Noi due, Maria Cristina Lavazza e Luisa Carrada, siamo amiche dalla notte dei tempi del web. Experience designer l’una, business writer l’altra. Sono anni che ci confrontiamo nel lavoro e ci diamo consigli reciproci, piene di curiosità verso quello che l’altra scopre, fa e approfondisce. Siamo anche una metà di Designer in Gioco, un progetto fuori da ogni logica di business, ma dal quale abbiamo imparato tanto e tanto ci siamo divertite.
Fino a due mesi fa non avevamo mai lavorato insieme per un cliente. L’opportunità è arrivata all’improvviso e abbiamo capito che la sfida postaci da Trentino School of Management richiedeva il meglio di tutta la nostra esperienza di design e scrittura, stavolta finemente intrecciate. Sì, perché io, Luisa, su questo terreno mi ero già temerariamente avventurata da sola qualche mese fa, sempre in Trentino.
Ecco la richiesta di TSM:
- mettere a punto il miglior tono di voce per l’app turistica del Trentino
- individuare gli strumenti linguistici per intonarlo e modularlo
- metterlo alla prova, in pratica, con le persone della redazione diffusa
- tesaurizzare quanto imparato in una guida pratica e leggera, in cui le persone ritrovassero la loro esperienza formativa, ma abbastanza autonoma da fare gli onori di casa alle nuove arrivate e ai nuovi arrivati in redazione.
Ora che abbiamo riarrotolato i metri e metri di carta con i post-it, riordinato le foto, rivisto tutti i testi e consegnato la guida al cliente, ci chiediamo cosa abbia fatto davvero la differenza rispetto a “workshop su bisogni e personas + corso di scrittura”. Per chi ha condiviso con noi questa avventura, ma anche per noi stesse. Anche noi vogliamo tesaurizzare e ci fa piacere condividere il “tesoretto”.

Da designer, siamo partite con la mente da principiante
La tentazione di immaginarlo già noi, quel tono di voce, era forte, ma abbiamo resistito. Meglio costruirlo insieme alle persone, in un percorso da fare insieme, con la pazienza di fare emergere e registrarne i tratti passo passo, in modo corale.
Il coro sono state le 25 persone che hanno partecipato: loro, non noi, conoscevano a fondo i turisti, le loro aspettative, i loro desideri, i loro problemi. Non sempre ne erano pienamente consapevoli: la “maledizione della conoscenza” ha colpito duro. Credi di sapere già tutto sul tuo prodotto e il tuo target, ecco perché cadi – cadiamo! – così facilmente nel già visto e già sentito. Ecco perché innovare è così difficile.


Da designer, abbiamo progettato il setting più propizio alla scoperta
Per quasi metà del percorso abbiamo messo da parte la scrittura. I testi, in fondo, sono frutti. Che vengano su bene dipende soprattutto dal terreno, dalla luce e dal nutrimento che gli dai.
A partire dall’esperienza di ogni persona, noi comprese, abbiamo lavorato prima sui valori di base: amicizia e fiducia. Lo abbiamo fatto attingendo alla vita, alle relazioni, ai ricordi personali.
Man mano abbiamo allargato l’esplorazione verso i turisti, con lavori di gruppo che hanno privilegiato uno scandagliamento ad ampio raggio, ma sempre lungo i binari precisi che avevamo preparato. Divergi e convergi, convergi e divergi: il design thinking insegna. Solo a fine giornata sono emerse le personas.

Da designer, abbiamo lavorato tantissimo con le mani
Anzi, per tutta la prima giornata esplorativa, i pc sono stati banditi. Noi stesse non ce li siamo portati in trasferta. Abbiamo lavorato con rotoloni di carta, washi tape, pennarelli e un numero infinito di post-it di vari colori e dimensioni, ognuno con una sua funzione.
In due la tesaurizzazione è profonda, sottile, concreta e immediata: una conduce, l’altra scrive, fissa i concetti sui post-it, aggrega, connette, titola. Il nuovo che emerge non aleggia nell’aria: è un paesaggio di idee, parole e immagini sulle pareti che cresce e rimane con noi mentre lavoriamo.

Da designer, abbiamo progettato anche il ritmo, timer alla mano
Eravamo quasi in trenta, in apparente disordine, con qualcuno persino sdraiato sul tavolo, ma i tempi ferrei che ci eravamo date ha permesso di arrivare all’obiettivo alla fine di ognuna delle tre giornate.
Lo spiazzamento continuo, ma studiato, è stata una delle chiavi che ci ha fatto galoppare di scoperta in scoperta e ci ha mantenuto freschi mente, occhi e orecchie. I gruppi cambiavano sempre: a volte di due, a volte di tre o quattro, sempre con formazioni casuali. A volte le persone hanno lavorato anche da sole. Soprattutto: mai nessuna anticipazione. Solo noi avevamo il dettagliatissimo documento run-show.
Tra la prima e la seconda tornata è passato quasi un mese: è servito a noi per elaborare la mole di materiale prodotta e preparare il report per il cliente: bisogni, aspettative, personas e un’ipotesi di tono di voce in 10 punti. Pochi giorni prima della seconda tornata, lo hanno ricevuto anche le persone partecipanti, che così sono arrivate fresche e cariche.

Da business writer, abbiamo preparato tanti esercizi
Ora la nostra ipotesi di tono di voce dovevamo testarla insieme, vedere se funzionava, modularla su target diversi, raffinarla perché fosse e suonasse autentica, credibile, affidabile, umana. Proprio come quella “dell’amicǝ sul posto”, secondo il brief che avevamo ricevuto.
Qui l’energia della presenza viva e la flessibilità dei documenti condivisi online, insieme, hanno dato il meglio di sé.
In un giorno e mezzo, a partire dal “decluttering verbale” abbiamo prodotto decine di testi, coprendo tutte le tipologie, i temi e i target dell’app. Ogni esercizio un focus, ma ogni gruppo un testo diverso, così da produrne tanti in parallelo.

Da business writer, abbiamo fatto un grandioso editing collettivo
Leggere ad alta voce e intanto guardare i testi trasformarsi sotto i nostri occhi. Sentire come “suonano” e intanto confrontarli. Cambiare una parola, spostarne un’altra e intanto lavorare di punteggiatura per una bella “lucidata” (non a caso ogni persona a inizio giornata aveva scelto il suo attrezzo in uno scaffale di sedici: forbici, colino, imbuto, lente e provetta sono andati fortissimo).
Intanto, una di noi continuava a popolare le pareti…

Da business writer, abbiamo distillato due giorni e mezzo di lavoro partecipato in sole sette cartelle di linee guida
Decisamente, in questa fase il nostro attrezzo è stato il colino. Sappiamo bene quanto i documenti ponderosi diventino presto… polverosi. Così abbiamo elaborato linee guida supersnelle e consultabili a colpo d’occhio, ognuna accompagnata dagli esempi tratti dai testi scritti o riscritti insieme. Perché conservassero l’eco della nostra esperienza.
Se prima si fa, si prova, si mettono le mani in pasta, quel che dopo si impara resta con noi, si incide profondamente
Mentre lavoravamo a questo progetto, abbiamo scoperto e ascoltato un podcast bellissimo, realizzato dal giornalista Alessandro Banfi per Chora Media, Maestre e maestri d’Italia, in 8 episodi.
Ci sono tra gli altri Maria Montessori, Alberto Manzi, Gianni Rodari, Eraldo Affinati… tutti i loro metodi hanno in comune il fare, lo sperimentare. L’apprendimento segue spontaneamente.
Alberto Manzi, al provino della RAI per Non è mai troppo tardi, mandò a comprare dei gran fogli di carta da pacchi dal tabaccaio di fronte e cominciò la sua lezione disegnando. Nella scuola romana dove insegnava, portò nella terrazza sul tetto una vasca da bagno trovata per la strada e ne fece uno stagno curato da bambine e bambini per tutto l’anno.
Sono racconti che ci hanno dato tante conferme e uno slancio incredibile.

L’innovazione: un metodo, una ricerca continua … s.d.j.
Grazie, un racconto pieno di ispirazioni. Bellissimo regalo per Natale. Grazie ancora.
E adesso si rimane con la voglia di esserci stati.
Strano ma vero, per andare avanti bisogna tornare indietro. A quando usavamo la mente e le mani per pensare e creare, con l’impegno di ogni muscolo del nostro corpo. Tutto prima di impigrirci con tastiere grandi e piccole, ree di averci illuso che ogni cosa si generasse con un click.
Grazie, Luisa, per avermi ricordato ancora una volta che non sono nostalgica e démodé, con la mia scrivania popolata da carta e penne. Mi manca solo il calamaio…
Buone feste a tutti: ormai ci siamo!
Marinella Simioli
Experience designer. Business writer. School of Management. Workshop. Target. Setting. Design thinking. Washi tape. Run-show. Brief. Online. Decluttering. Editing.
In più: “testare”, “tipologie”, “in 8 episodi” e “dell’amicǝ sul posto”.
Per una volta, il tuo stile non mi convince del tutto, Luisa.
Lo spiazzamento continuo, ma studiato. Forse la chiave di lettura del metodo sta qui, insieme al mese trascorso tra la prima e la seconda tornata. Ci vuole tempo per studiare e tempo per elaborare e sedimentare quanto apprendiamo. L’improvvisazione dello spiazzamento stimola l’attenzione necessaria per arrivare coscienti al risultato e dominare le nuove conoscenze. Dopo la lettura di quest’esperienza si capisce molto meglio in che cosa consista il Design thinking.
Grazie per questi spunti. Crescendo mi accorgo che il dietro le quinte di un progetto mi interessa spesso più del risultato finale (come nei viaggi dove rimango incantato durante il percorso).
Grazie anche per il podcast che mi ascolterò con attenzione.