Sulla prima pagina di poynter.org Roy Peter Clark celebra oggi il 450° compleanno di William Shakespeare esaminando in un lungo post una sola frase, tratta dal Macbeth:
The Queen, my Lord, is Dead.
annuncia un messaggero a Macbeth. Una frase che, in sole sei parole, può insegnarci tantissimo. Ecco la piccola grande lezione.
Shakespeare, scrive il più famoso docente di scrittura degli Stati Uniti, avrebbe potuto scriverla anche in altri modi:
The Queen is dead, my lord.
My lord, the Queen is dead.
Invece ha scritto la frase perfetta, che:
- annuncia un fatto enorme, la morte di una regina, in modo grandioso perché essenziale
- ha una chiara struttura tripartita – inizio, centro e fine – benedette siano le virgole!
- inizia con il soggetto, l’elemento più importante
- mette al centro l’elemento meno importante
- introduce un nanosecondo di suspense con l’esitazione-inciso al centro
- scrive la cosa più importante alla fine, il punto di massima enfasi.
Di qui l’invito a dedicare moltissima attenzione alla fine di quel microcosmo e cellula di tutti i testi che è la frase. Anche la più piccola.
I poeti sono avvantaggiati, scrive Clark, perché hanno tanti punti finali quanti sono i versi e tanto spazio per illuminare le ultime parole, ma anche lo scrittore di prosa dovrebbe rivedere i suoi testi facendo attenzione ai “punti luce”. Uno è l’inizio, ma l’altro è alla fine.
Anche noi scrittori digitali – aggiungo io – possiamo essere un po’ poeti. Liberi dalle costrizioni della carta, siamo sempre più attenti al valore illuminante dello spazio. Organizziamo il testo in capoversi spaziati, scriviamo tanti titoli, sottotitoli, titoletti, didascalie, o mettiamo i nostri testi brevi contro lo spazio di un’immagine in una slide o in un’app. Se ci accorgiamo che una parola chiave – in senso informativo o emozionale – è sepolta in mezzo al capoverso, proviamo a riportarla alla luce spostandola verso la fine.
Ora leggetevi il lungo post originale, The Shakespeare sentence that changed my writing – and can change yours – che si conclude con un audace accostamento tra due William – Shakespeare e Faulkner. Ecco cosa succede quando si analizzano i testi ai raggi X, il tema del nuovo libro che Clark sta scrivendo. Non vedo l’ora.
PS Da nessuno credo di aver imparato quanto da Roy Peter Clark. Elencarvi ora tutti i post in cui l’ho citato non posso, perché sono troppi, ma se vi va tirateli fuori con il box di ricerca in alto. Se non li avete letti (alcuni sono di molti anni fa), farete delle bellissime scoperte. Una sintesi del suo libro più bello è sul MdS: Gli attrezzi sono meglio delle regole.
L’ha ribloggato su The Dark Corner.
L’ha ribloggato su L'arme, gli amori.
Dopo questa spiegazione, non potevo non citare la battuta di Seyton nel mio widget “Mi piace”. Mi leggerò con calma anche il post originale… 🙂
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