Sono andata all’edicola di buon’ora, stamattina, molto curiosa di Robinson, il nuovo inserto culturale di Repubblica. Curiosa soprattutto perché ho una stima sconfinata, come giornalista e come persona, del direttore Mario Calabresi e poi volevo vedere se e come avesse mantenuto la promessa fatta ai lettori nella sua prima riunione di redazione: non fare un giornale monumentale e quindi illegibile, non inseguire tutto a tutti i costi, avere il coraggio e prendersi la responsabilità di scegliere.
Ho provato una strana sensazione quando ho avuto il giornale in mano – e non solo perché non sono ormai più abituata al giornale di carta. Avevo davanti qualcosa di molto semplice, semplicissimo, eppure di molto diverso dagli inserti “culturali” cui sono abituata. Qualcosa di molto vicino al web, ma non nel senso della frammentazione, del trionfo di boxini e infografiche.
Ho cominciato a leggere e dopo un po’ ho messo a fuoco alcune cose:
- c’è tanto spazio bianco, ma tanto, e questo fa molto schermo e poco carta
- ampi soprattutto i margini laterali, che danno una sensazione di ariosità, di agio e riposo
- gli articoli principali hanno il corpo del carattere più grande di quanto ci si aspetti in un giornale, e questo li rende molto leggibili
- non so quali siano le font usate, ma c’è un grande equilibrio tra quelle con le grazie in cui sono scritti titoli e testo degli articoli discorsivi e quelle senza grazie dei titoli delle rubrichette
- le immagini sono belle, bellissime, capaci di arrivare davvero a tutti, come nella splendida pagina centrale, che ci mette alle spalle della poetessa.
Fin qui il primo impatto visivo, che mi ha dato un senso di familiarità e di facile leggibilità. Ho letto tutto in un’oretta, piacevolmente, senza quella sensazione di dover mettere l’inserto da parte per la lettura da scaglionare durante la settimana.
Gli articoli principali hanno un taglio diverso sia dalla precedente Domenica di Repubblica, sia dal classico inserto culturale di un quotidiano. Un taglio che accomuna tutti i pezzi – di autori decisamente diversi quali Baricco, Bartezzaghi, Saviano, Mazzucco – e che mi è parso molto ispirato allo stile piano, discreto, di racconto che è proprio di Calabresi. Nessuno fa sfoggio di supercultura, non c’è “critichese”, né si danno troppe cose per scontate quando si presenta un autore, anzi. Vi ho letto un grande rispetto per il lettore, che non è tenuto a sapere tutto; questo mi ha ricordato un tweet memorabile dei copyeditor dell’Economist: “Scrivi come se stessi parlando a un amico, curioso e intelligente. Non fare il borioso”. Nemmeno Saviano e Baricco fanno i boriosi, il primo parlando della poesia ai tempi di internet, il secondo della fascinazione di una mappa medievale conservata in una chiesa tra l’Inghilterra e il Galles.
La “storia” più lunga, quella centrale dedicata a Wisława Szymborska, ci porta a Cracovia e ci fa conoscere il lato più passionale della poetessa, tra cimiteri, minuscoli appartamenti, cartoline in cui si intrecciano versi, quotidianità e parole d’amore. Bellissima, anche se il “cambio di voce” l’ho sentito soprattutto nel ritratto di Albertine Sarrazin, scrittrice geniale e sfortunata che non conoscevo: la semplicità, la precisione e l’empatia del racconto li ho sentiti davvero “amicali”, senza traccia di spocchia intellettuale da terza pagina.
Il lavoro giornalistico di selezione, curation e tono di voce mi è sembrato accuratissimo e la promessa del direttore mantenuta. Posso solo augurare a Robinson di continuare così.
Ho letto con grande interesse….leggerò con altrettanto interesse l’informazione semplice..perché di parole semplici abbiam bisogno oltre che di notizie che dicano io vero. Grazie
Ho comperato anch’io l’inserto, per curiosità e per stima nei confronti di Mario Calabresi. Ho apprezzato molto l’impostazione grafica, davvero molto bella, più da rivista che da inserto. L’ho letto tutto con interesse, una lettura scorrevole che mi ha lasciato molti spunti di riflessione e un senso di piacere diffuso (come non mi è capitato con Origami, ad esempio). Buona giornata! 🙂
Grazie Luisa!
Grazie, lettura molto interessante. (Scusa se mi permetto, potresti correggere il refuso di un’amico con l’apostrofo?)
Fai bene a permetterti 🙂 in realtà l’ho corretto subito, ma il refuso se ne è andato un po’ in giro… una lezione anche questa.
Luisa
😊
Cara Luisa,
dal felice giorno in cui ho iniziato a seguirti e a fare tesoro dei tuoi consigli, ho apprezzato un nuovo modo di leggere la scrittura, più completo, pieno e a cui si arriva solo con un matrimonio indovinato tra forma e contenuto.
Mi hai fatto notare che le parole, e soprattutto la veste grafica che indossano, costutuiscono tutte insieme una immagine, che arriva agli occhi prima che alla mente.
Grazie ancora, Luisa
semplicitià precisione empatia
parole semplici
Grazie a tutti. Non pensavo che un piccolo post domenicale avrebbe avuto tanti lettori. Aspettiamo il prossimo Robinson 🙂
Luisa
[…] post di Luisa Carrada, musa della mia tesi e della mia “scrittura”, in cui ci parla del nuovo inserto […]