L’Economist è molto affezionato a George Orwell e al suo saggio sulla scrittura Politics and the English language, tanto da farne il nume tutelare della sua celeberrima guida di stile. Così, a gennaio 2016 i copyeditor del settimanale hanno ricordato l’anniversario della morte dello scrittore con una serie di tweet che riportavano le sue sei regole per scrivere bene.
“Non scrivere mai una parola lunga se puoi scriverne una più corta” è più attuale che mai: la buona scrittura sintetica è sempre stata un obiettivo, ma oggi in molti casi è d’obbligo, soprattutto se si deve comprimere e restare leggibilissima sui pochi centimetri quadrati dello smartphone.
Reduce da almeno due settimane formative in realtà molto diverse ma con il leit motiv “testi sintetici”, non ho fatto che disboscare indicando tutto quello che si può togliere perché il testo cresca libero, terso, “asciutto ma non arido” (questa espressione, così felice, l’ho sentita ripetere pari pari da un partecipante a un mio laboratorio di scrittura e da Vera Gheno, che gestisce l’account twitter della Crusca; la coincidenza mi ha colpito e la faccio anche mia).
Fuori contesto, la famosa raccomandazione orwelliana (ma anche l’Hemingway giornalista dava un’indicazione simile) può far storcere un po’ il naso e sollevare un buon numero di obiezioni. Certo, come per tutto quello che riguarda la lingua, “tutto dipende”.
Ma c’è un caso in cui la parola breve è (quasi) sempre meglio: le preposizioni, le paroline che “vengono prima” per dirci come intepretare il sostantivo o il verbo che vengono dopo. Paroline, appunto, non parolone. Paroline di servizio, che ci portano verso qualcos’altro, che “segnalano le relazioni logiche esistenti tra alcuni elementi della frase”. Paroline su cui volare, non su cui indugiare. Le nove più semplici (di, a, da, in, con, su, per, tra, fra) vanno da una a tre lettere. Ci sarà pure un motivo: la lingua conserva quello che le serve meglio.
Eppure nelle scritture delle organizzazioni – aziende private o amministrazioni pubbliche, non c’è differenza – le belle e limpidissime preposizioni semplici ancora faticano a riaprirsi la strada dopo l’invasione di tante lunghe, ineleganti e pompose locuzioni, funzionali soprattutto a “gonfiare” il testo e a darsi importanza.
Se può aiutarvi, ecco le più diffuse, con l’alternativa più semplice e breve:
nell’intento di | per |
volto a | per |
mirato a | per |
finalizzato a | per |
con l’obiettivo di | per |
nell’ottica di | per |
onde | per |
con l’ausilio di | con |
mediante | con |
a mezzo di | con |
unitamente a | con |
congiuntamente a | con |
riguardante | su |
a partire da | da |
con l’eccezione di | tranne |
privo di | senza |
in assenza di | senza |
in seguito a | dopo |
successivamente a | dopo |
all’interno di | in |
Naturalmente qualche (ma proprio qualche) volta la locuzione più lunga ci può pure stare: il problema non è non usarle mai, ma usarle sempre, come se le preposizioni semplici non esistessero più. Comunque, “congiuntamente a”, oltre a essere orrendo, sullo schermo dello smartphone può occupare un’intera riga. Basterebbe solo questo per metterlo definitivamente in black list.
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Ciao, Luisa
Ti leggo, come sai, con grande piacere e condivido quanto scrivi.
Ho terminato di leggere un e-book di Vera Q (ne ho letti altri) e mi piacerebbe avere un tuo parere soprattutto sulla sua scrittura stringata e anarchica insieme. Naturalmente se hai letto qualche suo lavoro.
Grazie *_*
Ciao,
no, non ho letto nulla di Vera Q…
Luisa
Ciao Luisa,
subito dopo aver letto il tuo articolo sulla sintesi, molto interessante e attuale in particolare per la scrittura di contenuti web, mi è capitato a portata di mouse un articolo che vorrei condividere con te e con i tuoi lettori.
Si tratta di un’intervista ad una UX designer newyorkese che della sintesi dei contenuti ha fatto il Manifesto della sua agenzia. In questo articolo si cita anche un’indagine recente di Google che afferma che le opinioni su un sito si formano in soli 17 millisecondi! Quindi le strategie di un brand devono per forza di cose basarsi su contenuti brevi e incisivi che abbiano rilevanza per il target.
Il link all’articolo: http://www.creativeboom.com/interviews/mimi-young-of-behavior-design-on-content-consumption-designing-for-users-and-how-agencies-are-changing-forever/
Cristina,
grazie del link!
Luisa
Ciao Luisa, aggiungerò questa tabellina alle altre tabelline “di conversione” (le chiamiamo così) dei nostri corsi di redazione tecnica.
Lo sbrodolamento verbale (!) non ha confini e anche i tecnici scoprono con piacere che scrivere semplificato (appunto) non fa perdere di efficacia i loro testi!
Grazie ancora dell’ennesimo contributo
Sono molto d’accordo. Al giorno d’oggi scrivere semplice raggiunge meglio il lettore, soprattutto perchè, come dici tu, legge sullo smartphone e per di più spesso di corsa.
Faccio miei questi consigli di scrittura.
Grazie del contributo!
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