Leggere è spostarsi da un punto a un altro, anche in questi tempi di letture veloci e distratte. Online, per esempio, sappiamo ormai bene che lettrici e lettori vanno dove gli pare, ma il nostro obiettivo è spianargli comunque la strada verso quel punto, quella fine, quella parola o quella call-to-action. Più la strada è spianata – senza intralci, dossi o buche – più il testo è leggibile.
Ci aiuta che la natura stessa del leggere sia il movimento in avanti. La nostra mente è fatta così: vuole sapere cosa viene dopo e man mano che procede nella lettura tende a correre più avanti degli occhi che guardano la pagina o della vocina interiore che ci fa ascoltare le parole. Mentre legge, accumula informazioni, e intanto indovina. È alla riga tre e già immagina come va a finire. Qualche volta è talmente convinta di averci preso, che smette di leggere e prende comunque le sue decisioni. Nella comunicazione professionale, questa sicurezza di sé è spesso fonte di molti guai.
Se siamo autori, questa naturale spinta in avanti può essere la nostra migliore alleata, ma dobbiamo imparare ad assecondarla. Con la chiarezza, certo, con la precisione, con il ritmo, con contenuti originali e interessanti, ma anche con quelle “cernierine” nascoste che sono i passaggi tra un periodo e l’altro. Perché se il punto chiude, come abbiamo imparato fin da piccoli, bisogna comunque seminare verso la fine o collocare all’inizio del nuovo periodo una ulteriore “spintarella”.
Possiamo riprendere all’inizio una parola chiave del periodo precedente. Come ho fatto con “strada” nel primo capoverso di questo post.
O tenere sempre lo stesso soggetto per più periodi. L’ho fatto con “mente”, nel secondo capoverso.
O cominciare con una preposizione o una congiunzione, che promettono il come, la spiegazione, suscitando curiosità. L’ho fatto con “con” e “perché” nel terzo capoverso.
O si può usare una struttura parallela per più periodi di seguito: la mente ama gli schemi e ci scivola su come se si mettesse i pattini. L’ho fatto in questo ultimo paragrafo.
Ma non starete mica pensando che abbia costruito questo post meditando e studiando le spintarelle… ormai mi conoscete. Corre il lettore, se corre l’autore. E io ho corso, senza sapere bene dove sarei arrivata. Però mi piace – ormai sapete anche questo – fermarmi, voltarmi indietro e divertirmi a capire come ha lavorato la scrittrice interiore.
Se ha lavorato bene, i lettori dovrebbero invece voltarsi indietro per un solo motivo: per il piacere, non per il dovere o la necessità, di rileggere.
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Lasciar fare allo scrittore interiore
“Agli occhi è dedicato invece il gran finale, la prova generale per verificare se anche la forma del testo ne rispecchia lo spirito e la funzione.” hai scritto verso la fine; non sono però solamente gli occhi che verificano: sotto gli occhi si formano i suoni, che ri – suonano nella mente. Se c’è armonia fra suoni, senso e forma allora funziona. La fase “tutta orecchie” si fonde con la fase “tutta vista” in una spirale che per caso può avere inizio – sviluppo – conclusione, e rispettare un’ ipotetica scaletta, ma anche no però funziona lo stesso.
Però è forse inspiegabile… 🙂
Ma quanti “però” … ecco che succede se non si rilegge prima di postare 🙁
apperò 😀
Mi piace la tua regola che metterò in “pratica” con la lettura. Mi fermerò, mi volterò indietro e mi divertirò a capire come ha lavorato la lettrice interiore.
[…] leggere è proprio questo: un andare. Nel libro di Clark, ogni scrittore ci offre uno strumento per far correre, rallentare, fermare, […]
[…] finché non la troviamo. Ostacoli, frenate, disorientamenti non ci piacciono in ogni caso. Come ho già scritto in questo blog, bisognerebbe tornare indietro solo per riassaporare una parola, una frase o un […]