Riemergo dalla lettura del libro Architettura della Comunicazione (versione cartacea qui) di Federico Badaloni con la sensazione di galleggiare in uno spazio e in un tempo infiniti e con un grande senso di inadeguatezza e insoddisfazione nei confronti dei tantissimi contenuti che ho orgogliosamente scritto e accumulato sul sito e sul blog. Ne sono un po’ meno fiera e una domanda mi assilla: sono trasportabili, condivisibili, riutilizzabili, interoperabili, adattabili? La risposta è: mi sa di no. Faccio fatica persino a trovarli, alcuni li ho scritti due volte perché me ne ero dimenticata. Solo negli ultimi tempi faccio il lavoro di connettere ogni nuovo post con tutti quelli che possono essere utili e interessanti sullo stesso argomento.
Metto tutta l’attenzione nella scrittura e poi, sì certo, rilancio il post su Twitter, Facebook e Linkedin, ma sono ben lontana dal ritratto della redattrice consapevole e contemporanea tratteggiato da Federico Badaloni: la produzione di un sia pur ottimo contenuto è solo la metà dell’opera; l’altra metà è strutturarlo con le informazioni sulle informazioni, cioè dotarlo di un buon paio di ali perché possa prendere il volo:
In una rete aperta e interoperabile, il messaggio, grazie alla propria struttura, è dotato di ali, non ha più bisogno di altri mezzi per volare.
Le ali, costituite dalla trama sottile delle meta informazioni, consentono all’informazione di attraversare i canali, i contesti e gli spazi rimanendo fedele a se stessa. Anche in diversi tempi e momenti. Solo una buona meta informazione ci potrà aiutare a capire il senso, il contesto di un’informazione, persino ad anni di distanza. È questa la rivoluzione digitale. È il collassare del medium sul messaggio che fa esplodere i processi di produzione, i business, i rapporti di forza fra gruppi sociali che si erano costituiti nel mondo precedente. Il valore è il significato che perdura nel tempo.
Adoro i libri che mi mettono in crisi, che mi spostano il punto di vista o che mi fanno vedere il paesaggio consueto attraverso un paio di lenti nuove. Architettura della Comunicazione è uno di questi.
Federico Badaloni, oltre a essere uno dei maggiori esperti italiani di architettura dell’informazione, è un giornalista che nel Gruppo Espresso ha vissuto in prima persona il passaggio dal mondo lineare della Parentesi Gutenberg al mondo senza confini e potenzialmente infinito della rete:
La frattura radicale tra il mondo prima e dopo la rete sta nel passaggio tra un sistema di comunicazione che faceva perno su tempo e spazi limitati a un sistema che si basa sulla disponibilità illimitata di spazio e su una forma di tempo sospeso, che assume le sembianze di un eterno presente.
Sa perciò spiegare molto bene la portata della rivoluzione che stiamo vivendo sia attraverso esempi molto semplici, sia attraverso i “contesti” in cui siamo abituati a cogliere e connettere le informazioni.
Uno è il giornale cartaceo, un ambiente dalla logica completamente lineare, in cui la rilevanza delle informazioni è data dalla loro collocazione all’interno di un’architettura fissa e definita: dalla prima all’ultima pagina, dall’articolo principale all’ultimo trafiletto. L’altro è meno scontato, ma efficacissimo: il rilievo del portale centrale della cattedrale di Notre Dame a Parigi, il cui significato si coglie solo allargando la visuale attraverso una serie di cerchi concentrici, dal singolo rilievo al portale, dal portale alla faccciata, all’intera architettura. Il fedele medievale non sfogliava e leggeva la Bibbia, percorreva un luogo.
Oggi per i nostri contenuti non ci sono percorsi prestabiliti, né concentrici, né lineari. Se un contenuto è connesso, è sempre raggiungibile e può apparire contemporaneamente in luoghi diversi, a persone diverse, in tempi diversi. E il contesto può avere mille variabili e mille sfaccettature:
Il concetto di contesto è da intendersi in maniera estesa: il dispositivo con il quale accedo alle informazioni, la velocità della mia connessione, il clima, il mio particolare umore o le mie aspettative.
Le mie aspettative, appunto, il mio bisogno. Bisogni sempre più ampi, che vanno oltre il comprendere e il fare, ma che “si estendono al condividere, al sentirsi apprezzati, al risparmiare tempo: è una gamma di bisogni che deriva dal nostro essere animali sociali e dalle esigenze imposte dal vivere quotidiano”.
Il valore dei contenuti non è quindi in sé, ma nella connessione che ne fanno le persone. Non contenuti, ma relazioni e quindi esperienze. Non prodotti, ma ambienti. Ambienti la cui struttura e architettura manifesti direttamente il suo senso, il suo funzionamento.
Creare e pubblicare sì, ma poi strutturare, taggare, linkare, predisporre il contenuto a vivere la sua vita, lunghissima e imprevedibile:
Pubblicare un contenuto online significa renderlo linkabile e disporre di un piccolo capitale di fiducia: dal punto di vista di chi naviga, l’esistenza di un link rappresenta il nuovo percorso possibile, una nuova relazione, una nuova conoscenza disponibile. Un link è un dono.
Un’informazione pubblicata in rete può occupare uno spazio largo o lungo a piacere, e resta disponibile teoricamente per sempre. Questo significa che ogni informazione può essere costantemente riutilizzata per spiegare una nuova informazione, può essere inserita all’interno di nuove relazioni significative.
Più vive, si connette e si muove, più un contenuto acquista valore perché porta con sé le tracce dei bisogni, dei desideri, degli appagamenti e persino dei morsi delle persone che ha incontrato, per dirla con il New Clues Manifesto.
Creare contenuti, prodotti e ambienti che abbiano un senso per le persone, che sappiano attraversare i device e il tempo per incontrare i loro bisogni e le loro aspettative, è il compito dell’architettura dell’informazione.
Gli ultimi capitoli del libro sono dedicati alla progettazione funzionale: la funzione, cioè la risposta alla domanda delle persone, è l’elemento costante, il ponte migliore tra tutti i ponti possibili. Federico Badaloni illustra il metodo, non le technicality: ricerca sui bisogni delle persone, schema delle relazioni funzionali, mappe funzionali, wireframe, per approdare solo alla fine alla home page, esattamente come facciamo noi oggi.
Quindi non spaventatevi pensando sia un libro tecnico. Non parla di tecnologie, parla di noi umani e della rivoluzione che abbiamo la fortuna di vivere.
Una bella intervista a Federico Badaloni è su Kloe: La cultura non sta dietro alla tecnologia perché le sta davanti.
L’ha ribloggato su Luca Zacchi, energia in relazionee ha commentato:
L’architettura delle comunicazioni oggi, apre nuove possibilità.
L’autore del libro sa spiegare molto bene, scrive Luisa Carrada, la portata della rivoluzione che stiamo vivendo sia attraverso esempi molto semplici, sia attraverso i “contesti” in cui siamo abituati a cogliere e connettere le informazioni.
Uno è il giornale cartaceo, un ambiente dalla logica completamente lineare, in cui la rilevanza delle informazioni è data dalla loro collocazione all’interno di un’architettura fissa e definita: dalla prima all’ultima pagina, dall’articolo principale all’ultimo trafiletto.
L’altro è meno scontato, ma efficacissimo: il rilievo del portale centrale della cattedrale di Notre Dame a Parigi, il cui significato si coglie solo allargando la visuale attraverso una serie di cerchi concentrici, dal singolo rilievo al portale, dal portale alla faccciata, all’intera architettura. Il fedele medievale non sfogliava e leggeva la Bibbia, percorreva un luogo.
Ottimo post Luisa: eccellente, umanissimo. Buona settimana M
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