Uno dei misteri di questo blog è il successo del post Paragrafi e capoversi, da quattro anni invariabilmente tra i più cliccati. E sì che i post ormai sono quasi 2.000. Sarà davvero così interessante il paragrafo? Forse sì, se venerdì scorso il Guardian gli dedicava un lunghissimo e dottissimo articolo, ma scritto in maniera talmente brillante che l’ho letto in un fiato.
La questione è il destino del paragrafo in un mondo digitale in cui – ci dicono – abbiamo ormai attenzione solo per frasi brevissime. Cominciamo a leggere e già siamo stufi. Ci dicono, ma io non ci credo tanto, altrimenti il web non sarebbe pieno di testi lunghi e di gran successo, come appunto quelli del Guardian, dell’Economist, di Quartz, di Brain Pickings o del nostro Internazionale. Però è vero che moltissimi siti si stanno orientando verso testi in cui i capoversi sono fatti di una sola riga separata dalle altre con uno spazio. Uno di questi è Copyblogger, famosissimo sito sul copywriting e il content marketing. Sapranno quello che fanno, ma io quelle frasette corte corte non riesco più a leggerle e penso che tra un impenetrabile muro di parole e un testo che solo a vedersi appare sbrindellato ci siano delle ottime e percorribili vie di mezzo.
Il paragrafo – ci racconta il Guardian – è un’invenzione relativamente moderna: arriva infatti con il libro a stampa tra Quattrocento e Cinquecento. Sui manoscritti si scriveva tutto di seguito e si indicavano le cesure nel testo con dei simboli a margine. Paragrafo, del resto, significa proprio questo: “scritto a lato”. Nei primi libri a stampa i paragrafi furono separati dal simbolo del paragrafo in uso anche sui nostri programmi di scrittura: ¶. Poi per fortuna arrivarono rientro e spazi a rendere il testo più arioso e la lettura fluida e spedita. Con il web il rientro è andato in pensione, sostituito dal doppio spazio (salvo poi riciclarsi con efficacia a indicare una citazione).
Ma quanto può essere lungo un paragrafo? L’articolo riporta un bel po’ di opinioni… 10 righe, 300 parole…? Queste misure lasciano il tempo che trovano; per me sul web un paragrafo corrisponde a un modulo autonomo, con un focus preciso, di lunghezza uniforme (senza ossessioni!), che assecondi la lettura sullo schermo.
Come l’autore dell’articolo, penso che sia soprattutto il testo digitale ad aver bisogno del paragrafo e per più motivi:
- ad apertura di pagina, ancor prima di aver letto una sola parola, dà l’impressione rassicurante di un testo organizzato, in cui è più facile trovare ciò che si cerca
- se titoliamo i paragrafi, offriamo un primo livello di lettura “esplorativa”, necessaria per tirar dentro il lettore; vi dice niente “lettura millefoglie”?
- l’organizzazione in paragrafi aiuta anche chi scrive a strutturare bene i contenuti e a costruire l’argomentazione
- la forma del testo parla da sola: se dopo un paragrafo di sette righe, ne arriva improvvisamente uno di mezza riga, so cosa aspettarmi: un colpo di scena, un’informazione particolarmente importante, una svolta, un’osservazione dell’autore. Lo spazio a volte funziona meglio del grassetto; luce naturale invece di un riflettore.
- un paragrafo più lungo permette di dare al testo un ritmo disteso, quello che si ottiene alternando frasi lunghe e frasi brevi, quello che ti trascina con sé e ti porta alla fine senza che nemmeno te ne sei accorta
- i testi più lunghi e argomentati servono nella vita e nel lavoro ed è importante non perdere l’allenamento: servono per presentare un progetto, per ottenere un finanziamento, per partecipare a una gara, per presentarsi al meglio, per raccontare, per chiarire le idee a sé stessi e agli altri.
Il segreto, ne sono sempre più convinta, è nella combinazione testo anche lunghetto + struttura, ma struttura visibile, chiara, parlante, già ad apertura di pagina. Poi è vero che ci sono testi informativi e di servizio (pensiamo a quelli pensati per lo smartwatch) che devono essere brevi e fulminei, dove non parliamo neanche di righe, ma di parole, ma anche quei testi brevi devono essere costruzioni in miniatura, coerenti e coesi. Tutto il contrario degli sbrindellati.
Il paragrafo serve, eccome, sempre e dovunque. E’ insieme elemento visivo e ritmico (appunto). Può essere immagine e suono esso stesso… ma serve sempre.
Il paragrafo? Come potrei fare senza e li nomino anche, ovviamente.
Penso che il paragrafo consenta la chiarezza dell’argomentazione *_))