“Le pagine di un sito web non sono come le pagine di un libro. Sono come foglie leggere, agitate e portate via dal vento” questa frase della web writer neozelandese Rachel McAlpine mi è sempre piaciuta molto e introduce le mie slide sulla necessità di dare sempre una cornice, un contesto alle pagine web.
Pagine che, appunto, non vengono lette come un libro, dall’inizio alla fine, e che non sono cucite insieme dalla rilegatura.
Vi possiamo arrivare in mille modi diversi: dalla home page, ma soprattutto attraverso un altro link o, più spesso, dai risultati da un motore di ricerca.
Oppure possiamo stamparle e poi dimenticarcene per un bel po’ prima di avere il tempo di leggerle.
In ogni caso quelle pagine-foglie devono poter funzionare anche fuori contesto, fornirci delle informazioni utili e valide, farci risalire al sito cui appartengono, dirci qualcosa sull’autore.
Nel suo ultimo articolo, Rachel ci ricorda quali sono le due principali informazioni di contesto, senza le quali le informazioni possono risultare del tutto inutilizzabili: Say when and where.
Quando
Mai dimenticare la data. Data di aggiornamento, ma anche data relativa a un annual report, a un’offerta speciale (Gratis: solo per i prossimi 15 giorni… ma quali?).
Solo con la data espressioni di tempo quali presto, subito, di recente, l’anno prossimo acquistano un significato.
Su un sito internet, ma soprattutto sull’intranet, dove le informazioni per i dipendenti devono essere più che precise.
Dove
Precisione assoluta, con indicazione di luoghi e indirizzi. Il web copre tutto il pianeta. Il tuo sud può essere il mio nord, il tuo estero la mia patria, come il tuo ieri il mio oggi
Prova del 9
Prima di pubblicare un testo pensate se possa avere senso anche tra tre mesi, per chi lo legge dall’altra parte del mondo, in un altro emisfero.
Leggendo il tuo scritto mi è venuta la tesi di un mio amico il quale sostiene che internet abbia cambiato non solo il modo di scrivere, ma anche quello di leggere. E che la velocità di superficie di internet mal si coniugherebbe con la profondità della scrittura riflessiva. Riporto qui di seguito le sue parole:
”Si legge un blog come se si vedesse un’immagine. Si videolegge: la videolettura è molto più veloce della normale lettura dell’articolo di un giornale, della pagina di un libro su supporto cartaceo. Si dice che la retina percepisca e assimili i colori e i profili che entrano nel suo campo visivo, e che sia poi il cervello ad assemblare questi colori e profili allo stato grezzo in modo da ottenere alla fine l’esatta immagine di quello che “vediamo”. Questo vale per le forme ma anche per le parole ovviamente (è certamente un effetto diverso videoleggere le parole di un blog oppure leggere le parole nere delle e-mail stampate su carta). La pupilla che scorre sulle sequenze scritte proiettate dal video coglie frammenti, pixel verbali, ma poi fa fatica a ricollegarli in un pensiero uniforme. Insomma, quello che “leggiamo” su un blog è come se lo “vedessimo” soltanto. È come se mancasse un livello di approfondimento, di elaborazione intellettiva. Di conseguenza, anche le risposte mancano di approfondimento.
Così come le lunghe chiacchierate a tavola serali hanno lasciato il posto al fast food, internet ci sta portando al fast read, e al fast writing, al fast
thought, pensiero usa e getta. Forse è proprio la lentezza, quella che non riusciamo più a concederci per stare bene. Nella lettura, come nella vita, varrebbe la pena soffermarsi maggiormente su quello che si scrive, su quello che si legge, sui pensieri che ne derivano.”.
Sono concetti triti e ritriti su Internet.
Già nel 2000 (4 anni fa, sic!) si discuteva di questo.
Possible che noi Italiani dobbiamo sempre arrivare in ritardo?