La prossima settimana (lunedì 29 settembre) partecipo alla presentazione del libro di Eloisa Mondoblog alla libreria Mel di Roma: penso sia per questo che in questi giorni mi capita spesso di pensare al senso e alla funzione del blog. Non in generale, ma per me.
Stasera, dopo aver incrociato per un lunghissimo istante gli occhi color del mare di Amos Oz, mi sono data una delle tante risposte. Sono uscita dalla libreria Feltrinelli e mi sono detta: “Arrivo a casa e me lo bloggo”. Mentre camminavo accanto al Pantheon ho semplicemente pensato che bloggo *anche* per condividere le emozioni che danno le parole e gli incontri con gli scrittori e i lori libri.
Emozioni condivise da molti se stasera eravamo centinaia, stretti stretti, ad ascoltare un signore anziano venuto da Gerusalemme, con la faccia scavata, un sorriso dolce, uno straordinario senso dell’umorismo.
Fino all’ultimo momento ho temuto di non farcela: alle 17.35 mi chiamano per una pseudoriunione, annuncio che ho un impegno e solo cinque minuti a disposizione, ma si fanno le 18, arraffo lo zaino, corro per i corridoi e per le scale, metro al volo, sbuco a piazza di Spagna e marcio veloce fino a piazza Argentina, dove nella libreria mi trovo davanti un muro umano di tutti i generi e tutte le età.
Mi innervosisco… che faccio, me ne vado? e possibile che anche in un posto così ti ritrovi le solite signore pronte ad assestarti una gomitata pur di raggiungere la prima fila? Per fortuna c’erano i libri (reparto storia) e per fortuna – pur continuando a non veder niente – si sono levate le voci.
Quella di David Meghnagi che ha raccontato l’ultimo libro di Oz Una storia di amore e di tenebra, e poi la sua, con il lessico inglese perfetto, il vocabolario ricco, la dizione scandita degli israeliani colti.
Hanno letto lo stesso brano tutti e due, prima Oz in ebraico, poi Meghnagi in italiano. È stata una bella idea, anche se in sala forse soltanto due o tre capivano l’ebraico: ascoltare gli scrittori leggere i propri libri dà sempre delle chiavi, anche quando non capiamo il significato, e io mi sono cullata nel ritmo di Oz, nelle gutturali e nelle aspirate della lingua ebraica. Non capivo niente, ma l’ambiente e il battibecco familiare, i discorsi in cucina, le conversazioni telefoniche mi arrivavano comunque. Una famiglia, questa volta, non contemporanea, ma della prima generazione di emigranti in Israele, dagli anni quaranta in giù, fino alla fine del settecento, in un volume insolito per il suo alto spessore.
Famiglie in conflitto, la Palestina come appartamento con due famiglie litigiose, la letteratura per capire un conflitto e una famiglia: l’intreccio per Oz è inestricabile ed è alla letteratura che fa ricorso per dare la sua lettura del conflitto arabo-israeliano e di un possibile sbocco di questa open-ended situation.
Un finale aperto, come nei drammi: ma un dramma che può finire come in Shakespeare, con un palcoscenico pieno di cadaveri, di morti “con il punto esclamativo”; oppure secondo le prescrizioni del dottor Cechov, con mille compromessi, stanchi, spossati, ma vivi, con l’opportunità di ripensare, di cambiare, di vivere finalmente in maniera diversa.
I personaggi di Una storia di amore e di tenebra, con il loro umorismo yiddish, sono cechoviani – come il loro autore -, divisi tra l’amore inconfessabile per l’Europa perduta e quello quasi autoimposto per la nuova patria. Europei veri e cosmopoliti nell’Europa dei nazionalismi, che parlavano e scrivevano in almeno sei o sette lingue diverse. Una di loro, la nonna di Oz, amava ripetere: “Quando non ti restano lacrime per piangere, allora è arrivato il momento di cominciare a ridere”.
Una battuta che porto con me nella calda notte romana, assieme alla mia copia autografata de La scatola nera.
Sul frontespizio: Shalom. Amos Oz.
Shalom.
La funzione del blog? Be’ se si tratta di trasmettere emozioni, sono d’accordo, credo che sia una delle (poche) funzioni a cui un blog può assolvere bene.
E dopo qualche mese di frequentazione regolare di alcuni blog particolarmente basati su fattori emotivi, non credo di dire eresia avallando le ipotesi circa possibili “funzioni terapeutiche”.
In questi giorni, come sicuramente saprai, gira quella mail con le vocali fuori posto, allo scopo di dimostrare che si reisce a capire lo stesso il senso della frase.
Be’, m’è ripassata sotto gli occhi pochi minuti prima di leggere questo tuo post.
Risultato?
Invece di leggere “David Meghnagi ” ho letto Davide Mengacci!
Più emozione di così… 🙂
Un amico
Consiglio ‘In terra d’israele’ di Oz, è di qualche anno fa. Sono interviste, legate insieme dalla sua grande sensibilità. Aiuta davvero a capire di più di israele. Patrizia
cara Luisa, il tuo e’ uno dei pochissimi Blog che merita di essere letto, visitato e rivisitato.
Il tuo e’ uno rarissimi blog scritto non solo per se’ ma anche per altri, e questa non e’ cosa da poco.
La maggior parte dei bloggers in giro mi sembra affetta da narcisismo esibizionista galoppante.
Io li guardo una volta e non ci torno piu’.
Auguri 🙂
peccato che a leggere i giornali siano solo il 4 per cento, i libri il 12 per cento. Nel primo mondo!
Il resto dell’umanita’ non e’ mai stata invitata a partecipare a queste delizie.
I lettori sono una minoranza, minuta, sottile. E’ tra questa minoranza solo piccoli gruppi sanno apprezzare e godere delle anime luminose. Anche in questo caso esiste un sistema piramidale.
La lotta e’ per espandere gli interessi dall’alto verso il basso della piramide.