In due recenti laboratori di scrittura, uno con la redazione di un grande portale turistico e uno con la redazione web di un Comune, mi sono portata dietro due dizionari. Pur raccomandandone sempre l’uso, in realtà era una cosa che non avevo mai fatto, e non solo perché tirarsi dietro due dizionari in trasferta non è proprio comodissimo, ma soprattutto perché troppo a lungo ho dato per scontato che tutte le parole che conosciamo sono lì pronte per essere pescate quando ne abbiamo bisogno.
Non è così: se le parole non le frequentiamo spesso, si allontanano sullo sfondo e, anche se le riconosciamo e capiamo leggendo, non ci vengono incontro quando abbiamo bisogno di loro. Per fortuna, i dizionari sono lì per porgercele in modo organizzato e secondo i criteri più diversi, così possiamo più facilmente fare amicizia con loro.
In trasferta non mi sono portata il dizionario della lingua italiana, il più facile da trovare ovunque vai, ma il dizionario delle collocazioni e quello analogico. Il primo propone le parole vicine, l’altro parole più lontane ma legate dal filo delle analogie. Una ricerca estesa intorno a una sola parola fornisce una rete vastissima di parole, significati, assonanze, modi di dire. Immaginate farla su tre o quattro… riempirete intere pagine.
Questa rete è utile soprattutto quando si devono scrivere testi capaci di far vedere e sentire. Mi veniva di scrivere “capaci di emozionare”, ma l’emozione è davvero l’ultimo effetto di un testo. L’ultimo gradino di una scala che va percorsa tutta. Non ci può essere emozione se non c’è prima visione nella propria mente e sensazione nel proprio corpo.
Per far vedere e sentire, di parole ne servono proprio tante: astratte, concrete, vicine, lontane, brevi, lunghe, comuni e ricercate, persino eccentriche. Come i trovarobe del teatro e del cinema, possiamo allestire la scena mentale per chi ci leggerà, solo che invece di oggetti ci servono parole, colori e tanti dettagli. Cose indispensabili per scrivere testi che persuadano e invitino.
Per questo ai redattori ho fatto fare un esercizio che io faccio spesso per conto mio: prima di scrivere qualsiasi cosa, dedicare tempo a chiedersi cos’è che vogliamo far vedere e sentire e poi fare la ricerca delle parole su tutti e tre i dizionari. Veloce, senza starci troppo a pensare, suddividendo in colonne con verbi, nomi, aggettivi, avverbi, modi di dire. Quando le parole sono fuori contesto, si associano e richiamano l’una con l’altra in modi molto meno scontati, talvolta sorprendenti.
Quando poi ci si mette a scrivere, è molto più facile allestire il “teatro mentale” o scrivere in modo “cinematografico”, cambiando prospettiva e punto di vista, muovendosi intorno alle persone o alle cose, cominciando da un piccolo dettaglio per allontanarsi ad abbracciare una scena più grande. O, al contrario, partire dal panorama per zoommare su un particolare che parla da solo.
Ci si accorge allora che una sola parola diversa cambia tutta la scena e le sensazioni. “Scodellare” la polenta in una baita di montagna non è come “portarla in tavola”. In tavola ci porti tutto, ma se la polenta la “scodelli” vedi una pentola di rame con suo mestolo, magari il riflesso della fiamma del camino, e qualcuno che te la serve con un sorriso perché l’ha preparata con cura.
Avete mai pensato a quanti verbi si può associare il vento? Soffiare, trasportare, trascinare, travolgere, sibilare, sussurrare, accompagnare, frusciare, fischiare, ululare, abbattersi, spazzare, alitare, alzarsi, levarsi, agitare sferzare… se dobbiamo scrivere di un lago ventoso, magari in diverse stagioni e per diversi pubblici, con la nostra rete estesa di parole saremo i primi a vedere e a sentire. Così riusciremo ad allestire la scena per gli altri, proprio come fa un regista: con decisioni precise e consapevoli.
Mi ha colpito, alla fine delle nostre scritture “visive”, che i gruppi di lavoro abbiano voluto conservare le loro liste di parole chiamandole il “tesoretto”. Perché riecheggiava il sottotitolo di Paroline&Paroloni: “Attingere a piene mani al tesoro del vocabolario”. Sottotitolo che ho scritto proprio alla fine perché rispecchiava esattamente la sensazione di abbondanza, pienezza e ricchezza inesauribile che ho provato dedicandomi per qualche mese unicamente all’esplorazione delle parole.
Bravissima! Niente da aggiungere.
Uh, Pietro, grazie!
Quando ti leggo vedo il tuo buonumore. E poi sento il mio.
In effetti l’ho scritto alla fine di una bella giornata 🙂
Cara Luisa che bello leggerti: mi manchi, vorrei fare qualcosa con te
😉 Dovrò iniziare yoga per riuscirci…
Brava Luisa, condivido tutto.
Cara Luisa,
è da tempo che avevo in mente di comprare il dizionario delle collocazioni. Il tuo post mi offre lo spunto per farlo, e abbinare anche quello analogico, che mi incurioscisce per il meccanismo che lo ispira. Una volta scoperta l’esattezza delle combinazioni lessicali, diventa difficile farne a meno.
Grazie ancora per i suggerimenti, che ci guidano in modo concreto e piacevole.
Buona giornata a tutti
Marinella Simioli
Marinella, è un’accoppiata vincente.
Mi dirai 🙂
Senz’altro! Nel frattempo mi sto godendo i tuoi libri…
Avevo letto qualche tempo fa in questo blog un post tutto dedicato a questi particolari dizionari e all’esercizio di raccolta per creare i propri “tesoretti di parole”. Il giorno stesso ho ordinato i dizionari (compreso quello etimologico!) e prima di tradurre l’ennesimo pezzo dedicato alla moda mi sono messa di buona lena a scrivere colonne, colonnine e colonnone di parole. A parte il piacere di scrivere a mano, si è rivelato un esercizio efficace che ripeto ogni volta che posso. Mi ricorda molto lo yoga, che pratico anch’io da anni: si torna ad attingere a un potenziale che è dentro di noi, lo è sempre stato, ma al quale non avevamo più accesso perché avevamo perduto “le chiavi”. Che c’è di più bello?
Che bello, Giovanna!
Una pratica gratificante e produttiva, e così facile e a portata di mano 🙂
Grazie mille, come sempre utile e ricca di spunti per lavorare sulle parole.
Grazie a te, Anita. Mi incoraggi a continuare 🙂
Sempre bello leggerti, Luisa.
Leggere le parole poi è magnifico 🌸
leggerti è piacere e ispirazione.
grazie!
Lunedì 26 avrò modo di ascoltarti all’evento milanese, finalmente dal vivo, invece di leggerti. Un saluto e complimenti.
zop
Finalmente mi sono arrivati i due dizionari, quello analogico e quello delle collocazioni. Li ho sfogliati voracemente e sento che diventeremo amici inseparabili.
Il dizionario delle collocazioni disvela un universo di combinazioni possibili ed elimina lambiccamenti cerebrali e ricerche affannose.
Grazie ancora per averceli segnalati, cara Luisa.
Buona serata a tutti.
Marinella Simioli
p.s. avevi ragione, cara Luisa, a proposito dei dizionari cartacei. Sfogliarli di nuovo permette di spaziare nelle parole e farsi guidare dalla curiosità di sbirciare anche tra quelle che non cercavamo.
Il tuo libro “Paroline & Paroloni” l’ho letto tutto d’un fiato. Bellissimo. Quante cose si possono migliorare nella scrittura. Il Dizionario delle Collocazioni è un libro che non pensavo esistesse, l’ho fatto ordinare alla mia biblioteca e lo sto guardando, prima di decidere se comprarne una copia personale.
L’esercizio delle colonne è una tecnica che dovrò sperimentare, non mi sarebbe mai venuta in mente!
Sai se esiste un Dizionario delle Collocazioni per l’inglese?
Grazie ancora,
Alessandra
Ciao Alessandra, grazie. Mi fa un sacco piacere.
Solo se ti va, faresti una recensione su Amazon?
Sì, il dizionario delle collocazioni esiste anche in inglese: Longman, Oxford e anche online http://www.freecollocation.com/
Luisa
Grazie!
Recensione appena inserita.
Grazie, Alessandra 🙂
Luisa