Qualche anno fa, in occasione di una collaborazione con l’agenzia londinese The Writer, mi vidi arrivare un contratto scritto in un linguaggio umano, chiaro, semplice, persino amichevole. Tutto in un paio di cartelle scarse. Senza legalese, eppure precisissimo.
Mi colpì molto, perché tra i servizi di The Writer c’era proprio la scrittura della contrattualistica in un tempo in cui ogni progetto di semplificazione, anche nelle aziende più aperte, si scontrava inevitabilmente contro il baluardo dell’ufficio legale che difendeva i suoi contratti a spada tratta.
Le cose sono molto cambiate, per fortuna, e in questi anni ho semplificato non solo contratti, ma anche cose ben più ostiche, come i documenti di audit e di compliance delle banche. Se si vuole, si può. Eccome se si può.
Ora anche il nostro IVASS, l’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni, ha emanato le sue linee guida per la semplificazione dei contratti assicurativi, i famosi Fascicoli Informativi. Linee guida molto blande e prudenti, ma comunque un segnale.
Sarà per questo che qualche giorno fa una mia follower su Twitter mi ha chiesto se e come è possibile scrivere un contratto in modo chiaro e comprensibile al cliente medio. Non è materia riassumibile in un tweet, e nemmeno in un post, ma siccome sono immersa e passerò buona parte di quel che resta del 2018 nella semplificazione di contratti, espando il mio striminzito tweet e condivido qualche indicazione di base:
- Adottare una sintassi piana, pianissima: periodi brevi, massimo 25 parole; “non esiste frase troppo corta agli occhi del signore” raccomandava un maestro di giornalismo: fatene il vostro faro. Gli incisi devono avere una fondatissima motivazione: che siano brevi e pertinenti, non un escamotage per infilare un’informazione che non si sa dove mettere. E che non separino soggetto e verbo, verbo e complemento.
- Ordinare le informazioni in modo da rispettare il punto di vista del cliente e il suo livello di conoscenza. In pratica, significa:
1. Prima l’informazione o l’indicazione, poi l’eccezione o la condizione; i contratti, per mettere le mani avanti, fanno sempre il contrario. Così chi legge deve arrivare alla fine del periodo e poi tornare indietro.
2. Se si danno indicazioni su cosa e come fare, mettere le cose nell’ordine in cui vanno eseguite. Per esempio, presentare un reclamo, inviare documentazione, chiedere un rimborso. Se si deve riempire un modulo scaricabile dal sito, bisogna dirlo subito, non dopo aver fornito l’indirizzo cui mandarlo. Se l’ordine è quello giusto, potete fare a meno di uno dei burocratismi più odiosi e disorientanti: la parola previo. - Distinguere tra tecnicismi necessari e tecnicismi collaterali: i primi sono le parole tecniche che non possono essere sostituite, e vanno spiegate, nel contesto, in un box, nel glossario; i secondi hanno sempre un’alternativa nel linguaggio quotidiano. Surroga, garanzia, copertura, dolo sono tecnicismi necessari; nelle more, sussistere, altresì, sempreché, avere facoltà, in sede di, fermo restando, fatti salvi no. Più i tecnicismi necessari sono circondati di parole chiare e quotidiane, meglio si capiscono.
- Chiamare le stesse cose sempre nello stesso modo: nei contratti la variazione non deve esistere. Non solo per i sostantivi, ma anche per i verbi. La ripetizione vi dà fastidio? Pazienza. Pensate che in un contratto è solo garanzia di chiarezza.
- Lavorare tanto di titoli e sottotitoli, dove il margine di manovra è più ampio e si può essere più semplici. Sono la prima cosa che si vede e se sono comprensibili hanno un effetto rassicurante. Come si presenta un reclamo? non è meglio di Modalità inoltro reclami?
- Trasformare il testo discorsivo in elenchi, tabelle, immagini, grafici il più possibile. Che la struttura emerga e si percepisca anche visivamente. Una parola difficile? Meglio un box di un lungo inciso di spiegazione. Un’informazione importante? Meglio un’icona che il terroristico Avvertenze. I passi di una procedura? Rigorosamente un elenco.
- Arieggiare a più non posso con la “punteggiatura bianca”: lo spazio. Doppio spazio non solo le sezioni, ma anche tra i paragrafi. Niente di meglio per evitare il soffocante effetto small print, come dicono gli anglosassoni. Quello che sa di tranello lontano un miglio.
- I riferimenti normativi non aprono un periodo, ma lo chiudono, meglio se blindati dalle parentesi. Prima il contenuto della norma, poi il riferimento. Senza “ai sensi di”.
Grazie, non c’è niente di più soddisfacente di una scrittura bella e chiara!
Sostengo con fervore ogni parola di Luisa: scrivere contratti chiari si può e si deve.
Un contratto che offusca la comprensione lascia spazio a male interpretazioni, dubbi, malumori e getta sempre cattiva luce su chi lo ha pubblicato. Pochi sanno che questi contratti sono comunque costati giornate di scrittura, riscrittura, correzioni e revisioni di vario genere. Perché scrivere così provoca sempre modifiche: l’ambiguità è variamente interpretabile.
Mentre se il linguaggio è chiaro tutti sono d’accordo. Inoltre i sottoscrittori dei contratti dimostrano di apprezzare maggiormente le aziende che comunicano con un linguaggio chiaro.
Dal 2017 facciamo parte del network Plain Language Europe e abbiamo offerto formazione a underwriter e legali di banche e assicurazioni. Qualche resistenza c’è ancora ma molti stanno capendo l’importanza della chiarezza, che a lungo termine paga.
Magari!
Una sfida che vinceremo!
Molto interessante e mi auguro che sia attuato al più presto
Il tema è sempre attuale e i suggerimenti di Luisa più che mai validi. Le aziende cominciano a vedere anche un ritorno economico nel presentarsi con maggiore trasparenza e forse questo sarà il motore di un vero cambiamento. Ma non bisogna mollare. Perché c’è sempre un piccolo Azzeccagarbugli pronto a farci fare un passo indietro!