Si può desiderare di fuggir via dalle scritture professionali asciutte ed essenziali, in cui ogni parola in meno chiarisce ed esalta il messaggio, in cui si cerca la parola più comprensibile, la formulazione più inclusiva? Si può, se ad aspettarti c’è un signore fiorentino che si chiama Fosco Maraini. Padre di Dacia, è conosciuto soprattutto come orientalista, antropologo, alpinista, fotografo, scrittore.
La sua biografia romanzata, Case, amori, universi è uno dei libri più belli che abbia mai letto. 700 pagine al galoppo dalla Firenze dell’infanzia alla Sicilia del suo amore, dal Tibet ancora misterioso alla prigionia giapponese, fino alle spedizioni sulle vette più alte della Terra.
Conoscevo quindi la sua passione leggera e divertita per le lingue e il linguaggio, coltivata fin dall’infanzia. Ora i suoi due libretti Il Nuvolario. Principi di Nubignosia e Gnosi delle Fànfole mi stanno trascinando su terreni all’apparenza illogici e strampalati, eppure governati da regole stringenti e ineludibili come succede nei più appassionanti dei giochi.
Il Nuvolario l’avevo preso dopo aver letto la favolosa recensione del sense maker Luca Rosati su questo trattatello inventato sulla classificazione delle nuvole. Per classificare, definire, tracciare confini, ci vogliono tante ma tante parole, e padroneggiarle tutte nelle loro sfumature più sottili. Immaginate le sfumature quando il soggetto sono le nuvole. Immaginate in quali vortici e trionfi verbali ci trascini Maraini nella sua classificazione poetica, ma credibile perché vissuta sotto i cieli di tutto il mondo.
Basta scorrere i nomi attribuiti alle diverse classi di nuvole:
Graffi e Ragnatele, Piume di Fuoco, Capelveneri serene, Figlie del Sole, Corredo d Bimba, Danze e Vino, Torme in fuga, Incendi e Delitti, Imperi ed Esarcati, Funghi viscerali, Soffitti numinosi, Le imbacuccanti, Velami e Chiome…
Non sono esercizi di stile, per il gusto della ricercatezza, perché quando Maraini descrive le nuvole anche per noi è facile riconoscerle:
Le nubi a Corredo di Bimba sono tipiche delle mattinate o dei pomeriggi nel tardo autunno o nell’inverno, quando una lieve foschia discioglie alberi, case e vicoli in gradi successivi d’eterea vaghezza, a seconda della distanza, finché tutto si perde in un lucore bigioroseo, non più terra e non ancora cielo.
“Sulle Tombe vi è pochissimo da dire. È la tipica nebbia; si ha in montagna quando restiamo avvolti da una nube, o al piano quando banchi di vapore seppelliscono le campagne e le case.
I Tappeti degli Angioli sono delle formazioni che si possono osservare dall’alto di torri, capi, dirupi, rocche, montagne, ciminieri, aerostati, velivoli, paradisi o empirei.
Nel Nuvolario la ricchezza lessicale ci fa vedere cose forse mai viste, ma che sappiamo esistere, magari solo all’altro capo del mondo o ad altezze vertiginose. Nella Gnòsi delle Fànfole l’operazione è diversa, e lo capiamo subito dalle fànfole, che hanno dentro sia le fandonie che le pantofole. O la fantasia e le fòle. O…
Le fànfole sono 12 poesie dalle parole quasi tutte inventate: “esperimenti di poesia metasemantica” le definisce l’autore. Di solito una nuova parola serve a designare una nuova cosa; Maraini fa il contrario, inventa nuove parole che non esistono nei dizionari, ma dai suoni studiatissimi (confessa che a volte gli ci volevano giorni e mesi per trovare la parola giusta) e poi ci tira dentro il suo gioco:
“Proponi dei suoni ed attendi che il tuo patrimonio d’esperienze interiori, magari il tuo subconscio, dia loro significati, valori emotivi, profondità e bellezza. È dunque la parola come musica e come scintilla.”
Se il gioco funziona così bene è perché Maraini quei suoni inventati li incastra in strutture rigorose di rimandi, rime, corrispondenze e contrasti. Ecco i primi versi di Ballo:
Vortègida e festuglia o dulcibana
e sdrillèra che sdrallèro! Sul fizio
la musica ci zùnfrega e ci sdrana
con tròdige buriagico e rubizio.
Non vedi cose o persone, ma senti ritmi e movimenti, percepisci volteggi, la fatica felice dopo ore di una festa sfrenata.
E come può cambiare lo stato d’animo quando qualcuno di dice “t’amo per davvero”?
Ci son dei giorni smègi e lombidiosi
col cielo dagro e un fònzero gronguto
ci son meriggi gnàlidi e budriosi
che plògidan sul mondo infrangelluto,
ma oggi è un giorno a zìmpagi e zirlecchi
un giorno tutto gnacchi e timparlini,
le nuvole buzzìllano, i bernecchi
ludèerchiano coi fèrnagi tra i pini
…
Abbasso i giorni smègi, viva i giorni a zirlecchi! E viva Fosco Maraini, che regala a noi vattelappesca writer, insegnanti e genti stanche flùlalli di àspibilli e volorni di impredì (ma quant’è difficile provare a fare la metapoetessa!).
PS Su Youtube c’è tanto materiale su Fosco Maraini, comprese le Fànfole lette da grandi attori.
Grazie Luisa! Sono potenti queste strane parole che lasciano da parte la logica per far posto a sensazioni, suggestioni e ricordi.
Leggerle mi sintonizza con la poesia. E dopo averle lette, mi accorgo che la poesia è entrata in me. E ciò che scrivo è più semplice, leggero, limpido e poetico.
Conoscevo Fosco Maraini ed è bello ritrovarlo.
Grazie per averlo proposto
Rosa
Fantastico e surreale.
Mi ha riportato alla mente il teatro di Dario Fo. 😃
Ho appena finito di leggere “Voci”, di Dacia Maraini, libro che mi ha colpito per la nitidezza lessicale. Sentivo il bisogno di farmi trasportare da parole evocative e nitide. Non mi sorprende che Dacia sia figlia di… cotanto padre.
Mi piacerebbe osare come ha fatto Fosco Maraini, creando parole e suoni che avvolgono e solleticano la fantasia. Per ora mi accontento di sapere che qualcuno lo ha fatto e, magari, chissà che in futuro non ci provi anch’io.
Buona lettura a tutti
Marinella Simioli
Memorabile l’interpretazione de “Il lonfo” resa da Gigi Proietti.
E’ un regalo quello che ci ha fatto Maraini, con questo invito a smarginare il significante a piacimento, giocando con le suggestioni sonore per evocare significati plausibili e arbitrari.
Un gioco che non mi stanco di praticare da oltre trent’anni con un collega che è diventato amico, scambiandoci messaggi incomprensibili ai più.
Grazie a lui. E a lei per i suggerimenti.
Cara Luisa,
quanto avevi ragione! “Case, amori, universi” è uno dei libri più belli che ho letto, anzi, divorato. Non so perché ho aspettato tanto, dato che era in bella vista in casa dei miei genitori da quando è stato pubblicato. Straordinario racconto di mezza vita, in un’epoca poderosa, mi ha appassionato moltissimo di per sé, e anche perché Rolando (Bernardo Seeber), l’amico tinegista, era il babbo di una mia zia molto cara; Ursula (Tita Michahelles) era la sua mamma e suoi zii erano Ermete (Ernesto Michahelles – Thayaht), Fabrizio (Michele Michahelles) e l’altro fratello (Ruggero Michahelles o RAM) di cui ora mi sfugge il nome finto datogli da Fosco. Leggendo ho anche capito che Eudossia, la moglie di Fabrizio, era non solo la zia russa Maria della mia cara zia, ma era proprio quella Maria Olsufieva di cui avevo letto tante traduzioni dal russo (Babel e tanti altri).
Quanti ritrovamenti, quante scoperte! Grazie di cuore per lo stimolo che mi ha permesso di smettere di indugiare.
Ti spero bene, ciao,
Lisa
Cara Lisa, sono felice che tu abbia letto questo libro straordinario. Straordinario per tutti, figuriamoci per chi ha potuto rintracciarvi tante storie e tante altre vite come te. Magnifico!
E gnacche alla formica ammucchiarona!
P.S.: Anche le fotografie di Maraini erano straordinarie. Quelle fatte durante la spedizione al Gasherbrumu IV (bellissimo anche il relativo libro di Maraini), con i grandissimi Cassin, Bonatti, Mauri, sono piene delle “sue” nuvole.
Grazie, Giovanni. Mi soffermerò volentieri anche su questo aspetto del poliedrico Maraini!
Grazie a Lei, Luisa! La leggo dall'”inizio”, sempre con ammirazione e rinnovato interesse.
Allora ci vuole il premio Fedeltà!
Luisa