Eccomi tornata dal laboratorio di service design che Maria Cristina Lavazza e io abbiamo condotto l’ultima settimana di agosto nell’ambito del LURT, Laboratorio Umano di Rigenerazione Territoriale, la summer school organizzata dall’associazione culturale Coltivatori di Bellezza e promosso dal Servizio Cristiano Istituto Valdese a Riesi, un piccolo paese in provincia di Caltanissetta. Ne scrivo a caldo, e così faccio un po’ di stretching scribacchino dopo una bella pausa anche da questo blog.
Alla proposta di Maria Cristina di condurlo insieme, avevo detto con slancio di sì, seguendo l’istinto e poche certezze:
- dopo quindici mesi di lavoro online avevo bisogno di rituffarmi tra tante persone e risentirne l’energia
- la promessa e l’impegno era “fare” e io ero arcistufa del chiacchiericcio online: tra eventi, webinar e post mi sembrava di leggere e vedere sempre le stesse cose, comprese le mie
- il nostro Designer in Gioco mi aveva fatto leggere, ascoltare, vedere tantissimo sul design thinking ma le mie esperienze di discente si limitavano a laboratori brevi, di un giorno o giù di lì: cosa potevo imparare e sperimentare sul campo in ben sette giorni e con un obiettivo preciso?
- lavorare sempre dietro uno schermo aveva acuito la mia solitudine professionale: la prospettiva di lavorare in tandem era troppo allettante.
Ma cosa siamo andate a fare?
A familiarizzare un piccolo gruppo di giovani (5 ragazze + 1 ragazzo) con il metodo e gli strumenti del design thinking, applicandoli all’obiettivo del LURT: (re)immaginare luoghi, opportunità, servizi per un territorio bellissimo ma con tanti problemi, anche riannodando i fili della tradizione e della memoria. Intorno a noi, altri tre laboratori paralleli: costruire una comunità; autocostruire luoghi e oggetti; far rivivere una palazzina sequestrata alla mafia nel centro del paese. In tutto una sessantina di persone al lavoro tra gli ulivi, ospitate in un capolavoro dell’architettura italiana di comunità.

Cosa mi porto a casa
Se devi uscire dalla tua zona di confort, meglio farlo di brutto
Nel partecipare al LURT ho seguito la pancia, e ho fatto bene. Se avessi troppo ragionato e fossi andata troppo per il sottile forse vi avrei rinunciato, rinunciando così a bellissime scoperte, anche su me stessa. Come ho scritto pochi post fa, sconsideratezza no, audacia sì.
Una comodona come me è stata ai ritmi degli altri invece che ai suoi, ha mangiato più carne in sette giorni che negli ultimi sette mesi, si è spostata insieme al gruppo inseguendo l’ombra di ora in ora, ha condiviso la docenza senza sentirsi a metà ma anzi raddoppiata, si è buttata su un tema di cui per una volta non era superesperta, si è rapportata con una fascia di età insolita per lei (ri)scoprendo quanto può essere bello contribuire a rafforzare chi ha già le idee chiare e davanti tante scelte e tanta strada.

“Il design è dappertutto”: proprio vero
Una cosa è dirlo e scriverlo, una cosa è sperimentarlo. Con altre persone, per giorni interi. Mentre ci immergevamo nei problemi da affrontare, affinavamo la formulazione degli obiettivi, facevamo ricerca, intervistavamo, riempivamo pareti di post-it, li raggruppavamo e spostavamo in continuazione, costruivamo i prototipi, pensavo che quando si scrive un testo facendo le cose per bene, si attraversano esattamente le stesse fasi, una per una. E sono convinta che qualunque professionista o artigiano le avrebbe riconosciute come sue. Puoi averne una più approfondita di un’altra, ma nessuna buona idea nasce se se ne salta una. Ripercorrerle insieme su un obiettivo diverso mi ha aiutata a capire quali posso rafforzare.

Scomporre i problemi, le informazioni, persino le emozioni, fino all’ultima fettina
Per esempio, ho capito che sono fortissima nelle prime fasi di immersione e ricerca ma che sul piano ideativo posso fare di meglio, affidandomi al metodo oltre che all’istinto. Te ne rendi conto solo quando devi scrivere su un post-it un solo aspetto, una sola parola chiave, frenando la tentazione continua di saltare alla soluzione brillante, alla frase a effetto per poi… fermarsi lì, chiudendosi a tante altre possibilità. Solo quando vedi decine, centinaia di post-it da muovere liberamente capisci quante sono le combinazioni possibili tra tutte quelle scintille, quante vie puoi ancora percorrere, quante idee ne possono scaturire prima ancora di intravedere la soluzione. “Abbondanza” è stata una delle nostre parole chiave.

Lo spazio conta, e quello digitale non è sempre il migliore
Tanta abbondanza deve avere spazi in cui dilagare. Spazi fisici, grandi, orizzontali come verticali. Abbiamo srotolato metri e metri di carta, li abbiamo fissati a muri e porte, adagiati sul pavimento per camminarci intorno, riavvolti con cura la sera e riaperti la mattina per avere sempre il lavoro sotto gli occhi lungo i sette giorni. Tante nuove connessioni sono nate grazie a questo paesaggio fisico di parole e immagini. Eh, no, Mural e Miro non sono assolutamente la stessa cosa!
Se i post-it storming mi erano familiari anche se li pratico poco, il metodo con il quale abbiamo costruito i prototipi dei servizi progettati è stato una vera sorpresa. Maria Cristina ce li aveva illustrati un po’ tutti, ma il business origami ci ha conquistati. I tre servizi sono stati prototipati in 3D con i materiali più semplici: carta, cartoni, veline, colla, cannucce, bottoni, pennarelli e gli immancabili post-it. Di tantissimi colori. Tutti materiali che obbligano alla lentezza, a ingegnarsi con le mani, a guardare il progetto da tante prospettive e quindi a riflettere mentre “si tirano su” i progetti:

In un terreno abbandonato, un parco che ospita orti e un campo da basket, dove le generazioni si incontrano e possono anche fare un picnic insieme.

Progetto di un festival del colore che attraversa il paese e attrae designer e riesini emigrati.

Civico Civico, la palazzina sequestrata alla mafia, potrebbe ospitare anche un’industria alimentare domestica che lavora la carruba, di cui Riesi è presidio Slow Food.
… e intanto intorno a noi …
… fervevano le attività degli altri laboratori:




Il LURT continuerà anche il prossimo anno. Intanto, tra poco sul sito ci potremo godere il racconto ricchissimo di questa esperienza.
Buongiorno Luisa,
grazie mille per aver condiviso questa esperienza.
Barbara
Grazie Luisa, per aver condiviso con noi questa tua esperienza di sicuro arricchente per te e per tutti i partecipanti.
Il mondo “a distanza” in cui abbiamo dovuto vivere finora ci aveva fatto desiderare il contatto fisico, il suono dal vivo di voci e rumori.
Complimenti a te, per esserti tuffata in questo progetto. Esplorare territori sconosciuti fortifica e appassiona.
Buon tutto a tutti!
Marinella Simioli