Un paio di anni fa, l’autrice di un romanzo che mi piacque molto spiegava che tra la sua attività di narratrice e il suo lavoro di direttore di banca non c’era alcuna contraddizione. Anzi, sottolineava come proprio l’ascoltare i problemi personali ed economici delle persone nella sua quotidianità la mettesse a contatto con una grande quantità di storie.
Ci ho ripensato questa mattina, immersa nella lettura e nell’analisi di un bel fascicolo di reclami di un grande gruppo bancario. E ho capito perché – anche per me – questo tipo di lavori che i più considerano noiosissimo sia sempre così interessante. Perché il contatto tra l’azienda e il cliente in un momento di crisi o di insoddisfazione è il più delicato, ma anche uno dei più rivelatori e dei più suscettibili di un cambiamento nella relazione. Che dipenderà sì dal merito, ma anche dal tono e dallo stile della risposta.
Intanto sono nella fase della lettura. Meglio, dell’ascolto, perché da un foglio all’altro è come sentire voci e immaginare persone, rivelate da un incipit, un aggettivo, un’immagine, un’età, il racconto di una difficoltà quotidiana. E ancora una volta ho capito quanto le persone a un’azienda spesso non chiedono solo la risoluzione di un problema, ma attenzione, rispetto, riconoscimento. Scelte bene e con quella persona in mente, anche in una lettera di risposta breve, le parole possono far sbollire la rabbia, smorzare pregiudizi, riconoscere una difficoltà, motivare e non solo annunciare un rifiuto oppure – ecco due semplici verbi miracolosi che spesso le aziende dimenticano o hanno paura di usare! – ringraziare e scusarsi. Però, prima di scriverle, le parole bisogna leggerle e ascoltarne gli echi.
Così, a fine mattinata ho pensato che mi sarò pure persa le sessioni sullo storytelling della Social Media Week, ma ne ho vissuto uno più autentico. Non avete idea di quanti italiani scrivono lettere alla banca ancora a mano e di quante cose possono raccontare le loro parole e le loro calligrafie!
Come ti capisco Luisa!
Mi è accaduto di organizzare e coordinare per più di due lustri la formazione per ANIA (associazione nazionale fra le imprese assicuratrici). Nella delicata, ma anche fondamentale fase della raccolta di aspettative e timori che i formandi (passami questa bruttissima parola) esprimevano e che annotavo in aula sulla lavagna a fogli mobili, era come vedere un film di micro-storie.
Trovo una prossimità tra quello che scrivi e ciò che mi accadeva in aula.
Saluti *_))
Questo lavoro è utilissimo! Io mi occupo di hotel, dove le recensioni sono fondamentali. Non sai quante volte ho rubato frasi, parole, idee e persiono claim ai viaggiatori che erano stati in una delle nostre strutture. Così posso farmi davvero un’idea di chi siano relamente i clienti dell’hotel e sono in grado di costruirmi delle vere e proprie “personas” a cui rivolgermi. E poi tutte queste “storie” in qualche modo entrano a far parte della storia della struttura e mi permettono di mettere a fuoco di chi sto scrivendo.
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