Leggere è un modo specializzato di guardare.
Ricordavo questa frase di Riccardo Falcinelli nel mio primo post del 2016. È vero: anche un testo fatto solo di parole, senza alcuna immagine, si guarda. E quel primo sguardo ci dice già un sacco di cose, anche prima di aver letto una sola parola.
Io, per esempio, non riesco a leggere i testi con le frasi brevissime, in cui si va continuamente a capo, che a colpo d’occhio mi parlano di un testo continuamente interrotto, troppo frammentato, poco fluido. Molti testi oggi sono scritti così, nella convinzione – credo – che più le frasi sono brevi più il testo è leggibile. Anche il famoso Copyblogger ogni tanto ci casca:
Frasi ultrabrevi = testo colloquiale e informale = testo ultraleggibile. Non (sempre) è così, anzi.
Lo stesso Falcinelli, in Guardare Pensare Progettare, invita a “guardarsi dai troppi a capo che interrompono i vantaggi delle informazioni parafoveali”, cioè le informazioni che si colgono “con la coda dell’occhio” (crediamo che l’occhio proceda in linea dritta, ma non è così: procede per balzi, anche all’indietro). Se le singole frasi sono troppo isolate, la lettura è più faticosa.
Senza sapere tutte queste cose, io i testi con tante frasette una dietro l’altra li ho sempre chiamati i “testi sbrindellati” e mi sembrano difficili da leggere almeno quanto i famosi “muri di parole”.
Falcinelli fornisce un’altra chiave, quella del “contrasto”:
In generale, ciò che attira la nostra attenzione altro non è che un contrasto, di un tipo piuttosto che di un altro.
Vale per il visual design, e vale per il testo. Dove c’è uno scarto, un’interruzione dello schema, lì va la nostra attenzione. Per questo, quando all’interno di un testo vediamo una sola brevissima frase isolata, lì ci aspettiamo un punto cruciale, una svolta, un colpo di scena, un’emozione improvvisa, come in questo lungo e bellissimo articolo di Massimo Mantellini su Medium:
Questo ritmo visivo si può modulare, far scendere e salire come una musica. Seth Godin, per esempio, nei suoi post qualche volta riesce a visualizzarne molto bene il ritmo. Quando poi leggiamo, ritroviamo lo stesso ritmo anche nei contenuti e nella loro esposizione:
Qui parte in sordina, ci porta dentro con qualche frase breve, un sussurro persino, assume un ritmo più disteso nella parte centrale, chiude con una frase ritmica e breve come le prime, come un sigillo.
Sì, i testi andrebbero rivisti sia da vicino vicino (per non farsi sfuggire nemmeno un refuso), sia da lontano (per vederne e ascoltarne il ritmo).
Penso che la “visualizzazione” dell’a capo debba essere sempre in correlazione con il senso del periodo. Mi spiego meglio: se il discorso non è completato, anche visivamente, l’a capo è antiestetico e senza senso. Se però dovessi scegliere tra un post con le frasi tutte attaccate, senza alcuno spazio (e purtroppo se ne vedono ancora in giro) e un post con troppi spazi, io privilegerei la seconda scelta.
Sono d’accordo, anche se nessuna delle due soluzioni è la migliore 🙂
Luisa
Ovvio 🙂
L’ha ribloggato su ri#vivie ha commentato:
[…]ciò che attira la nostra attenzione altro non è che un contrasto[…]
Che dire Luisa, del tuo ultimo post? E’ così bello da esser quasi poetico, da farti venire voglia di leggerlo all’infinito. Per giunta è in continuazione ideale con ciò che ormai penso da tempo e che è diventata una ‘pleasant obession’, come l’ho definita, quella di leggere un testo ammirandolo prima come un quadro: i colori, anche se si tratta di bianco e nero, l’organizzazione del testo, la lunghezza delle parole. Così facendo me ne innamoro o lo detesto ancor prima di averlo letto.
Quando poi inizia la lettura cambia la musica, e ogni parola acquista luce e musicalità. Chissà se leggere così mi ha tolto o regalato piacere: sta di fatto che indietro non si torna.
Grazie sempre a te, Luisa.
Marinella Simioli
Vengono in mente i Calligrammes di Apollinaire!
Cogliere il ritmo della scrittura in un testo – armonioso o intermittente che sia – può regalarci piacere, come dite, e, invero, sarà proprio la musicalità di una riga ad accompagnarci nella lettura di quella successiva… Di una melodia che ci piace, infatti, ascoltiamo ogni nota, di un quadro che ci ha colpito notiamo ogni sfumatura o contorno. In questo senso anche la scrittura finisce con il catturarci, non solo con i suoi contenuti (che possiamo reputare interessanti o meno), ma con l’interezza della sua “forma”, riuscendo ad appassionarci in quel modo incondizionato tipico solo delle forme d’arte.
Grazie Luisa, per gli spunti di riflessione che ci offri ogni volta.
Agenzia letteraria – Bottega editoriale
[…] cioè i testi fatti di tante frasi brevi, in cui si va continuamente a capo. La forma del testo ci deve parlare di ordine, precisione, progetto… e cosa succede quando dopo un capoverso […]
[…] è importante dare delle pause. Ma non esagerare. Come Luisa Carrada, anche io cerco di evitare paragrafi troppo brevi, magari singole frasi lanciate sulla pagina […]