Il mio tempo “a maggese” sta scorrendo operoso, ma con quella tranquillità di fondo che dà gusto sia al lavoro preparato con un bell’anticipo rispetto agli impegni autunnali sia allo studio, finalizzato al lavoro o del tutto divergente (ma quante convergenze emergono strada facendo!)
Sto quindi leggendo un sacco, cosa che non sempre riesco a fare come vorrei nei periodi densi e pieni di laboratori di scrittura e di scadenze. Da molti anni ormai segnalo qui o su Instagram solo i libri che mi sono piaciuti davvero e mi hanno aperto orizzonti e visioni. Ne leggo moltissimi altri, ma sono sempre più rigorosa nella selezione, non perché faccia la snob ma perché è ormai difficile che sulla scrittura legga cose nuove nuove per me. Però ogni tanto leggo libri che raccontano in modo diverso o personale, quello che almeno in parte già so. O che mi colpiscono perché sono scritti particolarmente bene, cosa da cui continuo a imparare. I tre libri che vi racconto qui appartengono a questa categoria e sono usciti di recente.

Il primo è Story or Die, di Lisa Cron. Ho dovuto superare la mia ormai radicata diffidenza verso ogni titolo che contenga le parole storia, storie, storytelling. Troppi ne ho messi nel cassonetto del riciclo. Poi ho visto che sta per essere pubblicato in italiano dal neonato marchio editoriale Trèfoglie con la prefazione di Valentina Falcinelli e mi sono fidata sia dell’editore sia della prefatrice. Ho fatto bene perché l’ho divorato e mi ha chiarito un sacco di cose.
Anche Story or Die ha una buona parte iniziale dedicata al cervello e alle emozioni come motore di ogni nostra decisione o cambiamento, ma per fortuna non si ferma lì. Lisa Cron definisce con lucidità e chiarezza che cos’è una storia:
Una storia è una comprensione interiore che porta a una trasformazione esteriore.
Quella “comprensione interiore” è il punto di partenza per costruire una storia che smonti certezze, pregiudizi, arroccamenti, tutto quello che impedisce di cambiare prospettiva, abitudini o semplicemente il detersivo per la lavatrice.
Tutto accade dentro di noi: i fatti, gli avvenimenti, il plot sono solo l’involucro esteriore di cui rivestiamo l’emozione, dopo aver accuratamente indagato i bisogni delle persone cui ci rivolgiamo (no, ricettine non ce ne sono, sempre da lì bisogna partire!) e scelto la leva emotiva capace di smuovere la resistenza al cambiamento che affligge ogni rappresentate della specie umana.
Una storia è un cavallo di Troia. Dentro, trasporta un messaggio; fuori ci trasporta.
E, come si sa, per creare un cavallo di Troia che funzioni ci vogliono l’intelligenza e la scaltrezza di Ulisse. Ragione di più per convincerci che infarcire i nostri testi di marketing di soli fatti, cifre, caratteristiche, funzionalità o, peggio, nostre dichiarazioni, è abbastanza inutile. Quei fatti e quelle cifre devono incontrare la narrazione interiore delle persone, quella con la quale ciascuna e ciascuno di noi parlotta continuamente dentro di sé per ricordare e dare un senso al passato, cercare di prevedere e prepararsi al futuro. Da questo incontro tra fatti ed emozioni deve scaturire la risposta alla domanda “Perché mai dovrei comprare questo prodotto? Cosa mi cambia?”. La risposta deve fornire un’ottima ragione, rappresentata dalla giusta emozione.
Una storia è una storia, a prescindere dal formato. Lo stesso principio si applica a una storia di poche parole, a un’immagine, a un video di 60 secondi, a una saga di mille pagine. Per raccontare una storia persuasiva si adatta lo stesso formato di base.
Per chi scrive, la leva emotiva di base prende forma attraverso le parole che a loro volta danno vita a immagini nella mente di chi legge. Più quelle immagini sono precise e dettagliate, più riusciranno a emozionare, più si incideranno nella memoria:
Le storie vivono di dettagli. Anche i più minuti ci aiutano a vedere il mondo che chi narra sta costruendo per noi. E ancora non basta che i dettagli siano specifici, devono anche contenere qualcosa di inaspettato.
Ogni capitolo ha una sezione conclusiva di esercizi e checklist molto pratici e fattibili per costruire storie intorno a prodotti, servizi, persone, fin dai primi passi. Tutti esemplificati con casi reali. Confesso che non ho fatto gli esercizi, ma ho imparato moltissimo guardando gli spot citati nel testo.
Ho capito, se mai ce ne fosse stato bisogno, che non sono un’affabulatrice e che creare storie che funzionano è una specializzazione a sé, che forse al fondo richiede anche un po’ di talento innato. Ma così come è appagante leggere anche senza essere scrittori, così è interessante capire le storie che ci circondano e ci vengono proposte anche senza essere consumate storyteller.
No, non sarò mai una storyteller, ma sono sicuramente un’editor, da sempre, fin nel midollo. Se c’è una qualità che mi riconosco e che ho affinato negli anni è quella di saper divulgare, che sia la scrittura o qualsiasi altro astruso tema con il quale mi capita di cimentarmi. La mia natura secchiona mi è di grandissimo aiuto, perché non mi stanco mai di andare a fondo, di immaginare le domande e le obiezioni di chi leggerà, di trovare risposte semplici e chiare, ma precise. Dove moltissime persone si stufano, io ci sguazzo.

Il secondo libro che vi propongo parla proprio alla mia anima di editor, divulgatrice, avvocata di chi legge. Si intitola Il linguaggio amministrativo. Principi e pratiche di modernizzazione. Lo ha scritto Michele Cortelazzo, professore ordinario di Linguistica italiana all’Università di Padova.
Ora, passate sopra il titolo del libro e pure su quello della collana Studi Superiori e già che ci siamo pure sulla copertina. Nonostante le apparenze, non è un libro per accademici, è un libro per chiunque si interessi alla scrittura chiara ed efficace, scritto con uno stile limpido e brillante. Cortelazzo è un accademico, ma anche un blogger, attentissimo alla cultura e alla società digitale. Gli sono affezionata sia perché attraverso i suoi scritti ho imparato gran parte di quello che so sulla scrittura, sia perché è stato praticamente il primo a invitarmi a parlare di scrittura per il web un sacco di anni fa. Avevo davanti un’aula magna piena e dietro delle slide orrende.
Come dice lui stesso nell’introduzione, Michele Cortelazzo riprende in questo libro molte idee e raccomandazioni sulla scrittura nella pubblica amministrazione esposte in altri suoi libri, ma anche chi come me li ha già letti vi troverà elementi di novità e un superripasso eccellente. Per tutti gli altri, è il libro più completo sulla semplificazione del linguaggio attualmente in circolazione. E anche se si focalizza sulla PA, vi assicuro che le sue 30 regole di buona scrittura servono a chi comunica in qualsiasi organizzazione, soprattutto banche e assicurazioni, che sono piene di testi normativi e regolatori. Ecco cosa mi è piaciuto di più:
- fa il punto di 30 anni di storia della semplificazione del linguaggio in Italia, con le sue eccellenze e le sue frenate
- l’aggiornamento delle sue 30 regole, la bibbia della scrittura chiara ed efficace
- il primato del destinatario e del contesto rispetto alle regole
- i tantissimi esempi di documenti della pubblica amministrazione, con le proposte di riscrittura, molti di questi ultimi due anni di pandemia
- la risposta a domande che mi sono spesso fatta e che altrettanto spesso mi vengono rivolte durante i miei laboratori di scrittura; non è un libro di regole e prescrizioni, è un libro di perché e di spiegazioni: quando siamo consapevoli e convinti di quello che facciamo, lo facciamo con coraggio e sappiamo difendere le nostre scelte
- vi ho ritrovato un concetto che mi è molto caro, quello della “naturalezza” di un testo semplice, chiaro, preciso:
La semplificazione del linguaggio amministrativo non porta ineluttabilmente a un impoverimento, o appiattimento, della lingua, ma piuttosto a un recupero di quella naturalezza che decenni, e secoli, di attività dell’amministrazione pubblica (e non solo) le hanno fatto perdere, un po’ alla volta, forse anche inconsapevolmente.
Chiudo con Immagini VS Parole, Scrivere e progettare il messaggio pubblicitario, di Davide Bertozzi, copywriter e direttore creativo con il quale condivido la passione per l’aspetto visivo del testo. Ma mentre io mi limito a dire “Oh, che bello!” e a collezionare privatamente esempi di matrimoni riusciti tra testo e immagini, Davide ci ha scritto su un libro originale, che mi è piaciuto soprattutto per due aspetti, che parlano di lui come persona e come professionista:

- una sobrietà solida ed elegante nell’espressione, senza altisonanze, che gli fa scrivere frasi come questa:
Scegliere parole all’altezza dello spazio in cui verranno incastonate.
Il verbo incastonare è perfetto per esprimere la reciproca necessità di immagini e parole, un vincolo che sa produrre originalità e coerenza.
- la proposta della creatività come “anomalia”, parola semplice che racchiude tantissime cose: contrasto, novità, curiosità, memorabilità, fuga dalle abitudini, connessioni non scontate…
Con immagini e parole dobbiamo costruire un’anomalia piena di significato, valori, destini.
La pubblicità si nutre di anomalie, senza di esse passa inosservata e non crea legami con il pubblico. Le anomalie sono un corto circuito che interrompe il normale svolgersi delle cose, sono un’acrobazia di senso che richiama l’attenzione delle persone.
Naturalmente nel libro trovate tanti consigli utili e spendibili fin dal prossimo testo, più uno strepitoso capitolo finale dedicato all’hackeraggio delle parole. Il punto di partenza mi era noto, il delizioso libretto di Ji Lee, Word as Image, ma anche qui Davide è andato oltre fino a proporre un metodo per scatenare la creatività e divertirsi parecchio.
La veste grafica del libro, ça va sans dire, è eccellente: serve il contenuto e la sua chiarezza. Anche qui con eleganza, senza strafare.
Leggere questi tuoi consigli è sempre utile e funzionale.
Ho divorato “Immagini vs Parole” il tempo di due viaggi in tram – casa/ufficio — ufficio/casa.
Ti leggo sempre con molto piacere e attenzione.
Grazie
Grazie Luisa, seguirò questi consigli per il mio aggiornamento estivo.
In teressante … sti molante… grazie. s.d.j.
Leggo sempre con piacere la tua newsletter. Ogni volta trovo spunti interessanti e imparo cose nuove!
…av vocatese… le galese… uffa’… grazie per l’input di inno vazione e moder nizzazione…