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risali negli anni

2 Gennaio 2020

Leggere e ritrovare la strada di casa

Come è possibile che qualche mese fa io abbia mollato il libro di un’autrice che apprezzo molto trovandolo ripetitivo e un po’ vuoto e oggi lo divori in un pomeriggio trovandolo interessantissimo e sottolineando quasi in ogni pagina?

La spiegazione è nel libro stesso, scritto dalla maggiore studiosa contemporanea della lettura, la neuroscienziata Maryanne Wolf: avevo cominciato a leggerlo un po’ di corsa, tra una navigata e l’altra, con l’atteggiamento predatorio che spesso mi prende, cioè per trarne alla svelta qualcosa di nuovo e di utile, per una formazione o per un post. L’autrice direbbe che non l’ho letto con un quiet eye, un occhio tranquillo.

“Skimming is the new reading.”

Invece l’occhio tranquillo serve, sia per capire sia per gustare quello che stiamo leggendo. Mi ha consolata il fatto che la professoressa Wolf confessa di essere stata contagiata anche lei dalla smania della lettura veloce, quella che facciamo online e che rischiamo di trasferire tout court alla lettura di un romanzo o di un saggio, quale è appunto Reader, come home, The Reading Brain in the Digital World (esiste anche la traduzione italiana, comunque). Come lei, anche io mi sono allarmata e mi sono dedicata alla rieducazione alla lettura profonda: il risultato è l’innamoramento per questo suo secondo libro.

Reader, come home ricomincia dove finiva Proust e il calamaro, il best seller della Wolf dedicato alla lettura nell’era digitale. Poco più di dieci anni e il modo in cui leggiamo è cambiato ancora, tantissimo. Lei ci racconta come, ci porta dentro il cervello che legge – in cui le sinapsi si passano dati e informazioni con la spericolata precisione dei giocolieri e dei trapezisti del Cirque du Soleil (sì, si serve proprio di questa ardita ma riuscitissima metafora)  –, ci avverte su cosa rischiamo ad abbandonare per sempre la “pazienza cognitiva” imposta dalla lettura attenta e profonda, ci offre soluzioni per crescere bambini e ragazzi che sappiano trarre il meglio dall’eredità dell’era Gutenberg e portarlo nell’era digitale. Un libro affascinante per tutti, ma prezioso soprattutto per genitori e insegnanti e per chi avrà la responsabilità delle politiche educative dei prossimi anni.

“Reading is neither natural nor innate; rather, it is an unnatural cultural invention that has been scarcely six thousands years in existence.”

Proprio perché leggere e scrivere non sono affatto innati come il linguaggio, ma vanno appresi in un processo in cui il cervello si ristruttura continuamente, sono abilità che non possiamo mai considerare scontate, che richiedono esercizio a ogni età, perché si deteriorano facilmente, qualche volta si perdono. Oggi, il rischio concreto è che molti non le sviluppino affatto.

Si potrà obiettare che mai si è letto e si è scritto tanto come ora, ma la nostra neuroscienzata ci fa notare la differenza tra la lettura veloce e spesso distratta di testi brevi, frammentati e superficiali e la lettura di testi più lunghi e profondi, che richiedono impegno intellettuale ed emotivo. I primi ci aiutano enormemente nella vita quotidiana, ci rendono spediti ed efficienti, ma non sono capaci di far evolvere i nostri processi cognitivi, sviluppare il pensiero critico, espandere l’immaginazione, renderci empatici verso gli altri, ampliare la background knowledge sulla quale germogliano e crescono nuove conoscenze.

“The more we know, the more we can draw analogies, and the more we can use those analogies to infer, deduce, analyze, and evaluate our past assumptions — all of which increases and refines our growing internal platform of knowledge.”

Se persino due mature signore, appassionate della lettura e cresciute senza internet, si sono ritrovate a scorrere libri di corsa come se stessero online, cosa succede ai cervelli di bambini e ragazzi ai quali viene messo in mano un tablet o uno smartphone prima ancora che imparino a leggere? Rischiano che le loro strutture cerebrali si tarino su input semplici, veloci, elementari, perché il cervello è sì plastico, ma si forgia sulla base degli stimoli che gli vengono dati. Le ricerche già lo dimostrano, insieme alla sindrome di disattenzione crescente e all’emergere del novelty bias, ovvero la ricerca continua della novità, propria dei bambini che non sanno più annoiarsi e trovare da soli il modo di giocare e divertirsi.

Se da una parte questo ci deve preoccupare, anche per la velocità con cui  sta accadendo, dall’altra Maryanne Wolf ci incoraggia: rispetto alle altre transizioni della comunicazione che l’homo sapiens ha attraversato, oggi abbiamo il vantaggio di avere le conoscenze e le tecnologie per capire, prevedere e prevenire ciò che potrebbe succedere. Un altro dei miracoli del nostro cervello: andare oltre i suoi confini e permetterci di vedere molto ma molto più in là.

Ed ecco cosa raccomanda Maryanne Wolf per attraversare indenni e rafforzati questo passaggio epocale.

Per prima cosa, impegnarsi a fondo nei primi due anni di vita dei bambini, quelli in cui si decide tutto, anche le loro capacità di lettura e pensiero profondo per tutta la vita. Qui i dispositivi digitali sono banditi: il lap, il grembo dei genitori, al posto del laptop. Niente sviluppa nel bambino i circuiti neurali migliori quanto sentire, fin da piccolissimi, la voce della mamma o del papà che racconta loro una storia. Impareranno meglio a parlare, e poi a leggere, perché quelle parole – ascoltate tante e tante volte – si collegano a sensazioni fisiche di calore, protezione, piacevolezza.

Dai due ai cinque anni, i bambini possono cominciare a prendere confidenza con gli strumenti digitali; non in modo esclusivo, ma insieme ad altre attività creative, come il disegno e la musica, tanta musica.

Dai cinque ai dieci anni i bambini dovrebbero poter sviluppare contemporaneamente il loro “cervello bi-alfabetizzato”, capace di passare con agio da un medium all’altro, proprio come quelli che imparano da piccoli due lingue madri.

“That is what I want our young nascent readers to become: expert, flexible code switchers — between print and digital mediums now and later between and among the multiple future communication mediums.”

L’idea è rovesciare quel che rischia di avvenire: non portare fretta, distrazione e superficialità nelle necessarie letture “pazienti” e profonde, ma sviluppare e consolidare, nei primissimi anni decisivi, la  propensione all’ascolto attento e alla lettura, in modo da tenerle vive e funzionanti, quando servono, anche per leggere dallo schermo.

“The ultimate goal in this plan is the development of a truly biliterate  brain with the capacity to allocate time and attention to deep-reading skills regardless of the medium.”

Sembra una splendida utopia, ma quando leggi le cinque lettere in cui è organizzato il libro, conosci le recenti e documentatissime ricerche che lo corroborano e ti soffermi sulle tante suggestioni letterarie che lo nutrono (da Emily Dickinson a Italo Calvino), la voce di Maryanne Wolf è credibile e convincente. Ma magari volete prima ascoltarla? Eccola qui:

10 risposte a “Leggere e ritrovare la strada di casa”

  1. Carissima Luisa,
    Mi fa molto piacere leggere il tuo articolo perchè sono i pensieri che ho ripreso nel mio libro uscito sa poco. “Nemmeno gli struzzi lo fanno più. Vivere bene con l’Intelligenza Artificiale.” Ho letto il libro di Marianne e mi è molto piaciuto l’approccio neuroscientifico rispetto alla lettura verticale del cartaceo e orizzontale del digitale. Non demonizzo ne l’una ne l’altra ma quella cartacea a mio avviso deve rimanere una lettura “vintage” che portiamo ai nostri figli proprio x sviluppare in loro non solo la pazienza cognitiva di cui parla Marianne ma anche il sentire il contenuto del testo rispetto al mio meaning, perchè questo fa crescere una parte dell’intelligenza emotiva. Questo il pensiero che ho rielaborato nel mio libro. Tatiana Coviello p.s a maggio saró al tuo corso! Non vedo l’ora! Magari sarai riuscira a leggere fin lì anche il mio di libro! 😘

  2. Grazie Luisa,
    ho un bambino di due anni e mezzo e mi rende molto felice avere la conferma che tutto il tempo che passiamo insieme a sfogliare e leggere libri, potrà contribuire allo sviluppo delle sue capacità. Già lo facevo in quelle interminabili giornate post parto quando aveva pochi mesi: gli leggevo libri su libri e il tempo passava. Adesso, quando gli propongo la lettura, dice sempre di sì, ed è un momento magico tra me e lui.

  3. Ho letto due volte questo post pregno e illuminante, cara Luisa: reclamava tempo e attenzione. La prima lettura è stata vorace e panoramica, dallo smartphone, che induce alla fretta e relega negli spazi angusti di uno schermo ridotto.
    La seconda lettura, invece, ha goduto dell’ariosità dello schermo del pc, generoso nel mostrare l’architettura della distribuzione interna del testo e delle immagini.

    Ho ascoltato con interesse anche Maryanne Wolf, che introduce tali e tanti spunti degni di approfondimento che rischierei di tracimare se li riprendessi tutti.

    Dovendo scegliere un solo punto su cui focalizzarmi, dico che anche noi “non nativi digitali” dobbiamo imparare di nuovo a leggere, senza la smania di trattare i libri come se fossero le schermate di un pc o uno smartphone. Dobbiamo permettere al nostro cervello di incamerare, elaborare, metabolizzare e selezionare quanto abbiamo letto.

    Tutto questo assegnerà un senso profondo e concreto alla lettura dei testi, pronti a sedimentarsi per poi riaffiorare inaspettatamente.

    I tuoi post, Luisa, sono l’esempio di come il medium, in questo caso Internet, non debba costituire un comodo pretesto per evitare l’accuratezza. Ogni volta riesci ad affascinare con la precisione e l‘originalità dei tuoi punti e… spunti! Grazie sempre per la tua generosità divulgativa.

    Marinella Simioli

  4. Anche io sotto natale mi sono concessa letture lente (sia professionali che narrative) staccando da tutto il resto e con il cervello sgombro ed è proprio vero: il mondo osservato senza fretta predatoria e performante, rimane inciso. Per quanto riguarda mia figlia, pur avendo seguito – senza saperlo – tutte queste regole, mia figlia oggi ha 13 anni, si annoia molto facilmente, fa tanta fatica a leggere (sono felice che sia riuscita a immergersi nel libro di Chiara Carminati, ma non ne finiva uno da 3 mesi) e prevale la frammentarietà del suo smartphone. Porto pazienza: penso che anche obbligare alla lettura sia sbagliato, spero che quel che abbiamo seminato, germogli con calma. Sempre illuminante, buon anno Luisa e a presto.

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