Ah, e io che pure stamattina ho cancellato il pronome dimostrativo stesso nella revisione di un contratto assicurativo! Una cosa tipo: “Per poter avviare la pratica di liquidazione del sinistro è necessario inviare alla Compagnia entro 30 giorni la documentazione completa relativa allo stesso”. Ho tolto il primo sinistro e l’ho piazzato alla fine, al posto di stesso. In questo caso è abbastanza ovvio che la liquidazione si riferisce al sinistro.
Ci sono però molti altri casi in cui questo non si può fare senza compromettere la chiarezza, e allora è meglio ripetere. Ho imparato dalla professoressa Mortara Garavelli a evitare il pronome “riferimento all’antecedente” e a ripetere un termine anche a breve distanza.
“Ma c’è alla riga prima!” sussurra la scolaretta che è in me.
“Embe’? Cosa è meglio evitare? La ripetizione o la confusione del lettore?” ho imparato a risponderle.
Esso, lo stesso, il medesimo, ma anche il succitato, il summenzionato obbligano chi legge a cercarsi il riferimento, comunque una piccola fatica cognitiva che gli possiamo risparmiare. E nei testi che si leggono nella finestra di uno schermo – oggi quasi tutti – l’antecedente è sicuramente fuori dal campo visivo del lettore.
Quindi sono saltata su come una molla quando sull’edizione online del Corriere, ascoltando il servizio sulla serata con David Lynch al Teatro Dal Verme dedicata alla meditazione trascendentale, ho sentito la giornalista dire (non scrivere!): “David Lynch, sessantotto anni, pratica la meditazione trascendentale da oltre trent’anni e a chi è riuscito ad accaparrarsi un tagliando per entrare a teatro ha svelato quali siano le potenzialità della stessa.” L’effetto era abbastanza esilarante. In più si trattava di un video, in cui verba volant più che mai e che si ascolta facendo altre cose. L’antecedente, la meditazione trascendentale, era ormai perso e lontano.
Su questo blog leggi anche:
La legge della vicinanza
Con le stesse parole, ti indico la strada
Su su, più su… ma dove?
Io trovo quel modo di scrivere veramente cacofonico. Quando scrivo, mi accorgo di usare spesso “questo”, “quello”, “che”. Rileggendo, poi, trovo il modo di eliminarli.
(Come ho fatto ora, avendo scritto “mi accorgo che spesso uso molto…”).
Il lavoro mi porta a scrivere e leggere in inglese. Gli anglosassoni, da bravi pragmatici, se ne strafregano e ripetono. La chiarezza innanzitutto!
Figurarsi poi se la chiarezza riguarda la meditazione…
E’ burocratese puro e semplice! Io lo uso tantissimo nelle comunicazioni agli enti pubblici (mi uniformo al linguaggio normativo), ma effettivamente è orribile. Un vizio che talvolta ripeto anche in altri contesti. Comunque tranquilla, smetto quando voglio… 😉
[…] d’oro Contro le bare verbali e le parole zombie Scrivere: una visione e una conversazione Ma lo stesso non è lo stesso! La legge della […]