Ultimamente sono molto affascinata dalla scrittura delle didascalie delle immagini, uno dei microtesti più trascurati ma oggi fondamentali per trascinare nella lettura anche del più lungo dei testi, come racconta il newspaper designer Mario Garcia nel suo ultimo libro, dedicato al design per la lettura da smartphone.
Anche i nostri quotidiani cominciano a dotare le immagini di didascalie, ma niente di paragonabile alle didascalie studiatissime del New York Times, dove raccordano alla perfezione testo e immagini e non hanno affatto una funzione ancillare. Anzi, spesso contengono informazioni chiave e sono così ben scritte da diventare ulteriori punti di ingresso al testo.
Ora, in uno dei suoi meravigliosi Interactive, il NYT ci regala uno speciale sul cubismo fatto di una cascata di 70 didascalie e una ristretta scelta di opere, ma indagate così bene che ci sembra di non averne mai abbastanza. Una “cascata” perché la pagina è un lunghissimo scroll verticale: a sinistra le didascalie, a destra le opere che cambiano, si spostano, si ingrandiscono fino a mostrarci la grana della carta, i segni di carboncino, e minutissimi particolari, secondo quanto il curatore (non mi viene “giornalista”, è come se fossimo accompagnati personalmente dal curatore di una mostra) ci viene raccontando.
Vi consiglio una full immersion nei collage ovali di Picasso, Braque e Gris perché:
- spiegano magnificamente la nascita del cubismo
- sono un esempio della ricchezza di opportunità della scrittura digitale
- ci parlano della funzione dell’arte anche in questo nostro tempo, frammentato e confuso (ma non più di altri).
Il sito del NYT permette di vedere un certo numero di articoli prima di chiedervi se siete abbonati. Quindi approfittatene: An Art Revolution, Made With Scissors and Glue. Poi, se vi va, tornate qui a leggere i miei appunti su quelle superbe 70 didascalie.
Eccoli:
- Appena entriamo, eccoci apostrofati con una domanda forte:
Qual è secondo te il più rivoluzionario nuovo medium nell’arte del 20° secolo? Il cinema? La fotografia a colori? I video, le installazioni, o gli squali imbalsamati nella formaldeide?
Impossibile non continuare a leggere. - L’autore dice “io” e “tu”, come se fosse lì con noi, e questo contribuisce molto al senso di intimità che si prova leggendo e guardando, come in una privatissima visita guidata. Ecco la risposta alla domanda iniziale:
Voglio suggerirti che si tratta di qualcosa di più semplice, di tecnologicamente terra terra. Qualcosa che probabilmente facevi già alla scuola primaria — e fai anche adesso, quando fai pinching e swiping sullo smartphone. - Ancora domande, quelle semplici, che ci facciamo tutti:
Quali sono i confini dell’arte? Cosa tiene insieme un quadro? Come acquistano senso parole e immagini? I cubisti ascoltarono tutte queste domande e le fecero a fettine.
Di fronte a questa promessa, hai solo voglia di sollevare le fettine, una per una. - Come su un palcoscenico, i personaggi fanno il loro ingresso uno alla volta: Picasso, Braque, Gris e Cézanne, dal quale tutto ha inizio.
- Il linguaggio è concreto e vivido, proprio come la materialità dei collage e la quotidianità degli oggetti rappresentati: la rivoluzione fatta con forbici e colla…
- … ma capace di evocare la Parigi di inizio 900 con poche pennellate verbali: tra sorsi di assenzio e sussurri di guerra.
- Le didascalie in media sono di tre, quattro o cinque righe, non di più, ma molte sono anche di una riga sola. E inchiodano.
- La precisione è assoluta: i materiali sono nominati uno per uno (carta da parati di chintz, pagina di un libro, carboncino, acquerello) e così l’orientamento degli oggetti (la bottiglia è inclinata di 30° sulla verticale).
- L’autore usa lo zoom per mostrarci un dettaglio, il grandangolo quando allarga la prospettiva alla Parigi dell’epoca, che entra potentemente nei piccoli collage attraverso oggetti quotidiani e preferenze degli artisti; è quello che mi piace definire “scrittura cinematografica” e che si può realizzare anche con le sole parole.
- Passo passo siamo portati al cuore della rivoluzione cubista: una pittura liberata dal fardello dell’imitazione.
- Che senso poteva avere ormai l’imitazione della realtà in una Parigi piena di fotografi e fotografie, centinaia di edicole, migliaia tra quotidiani e riviste?
I cubisti risposero: affetta, cuci, riassembla.
Perché puoi sempre trovare la tua strada in un mondo finito a pezzi.
Incollali insieme in modo nuovo e fa’ che le cuciture si vedano.
Non suona molto ma molto contemporaneo? Se vi risuona, il vostro libro è Figure di Riccardo Falcinelli.
Un viaggio completo soprattutto nella materia, questo è l’aspetto che più mi ha colpito.
Grazie per questo post
Meraviglioso
Geniale questo modo di “leggere” le opere d’arte, con la messa a fuoco sul particolare e poi la visione d’insieme. Decisamente è nelle mie corde, visto che di arte non me ne intendo. Le parole delle didascalie guidano, incuriosiscono, informano, ma senza pedanteria e affollamento testuale.
Immagini tradotte in parole: che arte complicata!
Grazie a te, Luisa, che ogni volta ci sai stupire e condurre lungo la scia infinita delle parole che cambiano veste.
Marinella Simioli
Come sempre un approfondimento pieno di originalità e ricco di spunti per la scrittura, ma a mio avviso anche per il marketing. Grazie davvero!
Grazie veramente per l’invito alla lettura. Bellissimo questo articolo e geniale il NYT
Grazie Luisa. Molto interessante. Con l’occasione ho riletto anche il tuo articolo sull’ultimo libro di Mario Garcia 🙂
Interessante, qui la tecnica di costruzione rende, diventa efficace, pur nella sua linearità e semplicità.
Una semplice zoomata di tanto in tanto sui particolari ci cattura, ci porta a vivere più intensamente l’esperienza, ad incuriosirci. E’ il movimento, la non noia, il colpo di genio che cambia le cose.