Desideravo tanto visitare il Museo Egizio di Torino nel nuovo allestimento e domenica mattina alle 9 ero pronta in fila all’ingresso. Ne sono uscita alle 14.30 dominata da sentimenti molto contrastanti. Da una parte la bellezza di quello che avevo visto, infinitamente superiore alle mie aspettative: gli oggetti si ammirano a distanza ravvicinata e da tutte le parti, come i tessuti di lino finissimi e perfetti di 5.000 anni fa che sono forse quello che più mi ha emozionata. Dall’altra il dispiacere per il povero trattamento delle parole, fondamentali in un museo dedicato a una civiltà così lontana nel tempo e così misteriosa.
Le parole al Museo Egizio ci sono, e tante, direi troppe: nei cartellini in italiano e in inglese, nei pannelli sulle vetrine, nei pannelli di ogni sala, nell’audioguida che ciascuno riceve insieme al biglietto. Ma dietro sembra non esserci strategia, né cura del tono di voce, né della leggibilità, tanto che almeno la metà delle scritte non si leggono o si leggono con estrema fatica. Quelle che si ascoltano non sono scritte per l’ascolto. In un museo così grande e impegnativo, è una fatica che stronca.
E io per l’ennesima volta mi domando perché.
Perché scrivere lunghi blocchi di testi in bianco su vetrine trasparenti, perché in corpo così piccolo, perché troppo in alto o troppo in basso?
Perché periodi lunghissimi, pieni di incisi per farci stare dentro tutto?
Perché così tante parole che le persone non conoscono: mastaba in mattoni crudi, faiance, sovrastruttura della tomba, rastremato verso l’alto, pertinente all’antico regno, anepigrafo, nomarca, sarcofago antropoide, scritta in ieratico, rarissimamente con una spiegazione?
Perché partire da lontano anziché da quello che le persone hanno sotto gli occhi in quel momento?
Perché nessuna discriminante tra quello che si legge e quello che si sente nell’audioguida (quante informazioni ridondanti, ripetute o mancanti!)?
Perché le lunghe interviste in lingua originale agli egittologi (interessantissime!) con i sottotitoli in italiano da leggere su uno schermo piccolissimo costringendo a tenere gli occhi lì anziché sulle opere?
Perché le mappe di oggetti con tanti numerelli e complicate legende con cui fare la spola?
Perché dire nell’audioguida che si tratta della tomba n°3… a noi importa così tanto?
Perché così tanto testo discorsivo e così poca grafica, pochi schemi (ad altezze impossibili), pochi schermi a mostrare particolari o a raccontare per immagini?
Perché cartellini minuscoli per opere che si possono cogliere solo a una certa distanza? Non si può fare avanti e indietro in un museo affollatissimo.
Anche un museo straordinario come l’Egizio, che contiene opere straordinarie, ha bisogno di parole. Se non straordinarie, almeno chiare, leggere, pensate, rispettose del visitatore, di quello che sa o non sa ancora, dei suoi tempi. Forse a una come me queste cose saltano all’occhio in modo particolare. Altri si sentiranno solo molto stanchi dopo un paio d’ore senza capire bene perché e si accontenteranno di portarsi via un sacco di foto.
Le opere del Museo Egizio sono talmente affascinanti e parlanti, anche nel loro mistero, da emozionarti comunque, ma meritano un contesto più forte, una storia, un’idea, non solo un moderno e funzionale contenitore.
PS Riuscitissimo, invece, l’allestimento della mostra temporanea (fino al 30 settembre) dedicata alla Missione Italiana in Egitto. Foto d’epoca, filmati, tac delle mummie, tutto l’armamentario degli archeologi (dalle monumentali macchine fotografiche ai lettini da campo), i loro diari di scavo, le lettere ai familiari, le modalità di trasporto dai siti a Torino, il racconto del lavoro delle maestranze locali… entusiasmante!
Concordo appieno. Non ho ancora visitato il nuovo allestimento del Museo egizio, ma credevo che con tale dispendio di risorse l’aspetto fondamentale della comunicazione sarebbe stato uno degli elementi più curati. Mi delude apprendere che, come troppo spesso accade ancora, sia evidentemente stato considerato l’ultima ruota del carro. Che differenza rispetto alla mostra ferrarese sull’immaginario di Ariosto, di cui avevo letto qui una recensione entusiastica, ma che purtroppo non ho fatto in tempo a visitare! Speriamo che quell’approccio faccia scuola…
Un museo nuovo che ha curato moltissimo la comunicazione, tanto che che si esce dopo tre ore leggeri leggeri, è il nuovo Museo dell’Opera del Duomo di Firenze. Non tante parole, ma un percorso studiatissimo e tanti schermi per approfondire e guardare i particolari.
Sono d’accordo. Il Museo dell’Opera del Duomo di Firenze mi pare uno dei pochi in Italia che possono definirsi moderni quanto ad allestimento e sistema di comunicazione. Meno frequentato di quanto meriterebbe, peraltro.
Verissimo. Completamente d’accordo
Il museo dell’Opera del Duomo, in confronto agli Uffizi, sembra non appartenga neanche alla stessa città. L’anno scorso li ho visitati entrambi e devo dire che mi hanno stupito tutti e due per motivi opposti: il primo per la pulizia e la modernità delle scelte, il secondo per l’orrore dell’audioguida e la completa inesistenza di un pensiero di comunicazione. Purtroppo in Italia sono pochi gli esempi virtuosi. Una bella scoperta per me è stato il Santa Giulia, a Brescia. Lo consiglio a chi non l’avesse ancora visto: una macchina del tempo che ti porta dai primi insediamenti preistorici al 1500, una chicca come percorso e come allestimento.
Pienamente d’accordo anche su Santa Giulia.
le parole, i toni di voce, i grafici e una disposizione intelligente fa la differenza in ogni ambiente
Al MUDEC di Milano i materiali esposti sono interessanti, ma i testi sono in grigio su grigio (o su nero), i numeri che rimandano dall’oggetto alla descrizione sono difficilmente visibili, nella prima sala la necessità di un continuo confronto tra manufatti o reperti naturali nelle vetrine / relative silhouette e didascalie sulla parete è davvero disagevole.
AH! Ho visitato il Museo Egizio di Torino più di 6 anni fa, ma ero già lettore di questo blog, e avevo tratto le stesse conclusioni: esposizioni meravigliose, organizzate in un vero e proprio percorso a ostacoli di testi lunghi, slegati, difficili.
Cercherò di rilanciare il più possibile questo articolo, sperando che finisca sotto gli occhi di chi potrà fare qualcosa per aiutare quella che ai miei occhi è stata una delle Meraviglie d’Italia.
è così!
ci siamo stati una decina di giorni, fa con molte attese.
e ne abbiamo ricavato la stessa impressione
Avete fatto presente questa problematica? Io per esempio ho trovato molto carina l’audio guida per bambini e per le famiglie ma ho fatto presente che il negozio è in una posizione infelice moolto infelice
Condivido appieno la frustrazione. Io abito a pochi minuti dalle Ville della Petraia e di Castello di Firenze, due Ville Medicee entrate da pochi anni nel Patrimonio dell’Umanità Unesco. Due miracoli di bellezza, con un’atmosfera che già da sola ti va volare con la fantasia. L’accesso è gratuito, ma chi ti guida all’interno non snocciola un aneddoto o una parola e non parla inglese, e i cartellini sono praticamente assenti, non c’è uno straccio di brochure o di spiegazione, né per gli Italiani né per gli stranieri. Davvero vergognoso trattare così un bene culturale di tale valore.
Mi farebbe molto piacere avere un vostro commento anche sul rinnovato Museo di Roma che ha aperto il 28 marzo scorso con un nuovo allestimento del piano secondo e terzo.
La cura sulle parole e sul racconto della città in maniera semplice, ma approfondita, è stata massima.
Segnalo un articolo su questo argomento: http://libreriamo.it/beni-culturali/palazzo-braschi-rivive-e-i-visitatori-al-centro-del-museo/ .
Grazie!
Grazie: appena posso, ci vado senz’altro.
Luisa
Grazie Luisa, fammi sapere!
Sarà una fissa delle Sovraintendeza delle Belle Arti (o emanazioni varie MIBAC).
In un progetto che stava seguendo mia moglie chiedevano esattamente le stesse ‘grafiche’ per un museo… ALL’ APERTO !!!!
🙁
Non ho visitato il Museo Egizio di Torino rinnovato, lo ricordo quando era il vecchio museo con centinaia di reperti.
Ho visitato il Museo Egizio (Ägyptisches Museum) di Berlino che raccoglie capolavori delle diverse epoche dell’antica civiltà egizia: emozionante e mi è parso ben organizzato.
I musei e le mostre d’arte soffrono di un VIZIO che Luisa descrive dettagliatamente: non pensano davvero al visitatore.
Non si misurano con l’EMOZIONE che, credo valga per tutti, è il primo “sentire” difronte a un’opera d’arte. L’emozione ti inchioda a bocca aperta per 20 minuti difronte a GIUDITTA E OLOFERNE di Michelangelo Merisi. Ti perdi nel volto di Giuditta che incrocia gli occhi con quelli di Oloferne in fin di vita, nel viso della vecchia governante, nel rosso delle tende, nella luce che attraversa i loro sguardi. E questo accade anche perché davanti all’opera, posta ad altezza di sguardo, c’è un divannetto sul quale accomodarti.
In Italia abbiamo musei pubblici e privati che “funzionano” per la triade emozione/informazione/organizzazione e altri che fanno acqua.
Un esempio positivo mi è parso (mi piacerebbe un tuo punto di vista, Luisa) è Palazzo Barberini che raccoglie più di 1400 opere.
Per tornare alle parole scritte e parlate è piu facile, ahi noi, segnalare esempi in negativo.
Due a caso:
– Nella mostra “Costruire il novecento” (90 opere della Collezione Giovanardi) – Palazzo Fava di Bologna – ad esempio, la denominazione delle opere era posta in verticale a destra di un insieme di opere e non sotto/a fianco di OGNI quadro, cosicché la confusione è sovrana. Anche il simbolo che rimanda all’audio-guida è mal posto.
– Nella Galleria Doria Pamphilj a Roma la confusione e l’ammucchiata di opere regnano alla grande. L’audio-guida, con voce narrante del principe, è stata registrata 20 anni fa e non più aggiornata, così trovi errori grossolani *_*
Ciao Fiorella,
il caso del Museo Egizio colpisce perché si tratta di un allestimento nuovo, mentre la Galleria Doria Pamphilj è una galleria privata che riflette la disposizione seicentesca delle opere. Non vado a Palazzo Barberini da qualche anno, ma ricordo che il nuovo allestimento mi piacque molto.
La mostra dedicata a Boldini al Vittoriano ha per esempio un’ottima audioguida. Semplice, ma di grande chiarezza.
Luisa
Ciao, Luisa.
Sicuramente andrò a Torino per rivederlo. Ci mancò dall’adolescenza.
La Galleria Doria Pamphilj certo è privata e di vecchio stampo, ma il visitatore paga e l’audioguida potrebbe essere aggiornata
Fiorella *_*
Ho appena visitato anch’io il nuovo allestimento del Museo Egizio e ho sofferto della stessa sindrome durante tutta la visita: non credevo ai miei occhi! Didascalie minute bianche su trasparente…e via dicendo. Idem su audioguide inutili e malfunzionanti. Mi sono sentita presa in giro , mortificata. Ho smesso di leggere e ho rifatto il giro lasciando parlare gli oggetti. Ho cercato un punto di raccolta dei pareri dei visitatori, ma non l’ho trovato : forse ero sfinita e non l’ho visto. Di solito io scrivo il mio commento. E comunque , forte del parere competente di Luisa e degli altri commentatori, troverò il modo di farlo arrivare alla direzione. Un dovere. Ho visitato anche la GAM di Torino : molto ben curata, allestita, comunicata anche nella nuova direzione. Ps: concordo anche con i pareri entusiasti sulla mostra su Ariosto di Ferrara. E aggiungerei lo stesso entusiasmo per quella su David Bowie a Bologna.
Bianca,
grazie, prendo nota della GAM di Torino, che vo visitato parecchi anni fa.
Sì, penso che come cittadini e visitatori dei musei il nostro parere dobbiamo darlo. Quando ne usciamo contenti e quando no.
Luisa
“Meritano un contesto più forte, una storia”.
Sono un conservatore dei beni culturali e uno storyteller dei luoghi.
Hai centrato in pieno il problema, cara Luisa. È proprio questo. In questo allestimento hanno fallito in preda alla fretta, secondo me, in preda alla commercializzazione. Hanno commesso l’errore grave che ormnai da tempo subito l’arte e la cultura: mettere in vetrina senza raccontare.
L’arte è fatta per le persone. Di conseguenza, tutto lo sforzo che necessita per essere parte dell’identità di un popolo è quello di raccontarla a misura di persone. Quanti dettagli spesso tralasciati in un museo, a partire proprio dalle didascalie, ai font, all’architettura dei testi.
Servono storie e strategie umane.
Grazie per questa tua riflessione!