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risali negli anni

11 Aprile 2016

L’eloquentissimo potere del non detto

Leggere è un andare, dicevamo solo un post fa. Se leggiamo una storia, ci spinge la curiosità per quanto sta per avvenire, se cerchiamo una risposta o un’informazione, non ci fermiamo finché non la troviamo. Ostacoli, frenate, disorientamenti non ci piacciono in ogni caso. Come ho già scritto in questo blog, bisognerebbe tornare indietro solo per riassaporare una parola, una frase o un paragrafo che ci sono piaciuti moltissimo.
A volte è l’ambiguità a farci perdere:

Un problema particolare legato all’ambiguità riguarda il fatto che spesso siamo portati ad anticipare la struttura delle frasi e, quando la frase si sviluppa in modo per noi imprevisto, siamo costretti a tornare indietro e rileggerla. A questo proposito i linguisti parlano di frasi “garden path”. Per intenderci, il nostro cervello è veloce, si butta a capofitto in una direzione e di solito coglie l’interpretazione corretta. Ma se ci imbattiamo in elementi che ci fanno capire che l’interpretazione in corso non è corretta, siamo costretti a fare marcia indietro e ripercorrere il cammino fino alla biforcazione del sentiero che ci aveva fuorviato, in modo tale da prendere così l’altra strada.

Questa tersa definizione dei “sentieri nel giardino” è in un bel libretto italiano che ho letto e molto annotato negli ultimi giorni: Come non detto. Usi e abusi dei sottintesi di Filippo Domaneschi e Carlo Penco, pubblicato da Laterza.

L’espressione garden path mi aveva già colpito in The Sense of Style di Steven Pinker, ma i due autori italiani hanno allargato il mio campo delle metafore giardiniere. I cespugli sono le espressioni che mitigano il contenuto di quanto esprimiamo. Per esempio quelle di vaghezza: una sorta di, più o meno, circa, un certo. Le siepi ci permettono invece di prendere le distanze da un’affermazione troppo netta:

C’è la porta di casa aperta. Saranno stati i ladri.
Ti chiederei di abbassare la voce.
Se ti va / se hai voglia, potresti scendere la comprare il latte.

Cespugli e siepi sono strategie di mitigazione, che mettiamo in atto per attenuare i rischi della relazione e ottenere distanza e deresponsabilizzazione.

Ho abbordato Come non detto stimolata dall’ottima recensione di Giovanna Cosenza. Ho fatto bene, perché il libro ha permesso a una praticona come me di dare nomi precisi e corretti a concetti e strategie che conosco e applico in modo istintivo, ma che non ho mai studiato in modo sistematico, spesso scoraggiata da testi troppo accademici.

Stereotipi, presupposizioni, verbi fattivi, impliciti, implicature convenzionali, proprietà della cancellabilità, metafore, contesto, deissi, atti linguistici, fallacie e tutto l’eloquentissimo universo del non detto spiegati in modo semplice e rigoroso, con tantissimi esempi tratti dalla pubblicità, dal giornalismo, dalla comunicazione politica.

Come scrittrice professionale ho molto apprezzato, per esempio, la parte dedicata al dialemma chiarezza / cortesia, che si ripropone immancabilmente in ogni aula in cui si discute di email, comunicazione interna e comunicazione al cliente. Meglio asciutti e chiari o pomposi e gentili? “Dipende dal contesto” rispondono i nostri autori, che ci forniscono un’utilissima scala di possibilità, dalla più rude alla troppo sofisticata:

0. Riportami il libro domani!
1. Mi riporti il libro domani?
2. Puoi riportarmi il libro domani per favore?
3. Ti spiacerebbe riportarmi il libro domani?
4. Cosa ne diresti di riportarmi il libro domani?
5. Mi chiedo se potresti, con tua discrezione, far sì che magari in tempo ragionevole, per esempio domani, ci fosse la possibilità per me di leggere un libro che qualche mese fa ti avevo prestato, magari se lo hai finito e non lo leggi più.

Eh già, dipende. Perché migliorare la nostra scrittura non è tanto questione di buone regole, ma di buone alternative e quindi di buone scelte. Più alternative si presentano alla nostra mente, meglio possiamo scegliere. Oggi questa capacità di scelta è molto più cruciale di prima, perché nella comunicazione le variabili in gioco sono sempre di più: sì, l’obiettivo, il canale e il destinatario, ma anche l’ora e il luogo in cui potrebbe leggere il nostro messaggio, la sua disposizione e il suo stato d’animo in quel momento. Gran parte di quello che scriviamo e ci viene richiesto online è costituito da “atti linguistici”: dire è fare, esporsi, impegnarsi.

I buoni testi brevi – e per buoni intendo efficaci, capaci di conseguire l’obiettivo – non nascono dalla contrazione, ma dalla selezione. Scegliere con consapevolezza quali parole usare, quali enfatizzare, quali lasciar fuori è il gran lavoro che c’è dietro. Da scrittori e da lettori, Come non detto ci aiuta a capire meglio cosa c’è sotto “l’iceberg della comunicazione”:

Dietro la comprensione di scambi verbali e di situazioni nuove c’è sempre un mare di sottintesi: ciò che si dice in modo esplicito rappresenta solo la punta visibile di un’enorma massa nascosta di informazioni comunicate in modo implicito.

4 risposte a “L’eloquentissimo potere del non detto”

  1. Cara Luisa,
    ho recuperato i tuoi post arretrati, di cui sentivo una struggente mancanza.
    La pila dei libri che hai consigliato, e che ho comprato, mi sa tanto che aumenterà grazie all’ultimo titolo che ci hai proposto.

    Mi piace l’idea di dare un nome alle cose: mi rassicura. Non discostandomi troppo dall’argomento suggerisco, sempre che tu non l’abbia già fatto in passato, di registrarsi sul sito:

    http://unaparolaalgiorno.it/

    che aiuta a (ri)scoprire il gusto del neofita.

    Grazie sempre, Luisa per… illuminarci d’immenso!
    Marinella Simioli

  2. Grazie di questa bella presentazione e del suo titolo; l’ho scoperta un po’ in ritardo e l’ho molto apprezzata. Che dire di più? Mi spiace di averla trovata solo ora. Ma senz’altro comprerei il libro che ho scritto se non lo avessi già 🙂
    E’ bella l’idea che quello che ho scritto possa aiutare a dare un nome a strategie che le persone (in questo caso l’autrice del blog) applicano in modo intuitivo.
    Complimenti per la chiarezza e buon lavoro!

    Carlo Penco

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