Martedì ho fatto il mio quinto Digital Update. Sette ore intensive in cui incontro – e si incontrano – per la prima volta quindici persone diverse per esperienze, aspirazioni, obiettivi, età. Era la cosa che mi faceva più paura quando Alessandra Farabegoli mi ha proposto di far parte del DU (ormai lo chiamo così). Io sono abituata a lavorare dentro le aziende, su problemi precisi, con un gruppo di persone che condividono cultura e linguaggio, su testi che ho modo di analizzare prima e in modo profondo. Sono una gran preparatrice e, una volta in aula, so su quale strada porterò le persone e dove arriveremo.
Il Digital Update è tutta un’altra cosa e quelle incognite, che prima mi spaventavano, oggi le aspetto con spirito curioso e le vivo in una totale immersione nel presente: preparo tanti piccoli esercizi che coinvolgono tutti e insieme facciamo “l’editing collettivo”. Una sorpresa per tutti, perché nessuno di noi sa cosa scriveranno gli altri.
Dopo diverse edizioni c’è quella rilassatezza vigile che mi fa godere tutto questo, ma comincio anche a capire quali sono le scoperte che più sorprendono le persone. Due di loro – grazie belle signore Ada Ascari e Anna Busa! – lo hanno messo nero su bianco in due post e le ringrazio perché mi hanno dato la chiave per le riflessioni di questo post.
Taglia, metti, sposta: una sorpresa dopo l’altra
La vera sorpresa è capire come anche testi semplicissimi possono “suonare” in modo completamente diverso e avere diverse “voci” a seconda delle scelte di struttura e di sintassi. Cioè in quale ordine mettiamo informazioni e parole, e come le separiamo o le uniamo attraverso la punteggiatura. E cosa svela, nasconde o sottolinea quell’ordine.
Eppure non abbiamo analizzato opere letterarie, ma testi digitali assolutamente contemporanei: blog post, newsletter, siti web con tutto il loro corredo di microcopy, più i testi che ognuno scriveva da solo o in gruppo.
Per piacere anche ai motori, il web ci ha abituato a fare attenzione soprattutto alle parole, che è una cosa sacrosanta. Ma non può finire lì. Perché è dopo essere stati trovati che la lettura comincia ed è il testo con una voce – verbale e visiva – che ha più chance di riuscire ad accompagnare chi legge fino alla fine. Qui entrano in gioco la sintassi e la retorica, con la loro capacità di coinvolgere e produrre effetti profondi nella mente, la memoria e il cuore.
Se vai oltre la sintassi “corretta” (quella dei temi scolastici) e cominci a sperimentare, ti accorgi, per esempio, che con una frase brevissima puoi far fermare il lettore a riflettere. O che con una lunga lo puoi avvolgere, tenerlo sospeso, magari volare e farlo atterrare esattamente dove vuoi tu. Oppure che l’effetto espressivo – rassicurante, drammatico, spiazzante – non è affidato alle sole parole, ma anche al modo di disporle, persino in un tweet.
Ogni frase è un palcoscenico
La comunicazione digitale è molto più multiforme e complicata di quella tradizionale lineare: gli attrezzi linguistici ci servono tutti, anche i più raffinati messi a punto nell’antichità come le figure retoriche.
“Hai davanti un panorama immenso, perché la lingua comprende, potenzialmente, tutto ciò che l’individuo può vedere e capire nell’Universo intero e tutto ciò che può anche volere.”
Lo scrive Francesco Sabatini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca, in apertura del suo bellissimo libro Lezione d’italiano. Avrei voluto parlarne prima, ma è talmente ricco che non sapevo da dove prenderlo. Sappiate però che è nell’Olimpo dei miei libri “decisivi” e che lo consiglio a tutti, perché racconta quanto il linguaggio – che nasce nel cervello ma coinvolge tutto il corpo – ci rende pienamente esseri umani. In modo semplice e fascinoso, e con un’attenzione speciale alle scoperte più recenti dei neuroscienziati (c’è anche la mia amatissima Maryanne Wolf!).
Se lo segnalo qui è perché dobbiamo a Sabatini l’aver introdotto in Italia la grammatica valenziale, cui dedica uno dei capitoli centrali del libro. Per me che non ricordo niente delle decine di complementi e che all’esame di grammatica italiana sarei sonoramente bocciata, la scoperta di questa grammatica più semplice, che richiede un’analisi del testo davvero “logica” e funzionale, è stata una scoperta consolante. Il suo ideatore, il belga Lucien Tesnière, la spiega con questa immagine: ogni frase è un “dramma in miniatura”, in cui il verbo è il canovaccio dell’azione teatrale, il soggetto e gli altri elementi chiamati dal verbo sono gli attori, gli altri elementi le comparse e la scenografia.
La grammatica valenziale non chiede di imparare a memoria mille nomi ma di ragionare sul ruolo che ogni elemento della frase ha sul palcoscenico, rappresentato attraverso cerchi concentrici, dal nucleo alla periferia. Al centro non c’è il soggetto, ma il verbo (“dinamico”, “irrequieto” lo definisce Sabatini) insieme agli attori necessari perché il dramma si compia: a noi disporre gli altri elementi. L’ordine lineare della frase si rompe a favore di quello strutturale e gerarchico. “Vederlo” nelle sue connessioni ci aiuta a scrivere in modo più consapevole e attento, a vedere palcoscenici e drammi in miniatura nei testi degli altri, a creare per i nostri lettori e clienti testi dinamici e coinvolgenti.

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Cara Luisa, ho solo espresso quello che ho sentito, la direttrice d’orchestra sei stata tu.
sono affascinato da tanto sapere.
alcune volte,mi capita di seguire la trasmissione di rai uno, la Domenica mattina, dove l’ ill.mo
prof. Francesco Sabatini sottolinea errori linguistici, che comprendo,ma non riesco comunque a scrivere,non dico perfettamente,ma frasi e concetti semplici grammaticalmente corretti. Il problema è che non ricordo più le regole per una corretta scrittura,vorrei un consiglio quali strumenti, semplici, funzionali utilizzare, per colmare o almeno raddrizzare la mia ignoranza.
La grammatica valenziale mi può aiutare o devo volare più basso-
Ringrazio per la risposta e mi scuso degli errori e incongruenze che troverà.
ottimo brava mi consigli letture adeguate iin risposta
Bruno, direi senz’altro il libro di Sabatini “Lezione d’italiano”. E’ bellissimo, divulgativo, proprio per tutti. Godibilissimo.