No, sincerità dovuta e doverosa, mi sono detta ieri mattina quando ho risposto ad almeno dieci mail di “sognatrici” e “sognatori”, desiderosi di entrare nel mondo della comunicazione e in particolare dell’editoria.
Tutte persone che vogliono scrivere, esprimersi, comunicare, creare, e non sanno come fare. È giusto tagliare le gambe ai sogni spiegando onestamente che posto per tutti non ce n’è, che il solo desiderio di scrivere non basta, che i corsi e i master non bastano nemmeno loro, che per fare i giornalisti la gavetta è difficile e infinita, che le case editrici pagano pochissimo? Francamente credo di sì.
E poi c’è sempre un lato della questione che è più delicato e difficile da affrontare: il “quanto” sei brava/o tu. Quel “quanto” che dipende da mille variabili: cultura, creatività, grinta, voglia di rischiare, tenacia e, diciamolo pure, talento e fortuna.
Come fare a quantificarlo per persone che nemmeno conosci e quindi a dar loro dei consigli sensati? Mi sono sentita impotente e anche un po’ antipatica.
Fare un lavoro che coincide con la propria passione e i propri hobby è il sogno di tutti. Ma non sempre riusciamo a realizzarlo, almeno non in tutti i periodi della vita. Neanche io l’ho realizzato: ho sempre sognato di fare la redattrice in una rivista di poesia oppure la storica dell’arte, e invece scrivo brochure in un’azienda di informatica. Le poesie le leggo, qualche volta le scrivo, una minuscola e virtuale casa editrice me la sono fatta sul web, i musei li visito ma purtroppo non ci lavorerò mai. Cerco di far convivere le esigenze della vita pratica con piccoli sogni, quelli alla mia portata.