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Nei tredici anni di vita di questo blog mi è successo spesso di mollare nel mese di dicembre, di sentire di aver vuotato un po’ il sacco senza rimettere niente dentro e avere il tempo di elaborare cose nuove. Nel 2015, inoltre, sono stata di più su Facebook dove ho “disseminato” pensieri, letture e scoperte giorno per giorno. Non che la semina mi sia dispiaciuta, anzi: mi ha fatto capire quanto – come al solito – fossi stata inutilmente e scioccamente snob nei confronti del più diffuso social network.
Facebook mi ha offerto una comunicazione istantanea e spensierata, un’attenzione nuova alle immagini, la possibilità di tenere un filo con tantissime persone che altrimenti perderei facilmente di vista, uno spazio in cui raccontare qualcosa della mia quotidianità che non potrebbe trovare posto in questo blog. Nel 2015 chi mi seguiva magari da anni ha dato per la prima volta una sbirciata al mio studio, alla mia scrivania e al mio terrazzo; mi ha seguita nei miei tanti giri per l’Italia; mi ha conosciuta di più nelle mie passioni personali: lo yoga, il movimento, l’aria aperta. Ne sono contenta e sono proprio queste cose che ho privilegiato nello scorcio di un anno bellissimo ma anche terribilmente impegnativo.
Così, ho assecondato il mio bisogno di lasciare un po’ andare. Ma nei luoghi della spensieratezza social tutto scorre, compresi gli appunti, gli spunti, le curiosità e le scoperte, mentre è qui, su questo blog, che vengo a riflettere, a connettere i puntini, a raccontare prima di tutto a me stessa gli incontri e le letture importanti, quelle che mi aprono finestre luminose e nuovi paesaggi.
330 pagine di avventure della visione e del pensiero
Dopo aver letto lo splendido Critica portatile al visual design non avevo dubbi che Guardare Pensare Progettare di Riccardo Falcinelli sarebbe stata un’altra finestra luminosa, ma sapevo anche di non poter leggere le oltre 300 pagine tra un post e un tweet, nella concitazione natalizia. Me lo dicevano l’indice e il sottotitolo “Neuroscienze per il design”. Avevo bisogno di tempo, silenzio e tranquillità.
Me li sono presi tutti, anche perché si tratta di un libro “da studiare”, sottolineare, in cui ogni tanto è necessario tornare indietro e riflettere. Però a un certo punto ho deciso che valeva la pena di volare un po’, cogliere l’insieme del libro, i concetti di fondo per poi tornare a “studiare” i capitoli più descrittivi dedicati all’occhio e al cervello, i veri protagonisti. E così ho galoppato dal primo all’ultimo splendido e personalissimo capitolo, dove interviene Biancaneve e il cerchio si chiude. Con moltissime domande, ma si chiude.
In mezzo c’è il racconto di come vediamo, percepiamo, pensiamo il mondo, cioè le immagini, le parole, le sensazioni, gli odori, i colori. Falcinelli lo fa da una prospettiva nuova – gli studi e le scoperte più recenti sul cervello – ma forte della sua esperienza viva di visual designer e di persona sensibile e attentissima agli stimoli del mondo, fin da bambino. I racconti e gli esempi sono innumerevoli.
Guardare Pensare Progettare è sottolineatissimo e pieno di post-it su passaggi su cui voglio tornare (perché non è che ora lo metto sulla libreria, me lo tengo qui vicino e ci scriverò anche altri post), ma mi piace condividere subito con voi i miei appunti su cosa mi ha colpito di più in questa prima lettura.
Un organo materiale che costruisce qualcosa di immateriale
Si parte da lì, dal cervello, quella massa gelatinosa che produce la cosa che ci appare come la più immateriale di tutte: la mente e la sensazione di esistere. Tutto ciò che vediamo, sentiamo e pensiamo passa da lì, da quell’insieme di neuroni che nascono, crescono, si connettono, si muovono in continuazione. Per questo è così importante capire come funziona.
Funziona in modo modulare e parallelo, a livello di zone, aree, cellule: ognuna ha il suo compito, iperspecializzato. Non vediamo insieme forme, colore e movimento; e nemmeno facce, oggetti e sfondo. È il cervello che compone queste cose per noi, che decide cosa farci vedere. Scompone e compone in continuazione, fedele alla sua essenza: la plasticità, il divenire.
“Vediamo pezzi singoli, brandelli di realtà, solo quelli cui prestiamo attenzione. Poi alcuni tratti di contorno diventano segni, nel momento in cui li scegliamo e li mettiamo da parte”.
Vedere e guardare sono due cose profondamente diverse: vedere è tenere gli occhi aperti, guardare è prestare attenzione. Guardando e scegliendo cosa guardare ci relazioniamo col mondo, cerchiamo di capire la mente di chi ci sta vicino, le sue intenzioni e il suo mondo interiore. Un tentativo di capire anche noi stessi. Nasciamo precablati per interagire con il mondo, ma poi cresciamo alimentando il nostro programma neurale con i dati che prendiamo dall’esterno.
Li prendiamo con gli occhi – più della metà delle nostre risorse neurali sono dedicate alla visione –, ma ogni sguardo e ogni interazione coinvolge tutti i nostri sensi, è una sinstesia. Ogni vedere e sentire si imprime nel nostro corpo, lascia una traccia emotiva che possiamo risentire a distanza di anni ed è così che facciamo esperienza e ricordiamo.
Il solo nostro istinto: il linguaggio e la cultura
L’uomo è l’unico animale che nasce senza un istinto, se non quello del linguaggio, della produzione di contenuti trasmissibili, della cultura. Le parole lo accompagnano fin dalla nascita, lo aiutano a dare forma all’apparenza delle cose, influenzano e mediano ogni relazione con il mondo: senza parole non possiamo pensare… nemmeno il colore rosso può essere concepito senza la parola. Rimarrebbe solo una sensazione. Percezione e linguaggio si influenzano a vicenda.
“Non esiste un guardare svincolato dal linguaggio. Percepiamo in un ambiente linguistico, e non possiamo prescindere dal fatto che usiamo e pensiamo con una lingua storico-naturale, cioè che quando pensiamo ci parliamo in testa.”
Parole e immagini: tutte si guardano, tutte si scelgono, tutte hanno un codice
“Leggere è un modo specializzato di guardare.”
Questa frase breve e semplicissima mi aveva colpita già nella lettura di Critica portatile al visual design, ma in questo libro l’ho capita ancora meglio, soprattutto nel capitolo Grafica, scrittura, lettura, imperdibile per chiunque scriva in questo mondo in cui la scrittura lineare è diventata (o tornata a essere) solo una delle tante scritture possibili. Fa riflettere sui confini sfumati tra figurazione e scrittura, sulle tante spazialità in cui la parola può collocarsi, sulla falsa immediatezza delle immagini, che hanno bisogno del loro codice non meno del testo scritto, su quale sia “l’occhio del nostro tempo”, attraverso il quale guardiamo e interpretiamo il mondo.
“Nel dialogo senza sosta tra fisiologia e cultura, il designer è un artigiano consapevole”.
Artigiano consapevole: ho trovato questa definizione meravigliosa nella sua semplicità, come l’idea – che percorre tutto il libro – che il “fare non si oppone al sapere, e che anzi spiegare qualcosa a qualcun altro o a se stessi insegna a fare meglio.” È con queste parole in testa che ho scritto il primo post del 2016: come sempre, scrivere e condividere insegna soprattutto a me stessa. Buon anno a tutti!
Su questo blog leggi anche:
Un libro grandioso e decisivo sul visual design
Continuare a danzare con i testi
Letture e carte topografiche
Anatomia della lettura
Il cervello che legge, e noi che viviamo
Una sbirciatina nel nostro cervello
Cara Luisa,
hai fatto bene a mollare un po’ la presa a dicembre, mese che sembra fatto apposta per fermarsi a tirare le somme, costringerci a pensare, e decomprimerci per poi ripartire.
Il libro che ci proproni, interessante come del resto tutti gli altri in precedenza, ci ricorda anche quanto l’individuo, la cui etimologia parla di “indivisibile”, sia complesso e pieno di parti potenti e funzionanti autonomamente, ma soprattutto in reciproca sinergia.
Nel ringraziarti ancora per farci da apripista della lettura e da faro editoriale, auguro a te e a tutti un anno ricco di nuovi pensieri e idee stimolanti.
Marinella Simioli
Ciao Marinella, grazie dei tuoi auguri e anche della segnalazione del corso. Non ti avevo ancora risposto, ma appunto ho lasciato un po’ andare. Lo faccio ora, insieme a mille auguri di buon anno a te 🙂 Luisa
Quando si stacca non ci sono deroghe… altrimenti non vale! E poi i pensieri hanno bisogno di silenzio per riprendere vigore, soprattutto se sono densi e profondi come i tuoi.
Buon tutto a tutti!
Marinella
Bellissima recensione e bellissimo articolo (come sempre – sono un fedele seguace di questo blog ormai).
Ho solo un appunto: credo che gli usi di ‘guardare’ e ‘vedere’ siano stati scambiati.
Io almeno direi “guardo nella tua direzione” o “guardo fuori dalla finestra”, descrivendo dall’esterno l’atto di orientare le pupille, indipendentemente dalla reale attenzione.
Direi invece “ti vedo muoverti” o “vedo le differenze” per descrivere l’esperienza soggettiva.
Grazie comunque per il bel suggerimento
Buon Anno
Andrea
Mamma mia, Andrea, quanto contano le percezioni personali anche nelle parole! 😉
Grazie della tua fedeltà, sto leggendo molto in questi giorni, quindi posterò presto qualcosa di nuovo.
Luisa
Ciao Luisa.
Nel mio piccolo cerco di copiare da quelli bravi e da questo post ho imparato diverse cose: che si può mollare un po’ qualche volta, che si può recensire un libro senza essere un critico letterario, esprimendo le opinioni tratte dalle sensazioni avute leggendolo, che abbiamo cinque sensi e che dobbiamo imparare a usarli tutti meglio.
Grazie Luisa per questo post.e buon anno.
Buon anno a te 🙂
Tutti copiamo e ci ispiriamo.
A me il libro di Falcinelli ha ispirato moltissimo!
Luisa
[…] questa frase di Riccardo Falcinelli nel mio primo post del 2016. È vero: anche un testo fatto solo di parole, senza alcuna immagine, si guarda. E quel […]
[…] All’inizio ho avuto una sensazione strana, forse perché ho letto questo libro dopo quello di Falcinelli, di cui Romei è allievo. Quanto Falcinelli mi è sembrato denso e pieno – strabordante a tratti […]
E’ sempre un piacere leggere i tuoi post. Se non esiste già (e chiedo scusa se me lo sono persa), mi piacerebbe leggere un post in cui ci racconti come studi, come prendi appunti, se ti capita di ripetere a voce alta, come conservi gli appunti presi e organizzi il tuo studio. Curiosità 🙂