“Non è facile per noi europei incontrare oggi Gerusalemme, anche per la paura suscitata dagli atti di terrorismo e dal conflitto in corso. Molti, che pur vorrebbero venire qui come pellegrini o come turisti, vi rinunciano. E’ un simbolo della paura che si ha a guardare in faccia le cose come realmente stanno”.
E’ l’incipit del lungo articolo di Carlo Maria Martini sulla Repubblica di oggi. Un articolo che parla di pace, di convivenza, delle nostre paure e dell’amore sconfinato per una città difficile e bellissima. Mi ha riempita di nostalgia e ho ricordato, tutta intera, l’emozione di quando ho visto apparire per la prima volta le mura bianche di Gerusalemme. Un nastro, una corona di pietra in cui terra e cielo si incontrano.
Beata Te che hai visto Gerusalemme. Oggi, ho letto invece un brano del’ultimo libro che sta per uscire di Alain Elkann che si intitola Mitzvah, un libro di trepida memoria sul suo essere ebreo. Nel libro Elkann dice che nella Sinagoga di Parigi lui va a sedersi sempre in un posto che è stato di suo padre e prima ancora di suo nonno. Ho pensato quando a 18 anni, andavo a Messa nella Chiesa del paese di mio padre e mi sedevo in un banco a metà e un anziano signore, a me sconosciuto, si avvicinò dicendomi che quello era il posto che occupava sempre mio nonno. Mi sono commosso, oggi, come allora.
Non sarà perché gli eventi di questi anni in Palestina ci distolgono dalla Gerusalemme biblica, “Gerusalemme, città di pace”? È un vero peccato, inoltre, che i TG di ieri abbiano ricordato le Twin Towers ma si siano dimenticati dell’eccedio di Sabra e Chatila e del golpe di Pinoché (sul Cile è stato ricordato, con molta delicatezza nel film “11 settembre” trasmesso da RAI3). Ardovig