Come mi è piaciuta questa frase che ho letto in La scrittura dalla scuola superiore all’università, curato da Maria Emanuela Piemontese e Patrizia Sposetti!
Da Maria Emanuela Piemontese, che ha contribuito in modo decisivo all’elaborazione dell’indice di leggibilità della lingua italiana Gulpease, ho imparato tutto quello che so sulla semplificazione del linguaggio e al suo storico dueparole dedicai tempo fa un lungo articolo sul Mestiere di Scrivere.
Questo libro nasce da una lunga esperienza di didattica della scrittura con studenti in uscita dalla scuola secondaria superiore e in entrata nelle facoltà umanistiche dell’università La Sapienza di Roma. I laboratori di scrittura si basano sulle tecniche di “scrittura controllata”, che detto così può sembrare una cosa strana e che vuol dire semplicemente “scrittura consapevole”, fatta di scelte motivate e ragionate invece che di lasciarsi andare alla libera espressione o all’estro del momento. Insomma, “scrivere di getto” è il punto di arrivo di un lungo lavoro. Quando sai cosa funziona, ma soprattutto perché funziona, allora sì che puoi lasciarti andare.
Leggendo, nell’esperienza delle autrici ho trovato conferma di tante mie convinzioni di “praticona” della scrittura:
- è molto più efficace lavorare direttamente con i testi, metterci le mani dentro, smontarli e rimontarli, piuttosto che prima dettare le buone regole e poi chiedere di applicarle
- l’ispirazione come dono divino non esiste, e nemmeno come dono di natura
- scrivere è un’abilità che si può insegnare, anzi si deve, perché oggi è più decisiva che mai
- parlato e scritto sono due cose profondamente diverse: l’uno è naturale e istintivo, l’altro no e ci vogliono molti anni per impararlo e raffinarlo; l’uno dipende molto dal contesto, l’altro deve avere una sua autonomia; l’uno ha un andamento a spirale, senza ordine gerarchico tra le informazioni e vive di ripetizioni, l’altro un andamento lineare perché pensato e studiato anche grazie all’insostituibile vantaggio del tempo.
Anche per questo scrivere non è “dire ciò che si sa” ma “trasformare ciò che si sa”.
Sul Mestiere di Scrivere leggi anche:
Mi lascia perplesso la seconda convinzione, che fa presumere, almeno da qui, che l’ispirazione arrivi solo dagli sviluppi di un metodo.
Idem. Sono un po’ poco convinto dalla seconda conclusione tratta.
A mio avviso non è che l’ispirazione sia da paragonare all’invasamento della pizia delfica e che quindi nasca all’improvviso, dal nulla, o sotto lo stimolo di potenti droghe, tuttavia si può dire che aprendo molto la mente a tanti stimoli interessanti si possono trovare nuove strade da percorrere, letterariamente parlando, che possono nascere di colpo, all’improvviso, senza che necessariamente quel tipo d’ispirazione sia stata educata.
Il costruire amabilmente e in maniera accattivante quell’ispirazione, ovvero ciò che viene dopo, quello sì che bisogna educarlo.