Giovedì pomeriggio sono stata a If Book Then, quarta edizione dell’evento dedicato al futuro dell’editoria (now!) organizzato da Bookrepublic. Il tema di quest’anno era più intrigante che mai: There are more stories than books. Sì, sono talmente tante le storie e ci circondano da tutte le parti, che una sempliciotta come me si domanda cosa sia oggi veramente una “storia”.
Una storia in italiano, non una story, che in inglese tutto è story, anche un articolo di giornale. Così ho deciso di seguire un unico criterio: una storia è qualcosa che ho voglia di ascoltare, o guardare. Qualcosa che mi fa interrompere quello che sto facendo, che sospende il tempo e mi porta da qualche altra parte. Se con le parole o le immagini, o tutte e due o con qualunque vattelappesca piattaforma o app non importa. Basta la sospensione. È stato così dalla notte dei tempi e sono convinta sia ancora così.
Così ho cercato di applicare il mio criterio anche giovedì pomeriggio e mi sono appuntata tutto quello che mi incuriosiva, che mi prometteva la famosa sospensione, che mi avrebbe portata verso una storia, al di là delle teorie e dei guru, che pure sono stati fascinosi, come potete vedere sull’imperdibile Storify realizzato da Bookrepublic.
Maptia, la piattaforma di storytelling dedicata ai luoghi e ai viaggi mantiene davvero quello che la giovanissima fondatrice e relatrice Dorothy Sanders prometteva: mappe che comprendono luoghi, che comprendono storie fatte di personalissimi racconti di viaggio in parole e immagini. Il progetto è appena partito e di storie ce ne sono ancora poche, ma che storie! La cura è estrema e la qualità richiesta davvero alta, basta vedere le raccomandazioni che il team di Maptia fa agli aspiranti collaboratori: Guide to storytelling.
Un’altra bella storia è quella che il team dell’agenzia zurighese Interactive Things ha realizzato per il quotidiano Neue Zürcher Zeitung: Keine Zeit für Wut, Non c’è tempo per la rabbia, disponibile (per ora) solo in tedesco (ma dateci un’occhiata lo stesso perché immagini e visualizzazioni dei dati valgono più che una sfogliata).
Long form journalism fatto di parole, immagini, visualizzazioni dinamiche di dati, Keine Zeit für Wut narra la vita a Fukushima due anni dopo il disastro della centrale nucleare attraverso il racconto di quattro protagonisti – una famiglia, una direttrice di scuola, un tassista e un pescatore –. Dai dati alle emozioni il passo per noi è breve, ma arrivare a questo risultato è stato lungo e complesso come racconta, in inglese, il team di lavoro: How we visualized life after Fukushima.
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