Noi siamo una musica, un recitativo, del destino.
Ognuno di noi ne ha la chiave, e può decifrarla o meno; comunque sia, non si è felici se non c’è armonia tra il nostro essere e la nota che lo esprime.
Si può passare la vita (e anche perderla) cercando la pietra filosofale, senza sapere che non si tratta di trasformare la materia in oro, ma l’oro in materia, perché ci siano in essa momenti straordinari, in cui si dà vita all’arte, o alla bontà: trasformarlo in suono, o più semplicemente in Sé.
Rispetto gli animali, ma non ho una grande passione per loro.
Ascolto volentieri la musica, ma non è tra le mie passioni.
Eppure riemergo ora – appagata – da un libro che parla proprio di queste due passioni, vissute in in maniera travolgente ed esclusiva.
Forse perché l’autrice pulsa nel libro con tutta se stessa, in un unisono di corpo e anima, cultura e natura, e scrive con un ritmo che non lascia tregua, come se corresse nella notte insieme a un branco di instancabili lupi o lasciasse correre instancabilmente le dita sulla tastiera del pianoforte.
Helène Grimaud non ha ancora quarant’anni. Suona da quando ne aveva sette e oggi è una delle pianiste più famose del mondo.
Ma la sua vita non è stata la carriera folgorante e rettilinea dell’enfant prodige. La bambina irrequieta che trovava pace solo al piano e nella natura delle vacanze infantili in Camargue è caduta tante volte, è scomparsa, si è inabissata alla ricerca di un equilibrio e una simmetria apparentemente impossibili, sempre sul filo che separa la creatività dal delirio.
La salva l’incontro con una lupacchiotta, in piena notte, in una strada di New York. Un incontro fatale che le fa abbandonare tutto, per cercare un luogo dove allevare i lupi, studiarli, vivere con loro.
Per questo rinuncia persino al pianoforte – continua a suonare nella sua testa -, vive in povertà, cambia casa quindici volte in un anno, affronta leggera qualsiasi sacrificio all’inseguimento di un sogno.
Lo realizza, e il Wolf Conservation Center la restituisce alla musica, al palcoscenico, alla vita:
Avevo i lupi, e avevo la musica. Avevo la musica dei lupi sotto la luna, e nel mio modo di suonare c’era quell’animalità che protegge l’artista.
Variazioni selvagge è una bellissima storia che contiene altre storie: Chopin e l’emancipazione della mano sinistra, Rachmaninov con la sua depressione e la sua guarigione con il Secondo concerto, Brahms e il triangolo amoroso con i coniugi Schumann, e poi le tante storie di delicati scimpanzé, bambini allevati dalle lupe, e lupi che abitano con gli uomini.
Ma è soprattutto un libro sulla creatività: dell’arte e della vita.
Un viatico per chi non vuole rinunciare a scoprire e a realizzare chi è davvero, a qualsiasi costo, anche a scavare la terra a mani nude pur di portare alla luce il suo “paradiso sepolto”.
grazie della segnalazione, luisa..è così empatica che non potrò fare a meno di leggerlo!
ciao simonetta
Devo leggerlo assolutamente anch’io. Come si può rinunciare, dopo una segnalazione così partecipata, a portare alla luce il proprio “paradiso sepolto”?
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