Sono fatta così: quando mi propongo un compito che mi sembra immane, che mi fa paura e verso il quale sento di avere un baluardo di resistenze, devo andare in clausura. Si tratta sempre di imprese cui nessuno mi costringe, ma che nascono da una necessità interiore. Sono andata in clausura per ognuno degli otto libri che ho scritto, a volte per un solo mese, due volte per una intera estate.
Stavolta sono stata in clausura solo per una settimana. Non ho scritto un libro che leggerete, ma le migliaia di parole che ho prodotto mi sembrano il fertilissimo humus su cui far crescere delle belle cose nel 2022. Che forma prenderanno ancora non lo so, ma io respiro un’aria nuova, quella che ho tanto cercato nell’ultimo anno. Nonostante le tante esperienze professionali appaganti, dentro mi sono sentita spesso bloccata, impantanata, soffocata. Colpa dell’essere stata fin troppo dietro uno schermo o di quell’effetto accelerazione di cui ha scritto Alessandro Baricco? In un anno è come averne vissuti cinque a un ritmo innaturale. Abbiamo cominciato il 2021 e alla fine ci siamo svegliati nel 2025. Io ero stanca e non mi riconoscevo quasi più.
Così a fine anno ho preso coraggio – con la scusa che fosse meglio non stare troppo in giro – e ho deciso che avrei applicato a me stessa i metodi e gli strumenti di Design Thinking che negli ultimi due anni ho tanto studiato e approfondito. Lo avevo già fatto nel 2020 con le amiche di Designer in Gioco e la scorsa estate con l’esperienza siciliana del LURT.
Se ho deciso di raccontarla qui è perché penso di non essere la sola a sentire il bisogno di rinnovarsi e perché il metodo “volli, fortissimamente volli” con me sta dando buoni frutti, anche grazie ai due soli libri che ho scelto accuratamente come guida.
I due libri sono:
Design the life you love, a step-by-step guide to building a meaningful future di Ayse Birsel
Più che un libro è un quaderno di esercizi. La designer statunitense di origine turca disegna in modo meraviglioso, ma semplice; non ti intimidisce quando ti chiede di fare altrettanto. Così ho cominciato timidamente col mio autoritratto e ho proseguito con un vaso di fiori che ho sul mio tavolo di lavoro. Se ho scelto questo libro è perché non mi bastava ripensare il mio posizionamento professionale, il sito e tutta la mia comunicazione, ma volevo farlo nell’armonia complessiva della mia vita, piuttosto sconquassata dai cambiamenti degli ultimi due anni.
Story or Die, How to Use Brain Science to Engage, Persuade, and Change Minds in Business and in Life, di Lisa Cron
Il libro, uscito da pochissimo anche in italiano presso Trèfoglie con la prefazione di Valentina Falcinelli, l’ho letto questa estate e, come ho già scritto su questo blog, mi aveva veramente colpita per chiarezza e concretezza. Avevo saltato però gli esercizi alla fine. Stavolta, invece, sono ripartita proprio da lì per ritrovare la “mia” narrazione professionale.
Per tenere duro e impegnare me stessa nell’ingratissimo compito di guardarmi dentro, ho sgombrato il tavolo più grande che ho e ci ho messo sopra soltanto:
- una risma di fogli A3
- un quaderno A4 senza righe né quadretti
- matita e gomma
- tutti i pennarelli colorati che possiedo, e sono tanti, con punte diverse
- un rotolo di carta Mala di IKEA da 30 mt
- i due libri suddetti.
Niente PC, va da sé.
Il principio alla base dei due libri è che per ri-progettare una vita professionale, un prodotto, un servizio, te stessa e la loro narrazione, devi imparare a smontare prima tutto, nei minimi dettagli. Fare ogni cosa, ogni aspetto, persino ogni emozione, letteralmente a fettine. Ayse Birsel lo chiama deconstruction, ma il senso è quello. Solo così potrai scoprire nuove connessioni, immaginare il nuovo, fare prove concrete per cominciare a crearlo.
Farsi a fettine mette a dura prova, e fa anche piuttosto male: vedi e provi tutte le tue paure e le tue resistenze, ma i libri sono giocosi, soprattutto quello della Birsel, e così vai avanti.
Ma come ci si fa a fettine? Per esempio con:
- tante mappe mentali, una per ogni aspetto della tua vita (ritmi, famiglia, lavoro, emozioni, intelletto, spirito, fisico, quello che vuoi e senti), più confronti e aggregazioni di quanto emerge; io ne ho fatte dodici e forse ne farò ancora
- persone cui ispirarti (facendo a fettine anche loro); io ho lasciato perdere il termine eroi, che non amo, e ho scoperto perché ammiro tanto due donne che conosco e che fanno cose piuttosto normali ma come mi piacerebbe farle anche io
- metafore: all’inizio non mi veniva in mente niente, poi è stata una cascata di idee, tra le quali una blusa di chiffon gialla e un calendario dell’avvento
- lo scavare con i perché: di perché in perché sono riuscita a scrivere circa 40 call to action per la mia attività professionale; alcune così così, altre sovrapponibili, ma tra tante cose emerse ce ne sono alcune che vale la pena di cesellare e lucidare
- domande precise cui devi dare risposte altrettanto precise (qui la Cron è maestra): clienti che vorresti e non vorresti, loro e tue paure, aspettative, desideri
- a queste cose ho aggiunto i miei “tesoretti” di parole: liste che faccio fino all’esaurimento con l’aiuto dei diversi vocabolari e che poi riaggrego secondo associazioni o criteri diversi che mi do ogni volta. Anche qui è importante che siano tutte fuori contesto, in un certo senso a fettine anche loro, così potranno trovare le combinazioni meno scontate.
Dopo la prima giornata di stenti, di fronte alla quantità di materiali che avevo sotto gli occhi e al tripudio di cose che affioravano anche mentre cucinavo o passeggiavo, ho capito perché le due autrici non facevano altro che raccomandare:
“Strive for quantity!”
Mi ha aiutata moltissimo:
- scrivere tutto a mano, piano, rispolverando quello che avevo imparato in un bellissimo corso di calligrafia fatto anni fa
- disegnare, senza far scattare giudizi sui miei scarabocchi
- vedere il tutto a colori, in spazi ampi
- scrivere in inglese; i due libri erano in inglese, così all’inizio mi è venuto naturale rispondere nella stessa lingua, poi ho capito che una lingua diversa dalla mia mi aiutava a smontare le risposte automatiche e a “guardarmi” con una giusta distanza; ovviamente, come per i disegni, non ho preteso di fare la perfettina e ho scritto come mi veniva.
Concludo la fase deconstruction in uno stato d’animo sbloccato, ottimista, di nuovo slancio. Domani srotolerò sul pavimento il rotolone di carta e comincerò la reconstruction riempiendolo di post-it/fettine: sono proprio curiosa di vedere a quali aggregazioni daranno vita e quale direzione mi indicheranno. Come mi ha insegnato la mia amica e mentore Maria Cristina Lavazza, finora ho resistito dal buttarmi sulle soluzioni e sulle belle frasi, ma lampeggiano gli insight e si disegnano le connessioni.
Se sentite il bisogno di una bella risvegliata alla vostra creatività, vi segnalo altri due libri che mi sono piaciuti un sacco:
Thinkertoys, di Michael Michalko (un classico del pensiero creativo)
Creative Acts for Curious People, di Sarah Stein Greenberg (un gioiello di bellezza e cura editoriale, dritto dritto da Stanford).
Grazie! Molto interessante.
Bella Luisa, non hai idea di come mi è piaciuto il tuo post.
Ti voglio bene.
Mi impegnerò su altri post pur di essere voluta bene e coccolata così!
Grazie, l’argomento spicca tra altri, da qualche tempo, fra le cose che leggo, ma ancora non ho il coraggio….
un lavorone da far tremare le vene e i polsi!
Lavorone sì, ma divertente!
Non ho avuto la pazienza per aspettare il libro di Ayse Birsel, “Design the life you love, a step-by-step guide to building a meaningful future”, così mi sono tuffata famelicamente in rete per conoscerla questa designer industriale, e ascoltarla. Il tuo post mi ha incuriosito così tanto da spingermi a volerne sapere ancora di più.
Amo la parola inglese “design”, così spaziosa e accogliente. In italiano perde leggermente la sua ampiezza semantica.
La storia personale e professionale di Ayse Birsel ci avvia al concetto di decostruire e ricostruire, assegnando una posizione e un significato diverso alle cose già note. Trovo una forte assonanza tra lei e te, cara Luisa, che ci hai insegnato a “redesign” le parole.
Grazie per aver inaugurato l’anno con nuove idee per riscrivere la nostra vita, così shakerata in questa fase storica.
Buon inizio a tutti!
Marinella Simioli
Marinella, grazie degli auguri! Ayse Birsel è proprio interessante, anche solo da ascoltare.
Questo era l’articolo di cui avevo bisogno proprio in questo momento. Grazie!
Allora, mi fa proprio piacere 🙂
Sei un tesoro! Mi ha aiutato tanto seguirti all’inizio del mio lavoro, e anche ora le tue dritte arrivano al momento giusto… Grazie.
Meraviglia! Ti ho immaginata alle prese con il rotolone ed ho capito che mi toccherà smontare il passato per andare oltre! Che bella fatica però… gratificante! Grazie
Salve Luisa e grazie per questi consigli. Di lettura e non solo 🙂
Proprio oggi, dopo una serie di avvertimenti cui non ho dato il dovuto ascolto, ho deciso di fermarmi e staccare per qualche giorno dai social e dall’internet. E, prima di spegnere il pc, “mi capita sott’occhio” questo tab, aperto da un paio di giorni.
Anch’io ho fatto bene ad ascoltare la pancia e leggere il post.
Grazie ancora!
Bellissimo Post! grazie Luisa!
Qualche anno fa ho anche letto il libro Designing Your Life di B. Burnett, D. Evans, mi era piaciuto ma qualcosa mi mancava. Grazie per i consigli di lettura!