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risali negli anni

15 Luglio 2017

I dizionari, i mari delle parole

Uno dei miei ultimi post era dedicato alla sintassi, un tema cui mi sono dedicata molto negli ultimi anni, forse perché le sue grandi potenzialità espressive sono state per me una scoperta tardiva. Ci lavoro molto soprattutto in fase di editing e revisione, quando il margine di manovra sui contenuti e il lessico non è ampio, mentre anche un piccolo spostamento o ribaltamento tra le frasi di un periodo può fare miracoli di fluidità e di ritmo.

Quando invece comincio un progetto nuovo e ho davanti tante pagine bianche e non solo contenuti da trasmettere, ma anche uno stile, un tono di voce da inventare e affinare, quasi sempre parto dal lessico. Soprattutto per rompere il ghiaccio e prendere confidenza con un tema cui dare forma pressoché dal nulla. Dopo averlo studiato a fondo, aver posto al cliente e a me stessa tutte le domande possibili e ottenuto almeno le risposte fondamentali, mi abbandono alle parole. Con metodo, però.

Un maestro di scrittura che amo molto, Roy Peter Clark, afferma che “quando leggiamo abbiamo un vocabolario vasto come il mare, che quando scriviamo si restringe come una pozzanghera”. È vero e in misura più o meno maggiore vale per tutti. Anche chi per lavoro legge e scrive tutti i giorni spesso sente di essere finito di nuovo nella pozzanghera. A me capita, sia quando conosco poco il tema sia quando lo conosco talmente bene che mi vengono in mente sempre le solite cose che ho ormai immagazzinato nella mente e nella memoria.

Però ho imparato a rituffarmi nel mare lessicale e a sguazzarci dentro prima di tutto con abbandono e con gusto, e poi a prendere il largo senza una meta, con il solo obiettivo di divertirmi e rifare il fiato. I mari lessicali sono i dizionari, quei libroni che internet ha un po’ affossato perché la rete riesce a rispondere dignitosamente ai nostri quesiti linguistici di sopravvivenza. Spesso basta, e lì ci fermiamo.

Lo faccio anch’io, naturalmente, soprattutto se cerco al volo il significato o il contesto di una parola, se devo controllare una grafìa, un accento, la coniugazione di un verbo difficile e raro. I dizionari cartacei li uso invece prevalentemente come fonte di ispirazione e per corroborare il flusso scribacchino che stenta ad avviarsi. Cartacei, perché per me hanno questa funzione augurale e divinatoria, e un oggetto concreto, da tenere tra le mani, la assolve al meglio.

Quali dizionari? Il classico Zingarelli sì, ma soprattutto:

  • il dizionario analogico
  • il dizionario delle collocazioni
  • il dizionario etimologico

Non apro invece praticamente da anni un dizionario dei sinonimi e dei contrari, e sì che ne possiedo ben tre. Primo perché i sinonimi veri non esistono e secondo perché non trovo di alcuna utilità sostituire una parola con una che le assomiglia. Mi interessa piuttosto viaggiare intorno, dentro e nella profondità delle parole. Un viaggio che mi permette di disporre di tantissima materia prima per prendere confidenza con un tema nuovo, o per non cadere nei facili cliché se scrivo su temi già frequentatissimi da me e da altri.

Comincio dalle parole chiave e annoto, rigorosamente a mano, tutte le parole che vi posso associare. Lo faccio senza classificarle, una dopo l’altra, velocemente, su colonne affiancate. Al massimo cambio il colore. Possono essere sostantivi, verbi, aggettivi, raramente avverbi.

Il dizionario analogico associa alla parola quelle più vicine, gli aggettivi, le caratteristiche, i verbi, le persone, i modi di dire, i proverbi, le curiosità. La parola “mare”, per esempio, nel mio dizionario, prende quattro fitte colonne. Scorro, pesco e scrivo quello che mi sembra pertinente, mi piace, mi ispira.

Il dizionario delle collocazioni indica soprattutto aggettivi e verbi che per consuetudine “vanno insieme” a quella parola.  Espressioni riconoscibili, che possono andare da quelle più comuni a quelle più specifiche e raffinate. “Lanciare un appello” è una collocazione perché in italiano non possiamo dire “tirare un appello”, anche se si tratta di due parole corrette, se prese singolarmente. Il dizionario delle collocazioni è utilissimo per notare, e spesso evitare, le espressioni giuste, ma un po’ trite, e a osarne di più audaci perché le liste di aggettivi e verbi sono ricchissime.

La nostra mente non fa altro che associare: scrivere di getto queste lunghissime liste di parole significa alimentarla di buon cibo e farla lavorare con molta più energia. All’inizio va piano, ma è stupefacente come a un certo punto si mette a correre. E allora, accanto alle colonne di parole, comincio a scrivere anche frasi. Frammenti, scintille di associazioni, idee. Sempre a mano, perché la lentezza della mano “incide” meglio le parole nella mente. Così ho la sensazione di “prendere” le parole con le mani e di metterle da parte, come si fa da bambini con le cose che si raccolgono in un bosco o sulla spiaggia. Mi sembrano già “mie”.

Infine, il dizionario etimologico ci racconta la storia di una parola e di come l’hanno usata poeti e scrittori. Lì le associazioni danno vita a immagini mentali a volte strane e un po’ dadaiste, ma utilissime soprattutto quando lavoriamo con parole d’uso molto comune. A volte basta l’associazione con un aggettivo che non ti aspetti a dare la scossa all’attenzione addormentata. E qui i poeti ci fanno da maestri.

Dopo la prima passata, tra le tante parole emerse scelgo quelle che mi hanno colpito e che penso userò nel mio testo. Quindi ricomincio il giro.
Quando ci si ferma? Io mi fermo quando mi va, perché la nuotata nei mari lessicali funziona bene se la facciamo con una certa rilassatezza e con spirito giocoso. A un certo punto decido che è ora di tornare a riva.

Ho scritto questo post dopo una mattinata sui dizionari e due ore intense e veloci di scrittura in cui il testo ha preso forma. Non il testo definitivo, ma un testo con buon ritmo e buone idee, non così scontate come il tema mi faceva paventare. Un testo su cui lavorare ancora, ma con fiducia.

Disporre di tante parole correlate a un tema di base ci permette mille combinazioni per creare testi ricchi vari, pieni di ritmo, senza vuote frasi fatte che fanno “volume” ma nulla aggiungono al significato né all’immaginazione.  Non solo: tra le parole “sorelle” e “cugine”  è molto più facile inserire in modo naturale, fluido e credibile le parole che dobbiamo alla SEO.

Io penso sempre alla scrittura come a un lavoro di altissimo artigianato, fatto di tante continue scelte di dettaglio. Come gli intarsi di pietre dure, la sintassi è il disegno, le parole le sfumature di colore, la revisione l’attenta e delicata lucidatura. Una superficie fatta di vibrazioni e profondità, ma liscia e brillante come uno specchio.

13 risposte a “I dizionari, i mari delle parole”

  1. Grazie Luisa per l’ennesimo post che ci regala un’analisi semplice e chiara dei nostri processi mentali. Testimonianze come questa aiutano a capire che affiancare una parola all’altra, un concetto a un altro è un’attività da fare con cura. Soprattutto se le parole non sono gettate al vento, ma servono a comunicare con il lettore.
    Brava!

  2. “Io penso sempre alla scrittura come a un lavoro di altissimo artigianato, fatto di tante continue scelte di dettaglio. Come gli intarsi di pietre dure, la sintassi è il disegno, le parole le sfumature di colore, la revisione l’attenta e delicata lucidatura. Una superficie fatta di vibrazioni e profondità, ma liscia e brillante come uno specchio”.

    Ho sempre pensato che scrivere è un lavoro di “lima” continua e condivido la tua conclusione. Ciao *_*

  3. I lessicografi trovano spesso inutile il dizionario dei sinonimi e contrari, invece io l’ho sempre a portata di mano. Il sinonimo ha la caratteristica di esprimere più o meno lo stesso significato, è vero, ma con differenti sfumature stilistiche ed espressive. Spesso mi viene in mente una parola e grazie a questo strumento ne trovò un’altra simile più adeguata al contesto, e anche al destinatario. Ma vale anche con i contrari: mi manca il termine che vorrei usare e lo recupero tramite il suo opposto che invece mi viene facilmente in mente.
    All’opposto mi pare che un dizionario delle collocazioni possa servire solo a uno straniero che abbia una conoscenza bassa delle frasi idiomatiche dell’italiano.
    Infine è bello avere a disposizione un mare di parole, ma per fortuna non dobbiamo produrre mari di parole, ma tante piccole pozzanghere, se vogliamo essere compresi.

  4. la mente è costituita da meccanismi perfetti nel vero senso della parola, anche io spesso uso la parola mare, navigare in un mare sempre in tempesta, un mare di parole, fiumi di parole ed anche la parola oceano…
    prendere il largo senza una meta non solo per scrivere

    saluti e complimenti

  5. Sì, la scrittura è un intarsio; come tutta la comunicazione. Adesso condivido il tuo articolo su Linkedin, con un commento. Buona giornata, Luisa!

  6. Grazie Luisa, non conoscevo il dizionario delle collocazioni, ma dalla tua presentazione mi sembra molto interessante, anche per il mio lavoro di ricerca di nomi
    Linda

  7. Secondo me i sinonimi sono una valida risorsa per non ripetere a poca distanza una parola gia’ scritta, rendendo il testo piu’ scorrevole; ovviamente vanno usati con la consapevolezza delle diverse sfumature di significato. Non me ne intendo, ma penso che siano utili anche per la SEO. Aggiungo che li si possono trovare – come pure brevi perifrasi con cui sostituire efficacemente termini appena impiegati – anche nelle spiegazioni dei lemmi nei normali dizionari monolingue.

  8. Nell’approccio scientifico, riesce sempre a trasformare in poesia le conclusioni, ancorché scritte in prosa. Sarà per quel ritmo che cerca così intensamente. Posso chiedere se dei vocabolari (mi piace più questo termine, perché mi evoca un grosso raccoglitore di parole) che indica come strumenti preziosi suggerisce anche un’edizione particolare, di determinati autori? Grazie sempre.

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