Su questo blog ci sono già 19 post dedicati agli aggettivi, ed ecco il ventesimo. Se sento il bisogno di tornarci su di tanto in tanto è perché non finisco di meravigliarmi di quanto nella scrittura di marketing ricorriamo agli aggettivi come scorciatoia per magnificare quanto comunichiamo, presentiamo, vendiamo. Viene spontaneo a tutti – anche a me, ovviamente – come la prima soluzione a portata di mano, ma ahimè la prima frase, le prime parole che vengono in mente quasi mai sono le migliori, le più adatte per distinguersi, farsi notare e ricordare.
Tutti i manuali di scrittura – anche i miei, ovviamente – mettono in guardia dall’usare una pletora di aggettivi, ma la pratica è un’altra cosa.
Ci sono aggettivi che aggiungono enfasi senza aggiungere informazioni, che già esprimono un giudizio e invitano chi legge a crederci sulla parola. Per esempio entusiasmante, efficace, efficiente, incredibile, suggestivo, imperdibile, bellissimo, mozzafiato, opportuno, indispensabile, eccellente, comodo, gustoso.
Poi ci sono gli aggettivi che aggiungono informazione, colore, sensorialità, consistenza al nome o al pronome che accompagnano. Così mettono a fuoco l’immagine nella nostra mente e poi lasciano giudicare a noi, che non amiamo affatto essere imbeccati. Per esempio un panciuto frigorifero vintage, un jeans delavé, un ombretto duocrome tra il verde e il viola, una cancellata rococò di ferro battuto, un torrente precipitoso, una spiaggia dalla sabbia fine fine, un tessuto termico e impermeabile, un soffitto alto tre metri, una giacca di lana bouclé, un pennarello verde acido, un sistema di dettatura infallibile.
Così, una distinzione da praticona che mi aiuta parecchio e che vi offro è quella tra aggettivi “di giudizio” e aggettivi “di visione”. Credo che i primi rassicurino soprattutto noi che scriviamo e che oggi funzionino sempre meno. Non solo perché si leggono a tonnellate ovunque in testi fotocopia, ma soprattutto perché da utenti ormai scafati andare a verificare la loro veridicità è facilissimo. E comunque, anche quando leggo le recensioni di un ristorante tendo a prestare più attenzione a chi scrive di aver concluso il pasto con “un trionfante profiteroles ripieno di crema chantilly e sormontato da una cascata di cioccolato fondente” rispetto a chi scrive che “come dessert il profiteroles era veramente gustoso“.
Certo, agli aggettivi di giudizio si possono aggiungere o mescolare quelli di visione ma, vista la nostra sempre più scarsa attenzione e pazienza, meglio che ogni parola abbia una sua stretta necessità, informativa o espressiva che sia.
Sono ancora in molti a pensare che gli aggettivi di giudizio appartengano alla scrittura professionale e di marketing e quelli di visione alla scrittura creativa. Sono due divisioni di comodo: la nostra mente funziona sempre nello stesso modo, da millenni, e anche la scrittura è così capace di trasformarsi e di assecondare nuovi tempi, esigenze, formati proprio perché in fondo è sempre una e una sola.
Qui ci sono gli altri 19 post.
Madonna “santissima” com’è tutto vero!
Quando l’aggettivo ci vuole proprio, e pure il superlativo 🙂
Cara Luisa, dopo aver letto la tua nota, sono andata a caccia di aggettivi in una recensione che sto scrivendo sulla Centrale Montemartini.
Non ne ho trovati molti e, soprattutto, ho trovato quelli che tu, con un tocco magistrale, chiami “di visione”, d’altronde quel museo, come immagino tu sappia, è una visione.
Grazie 🌸
Segnalami poi la recensione.
Mi vergogno a dirlo, ma io non ci sono mai stata 🙁
Centrale Montemartini è magico (a?), vedrai Luisa che ti viene voglia di scriverne se ci vai!
L’ho vista solo nella prima scena di “Le fate ignoranti” 🙂
Certo, Luisa.
La mia revisione è quasi demenziale, appena pubblicata ti invio il link 🌸
Distinzione illuminante quella che fai fra aggettivi “di giudizio” e “di visione”. Credo che in effetti ormai siamo tutti assuefatti dall’abuso di aggettivi di giudizio che viene fatto in pubblicità, dove spesso valutazioni esagerate di un prodotto palesemente non così pregno di valore, non fanno altro che rendere ridicola la pubblicità stessa, con un effetto addirittura controproducente per la credibilità del brand.
Mettere in luce ed esaltare invece proprietà che il prodotto ha realmente e che lo fanno distinguere dagli altri, appunto con i tuoi aggettivi “di visione”, ci dà un’impressione più veritiera, più forte e dunque più convincente dello stesso. E’ come confrontare una foto palesemente ritoccata senza gusto con una foto dal vero, in alta definizione e la messa a fuoco sul dettaglio più esaltante.
Filippo
http://www.filippocolca.com
I nomi contano, Filippo. Per questo me ne invento anche di scherzosi, che nulla hanno a che fare con la nomenclatura della grammatica. Mi guidano mentre scrivo 🙂
Post preciso, utile, chiaro e illuminante, cara Luisa. Ma forse ho esagerato con gli aggettivi. Me ne sarebbe bastato uno soltanto: prezioso.
Devo ammettere che la generosità della lingua italiana invoglia a largheggiare nell’uso di aggettivi e la tentazione di strafare è dietro l’angolo. Grazie a manuali come i tuoi, però, possiamo disciplinarci, usandoli con magnanimità se il tipo di testo lo consente, o con parsimonia, se la folla di aggettivi rischia di appesantire i processi mentali.
Condivido la suddivisione che proponi, Luisa, nelle categorie “di giudizio” e “di visione” e vigilerò sulla mia scrittura perché la scelta di ogni aggettivo non influenzi irrimediabilmente il lettore. Vale la pena indugiare prima piuttosto che pentirsi dopo!
Marinella Simioli
Facciamo le signore sobrie, Marinella!
Certo, sobrie ed equilibrate!
“Sono ancora in molti a pensare che gli aggettivi di giudizio appartengano alla scrittura professionale e di marketing e quelli di visione alla scrittura creativa. Sono due divisioni di comodo: la nostra mente funziona sempre nello stesso modo, da millenni, e anche la scrittura è così capace di trasformarsi e di assecondare nuovi tempi, esigenze, formati proprio perché in fondo è sempre una e una sola.”
Su questa cosa sono molto ma molto d’accordo (ma anche sul resto del post eh).
Carlotta
Cara Luisa, sai che esistono i miracoli?
Dopo il tuo parere sull’ultima frase della mia recensione sulla Centrale Montemartini (“Vi ho incuriosito, vero?) l’ho eliminata e aggiornato la recensione.
Come ti ho scritto, l’avevo aggiunta all’ultimo momento, mannaggia!
Questo è il link perché anche altre/i possono vedere la potenza dei suggerimenti di una grande Luisa 🌸
https://www.tripadvisor.it/Attraction_Review-g187791-d190990-Reviews-Centrale_Montemartini-Rome_Lazio.html
Fiorella, te l’ho detto perché la questione delle domande retoriche nei testi web mi ha dato molto da pensare ultimamente, tanto che pensavo di farci un post 🙂
Grazie per la recensione: ci andrò senz’altro.
Luisa
Repetita iuvant!
Certi concetti si ripetono ed è utile, sempre. Grazie
Mi capita di notarlo quando leggo un libro di uno scrittore recente o uno scritto l’altro secolo.
Sì, certe regole [come questa] abbraccia la scrittura creativa, saggistica… di marketing.
Sempre prezioso il tuo contributo.
Ottimo!
Secondo me l’importante è non usare aggettivi ridondanti, ovvero che non aggiungono nulla, ma accostare, quando è il caso, un aggettivo imprevisto.
Scerbanenco in un suo romanzo scrive : “la signorina aveva i capelli di un biondo spiacevole”.
Spiacevole è sì un aggettivo di giudizio (il giudizio del narratore), ma in questo caso arriva totalmente inaspettato (a biondo si accostano normalmente aggettivi quali paglierino, spento, oro, etc..)