano buoni risultati. Arnaldo
Anche qualche anno fa era difficile vedere insegnanti pieni entusiasmo e con voglia di stimolare i ragazzi: io per fortuna ho trovato alcune professoresse così e la passione per le materie letterarie è nata grazie a loro. Spero che anche i ragazzini di cui parli possano avere la stessa fortuna…
Buona giornata
Elfuccia
Argomento vasto e complesso. Ci penso spesso, ma non trovo risposte che mi convincano.
Più che scrittura creativa sarebbe necessaria scrittura tout-court, capacità di esprimersi…
D’altronde, le nuove forme di comunicazione hanno destrutturato la scrittura: il rischio è di essere censori in nome del formalismo.
E poi, non sarà che si scrive male perchè a scuola non ti insegnano ad amare a leggere?
Luisa, quei consigli che hai dato alla quattordicenne per scrivere libri che tutti leggono non è che li potresti girare anche a me?
Grazie.
Ho appena aperto un blog, in cui ho dichiarato arditamente di fare la prof. (con una particolare passione per la didattica della scrittura). Ci crederesti? Molti dei ragazzi che mi hanno scritto mi hanno dato del lei. E sono stati tutti molto gentili, alcuni hanno addirittura messo le mani avanti con i coetanei, dichiarando che non era il caso di “maltrattarmi”.
Però devo deluderti: l’amore per la scrittura, l’esuberanza e la fiducia in sé stessi che noti nelle mail dei giovani non traspare quasi mai a scuola, almeno all’inizio, almeno alle superiori. Io vedo invece troppo spesso delusioni e insicurezze mostruose, che spesso devo scalfire per mostrare, semplicemente, che leggere e scrivere possono trovar posto fra i tanti piaceri della vita.
Ah, a proposito: io i laboratori di scrittura li faccio, quando la scuola me lo permette…
Il tuo sito è splendido e zeppo di informazioni utili, anche per noi insegnanti. Grazie per il tuo lavoro!
Rosanna Rota
direi che i corsi di scrittura si dovrebbero fare a scuola, indubbiamente: sono benzina per la mente e hanno il potere di svegliare cervelli dormienti. a me è successo così, ad esempio. qui a firenze ne fanno a iosa, di questi simpatici corsi, sembra che tutti scrivano-scrivano-scrivano (o, se si chiamano piero pelù, cantano-cantano-cantano) e, da persona che non aveva mai preso in mano una penna in vita propria, mi sono trovata a esplodere e dar vita a un vero e proprio fiume di parole, ma meglio dei jalisse però, che ha lasciato tutti un po’ basiti. e in alcune scuole in effetti i laboratori non mancano… però, signori, sono POCHE. e, inoltre, sono oasi nel deserto che rischiano di essere soprafatte dalla sabbia… nel gruppetto di scrittura che ho frequentato c’era un ragazzo eccezionale, un tipo molto dandy che si vestiva di nero e alzava il sopracciglio con un aplomb degno di un baronetto del Devonshire, con una proprietà di linguaggio che spaventava, che leggeva Dostoevskij e Kafka per diletto e… aveva SEDICI ANNI. l’ho confrontato con i sedicenni che incontro sull’autobus mentre vado al lavoro la mattina, quelli vesititi dalla testa a i piedi di rosa confetto e con addosso quelle stupefacenti felpe con scritto De Puta Madre (che, fosse anche vero, saranno pure ca##acci suoi, o NO?)… l’espressione mosca bianca è eufemistica… noto questo: è vero, sì, c’è tanta energia compressa nelle nuove generazioni, che aspetta di venir fuori … ma è energia che, secondo me, è impiegata male, si perde in mille rivoli inconcludenti e non trova il modo di acquistare senso. sono energici e appassionati i ragazzini ma se questa passione, vuoi per l’abbrutimento del mondo contemporaneo, vuoi perché leggere e scrivere oggi sembra diventato un optional, vuoi per l’azione corruttrice di Maria de Filippi (sì, ormai è chiaro, è LEI l’anticristo) tutta questa passione rischia di esaurirsi sterilmente o convogliarsi in direzioni un po’ discutibili, del tipo che secondo i liceali italici il libro più bello in assoluto è “tre metri sopra il cielo” (che una schifezza del genere mai letta in vita mia e vi assicuro che leggo). o no?
Kara Luisa, TE sì ke sei un mito.
Una bambina cresciuta
Ho visto in edicola che tmsil (tre metri sopra il cielo) è uscito anche il film. Ho finito anche le parolacce! Arnaldo
E perché prima non insegnare semplicemente a scrivere bene?
Poi, si possono mettere in piedi tutte le iniziative di questo mondo.
Matilde
Che belle, Luisa, le tue istantanee sul mondo che ti passa davanti, sulla gente che incontri, e le tue riflessioni. Sono le cose del tuo blog che amo di più. Ciao, Chiara Di Loreto
L’avrei tanto voluto nella mia scuola. Ma guarda (posso darti del tu? ;-), mi accontenterei anche di professori attenti a ciò che i loro alunni esprimono e percepiscono attraverso le parole, e che insegnino loro a dare forma a quei tremendi silenzi. Perché morire suicida a 17 anni, o per il crepacuore di una bocciatura, sono cose che non mi sento di imputare a un giovane. Non me la sento. Scusa il fuori tema, ma in questi giorni ci sto pensando tanto, e non riesco a non provare rabbia.