Se guardo ai progetti professionali che ho ideato, intrapreso e animato negli ultimi tre anni, devo ammettere che sì, un po’ è vero che andando avanti con l’età si ridiventa un po’ bambini. Per me questo ritrovare la Luisa bambina coincide con una ventata di spensieratezza e di desiderio di sperimentare e osare che negli ultimi anni si era un po’ appannata.
La bambina che è in me
Vi ha contribuito sicuramente la pandemia, che mi ha fatto riprendere le misure delle cose importanti e dare spazio ad attività che obbediscono all’unica necessità di provare il nuovo e divertirsi imparando insieme ad altre persone, come con Designer in Gioco. La scoperta delle tante sfaccettature che convivono in me – che devo soprattutto alle pratiche, ai libri e ai ritiri di Nicoletta Cinotti – mi ha permesso di coltivarle, farle crescere, condividerle anche professionalmente con tante altre persone. Così ho giocato con la letteratura, con le parole, le mani e l’immaginazione. E ho anche sentito il bisogno di raccontarmi di nuovo in un sito in cui appaio più rilassata, giocosa e colorata (speriamo non svampita).
Deragliare, o sfidarsi
Introdurre nella scrittura di lavoro elementi di straniamento, spiazzamento e gioco funziona, perché quando scriviamo siamo istintivamente conservatori, preferiamo percorrere le strade consuete. Viaggio sicuro, ma monotono: se lo è per noi, figuriamoci per chi ci leggerà. Ci vuole qualcosa che ci costringa a deragliare o a sfidarci, e il gioco sembra proprio fatto apposta: le resistenze cadono molto più facilmente e, se si cambia il punto di vista, il modo di scrivere cambia in modo spontaneo, inevitabile. A volte puoi spingere molto, altre dare solo una piccola scossa ludica, ma sappiate che ho fatto fare un esercizio ludico persino in uno degli enti pubblici più importanti per la nostra economia. Se funziona così bene è perché il gioco, se studiato e progettato come si deve, è una cosa maledettamente seria.
Le regole del gioco
Me ne sono accorta la scorsa settimana, in cui ho condotto una giornata formativa per copy e designer dell’agenzia creativa e design studio I Mille.
L’esigenza: riprendere contatto con le potenzialità delle parole e con le loro energie creative, un po’ logorate dai ritmi frenetici e dal ricorso troppo frequente al pilota automatico.
La proposta: trascinare tutte e tutti via dalla quotidianità e dagli argomenti consueti in una serie di giochi individuali e di gruppo, con ritmi serrati e regole stringentissime, sempre diverse. Il nostro nume tutelare, manco a dirlo, “la maestra” Annamaria Testa, che nel suo libro I minuti scritti raccomanda:
I vincoli sono una benedizione per chi, anche non essendo Dante o Einstein, fa un lavoro creativo: del resto, senza un ostacolo da superare, è difficile persino decidersi a fare un salto.
Bibliografia giocosa essenziale
Per preparare esercizi e giochi ho ripreso in mano tanti libri che non aprivo da tempo e ho ricomposto una minibibliografia (perché c’è molto altro!) cui ispirarsi per giocare con le parole anche per conto proprio nei momenti di stanchezza (non avete idea di quanto faccia bene ai neuroni e all’autostima). Mi fa piacere condividerla.

Al primo posto ovviamente c’è questo libro pratico, divertente, rigorosissimo. I vincoli intelligenti sono la specialità di Annamaria Testa anche in altri libri come Le vie del senso, che ruota intorno a un’unica frase che diventa mille altre cose, e Leggere e amare, 21 racconti, uno per ogni lettera dell’alfabeto.

Stefano Bordiglioni è un pedagogista, maestro elementare a Forlì. Il libro propone decine di giochi con le parole che lui fa in classe con bambine e bambini. La maggior parte si adattano perfettamente, con qualche variazione (e la nostra creatività sta anche qui), all’ambiente professionale e aziendale. Io ne ho tratto tantissime idee, alcune sperimentate, altre messe da parte per le prossime occasioni.

Anche Ersilia Zamponi era una maestra molto creativa, scoperta da Umberto Eco che firmò la prefazione del libro definendolo “ricettacolo di delizie”: anagrammi, logogrifi, metagrammi, sciarade, rime, limerick, rebus. D’altra parte I draghi locopei è l’anagramma di… “giochi di parole”.

Nel 2009 il copywriter britannico John Simmons scrisse la versione aziendale degli Esercizi di stile di Raymond Queneau. I suoi 26 modi di guardare a un blackberry servivano a “scatenare la creatività del vostro brand”. “From A to Z: exercises in constraint” sono tutto un vincolo: solo periodi di otto parole, stile di Dickens, mito greco, haiku, sonetto di Shakespeare, racconto poliziesco, sette peccati capitali, scritto da Starbucks… uno spasso assoluto.

Se i vincoli non riguardano lunghezze definite, parole da inserire o da evitare assolutamente, stili da imitare, ma invece i suoni delle parole, il libro è Le parole magiche della poetessa Donatella Bisutti, nella fantastica collana Feltrinelli Kids. Potreste per esempio proporvi e proporre di scrivere un testo cupissimo, fatto in gran parte di U, oppure uno solare e aperto fatto in gran parte di A.
Il livello avanzato per lavorare sui suoni delle parole ve lo forniscono sicuramente le Fànfole di Fosco Maraini.
Questa è proprio una minibibliografia perché c’è molto di più, per esempio tutti i libri di Gianni Rodari. Questi li ho usati io per preparare l’ultima formazione. Non vi svelo cosa c’era nella scatola che ho preparato, sia perché appartiene al cliente, sia perché il bello è crearseli i giochi, non prenderli pari pari. Però siamo stati d’accordo nel condividere i piccoli giochi di apertura e chiusura.
Cominciare e finire
Abbiamo inaugurato lo spiazzamento linguistico con i blackout poem alla Austin Kleon:
Un blackout poem aiuta a superare il blocco da schermo o da pagina bianca perché ne rovescia la logica: invece che cercare faticosamente le parole bisogna eliminare quelle che ci sono. E ricavare da un testo tecnico magari un testo poetico, da un fatto di cronaca il diario della propria giornata, da un editoriale politico un testo ironico. Potenzialità infinite senza grandi sforzi. E un grande incoraggiamento.
Abbiamo concluso con un classico dei vincoli, l’acrostico. Da parole semplicissime, impressioni e lezioni dal nostro giocare e ragionare sulla scrittura. Eccoli:
Una tonnellata di ringraziamenti, per la pletora di suggerimenti (la rima non è voluta, ma visto che capita, me la gioco).
Prego 🙂
Luisa
Ciao luisa ti consiglio un gioco ta tavolo di una casa francese. Si chiama Dani. Penso che ti piacerebbe molto
Un sorriso
Grazie, mi sembra bellissimo.
Ho scritto all’editore per chiedere dove trovare l’edizione in italiano.
I libri che ci consigli, cara Luisa, sono come pasticcini assortiti: non si sa quale scegliere! Mi solletica l’idea di divertirsi, in generale nella vita, e in particolare nella scrittura.
Infatti, è solo deviando dai sentieri già battuti che si vivono esperienze ardimentose, magari anche dando vita a combinazioni lessicali “scrocchiarelle”, che una tira l’altra.
Più passa il tempo e più è benefico ringiovanire attraverso le parole, giocando fino a tornare bambini.
Grazie ancora, Luisa, per la ginnastica mentale a cui mi esorti ogni volta.
Marinella Simioli