L’Atlantic Il New Yorker, che ha dedicato loro un articolo a dicembre (A list of reasons why our brains love lists), definisce le liste un “formato venerabile”. In effetti lo sono, anzi sono forse il formato testuale più antico, visto che i primi testi che conosciamo registravano cosa entrava e usciva da un magazzino.
Oggi è uno dei formati più di successo per confezionare contenuti sul web, fin troppo direi. E lo dice una che le liste le ama moltissimo, tanto da aver loro dedicato un capitolone di oltre trenta pagine nel suo libro Lavoro, dunque scrivo!
All’origine stessa della scrittura, le liste la attraversano lungo i millenni per approdare al trionfo sul web e sui rettangoli delle slide.
La lista ha innumerevoli vantaggi rispetto al testo discorsivo, scrive l’autrice dell’articolo:
- promette un contenuto già ordinato, classificato e digerito
- i numeri in mezzo alle parole attirano gli occhi (lo dicono anche le ricerche di Nielsen)
- assecondano la nostra tendenza a elaborare e ricordare le informazioni con l’aiuto dello spazio visivo
- ci rassicurano rispetto al “paradosso della scelta”: (più scelte abbiamo a disposizione, meno scegliamo): la lista ci annuncia da subito i suoi confini e dove finisce, una cosa che invita alla lettura molto più dell’incipit di un testo discorsivo.
Le liste quindi ci attirano, si leggono bene punto per punto, si ricordano. Ma come per tutti i testi brevi, togliere fatica a chi legge significa più impegno per chi scrive e i buoni testi brevi sono quasi sempre più impegnativi dei testi lunghi. Le liste poi si reggono sul sottile equilibrio tra simmetria e prevedibilità (che il nostro cervello ama tanto) e discontinuità e varietà (che il nostro cervello ama altrettanto).
Ma una volta trovato, è quell’equilibrio che rende la lista attraente e leggibile. Così anche un giornalista consumato come Beppe Severgnini ha pensato che una lista fosse più adatta di un articolo per raccontare il film La grande bellezza. Una lista in otto punti, con i numeroni belli grandi e tanto spazio intorno. Difficile saltare i punti e non leggere parola per parola.
Ma come per tutti i modelli testuali, anche con le liste non bisogna esagerare, perché se tutto diventa una lista la loro funzione di “richiamo” si perde.
Non solo, le proprietà rassicuranti della lista hanno anche il loro rovescio della medaglia. Sempre a dicembre – il mese delle liste – un giornalista dell’Atlantic si è divertito a mostrarci come le liste assecondino sì il nostro cervello ma lo confondano anche un po’: 7 reasons lists capture our attention (and confuse our brains).
Per esempio ci guidano nella lettura, ma ci dicono anche cosa pensare dandoci l’illusione di pensare con la nostra testa.
O possono essere piacevolissime da leggere, ma contenere informazioni sbagliate dentro una forma “giusta”. E infine ci promettono una “fine”, ma quella che vogliono loro.
“Don’t let numbers do the thinking for you.” è la raccomandazione conclusiva.
Sulle liste leggi anche:
Le liste (sul MdS)
Lunga vita alla lista
Lista d’artista
La vertigine della lista
25 cose non a caso sulla scrittura breve
Non The Atlantic, ma The New Yorker. 🙂
Grazie Isabella.
Vado a correggere subito subito 🙂
Luisa
[…] Interessante! Leggiamo un po’…). Il cervello è attratto dai numeri nei titoli perché saltano all’occhio, come spiega Maria Konnikovasul New Yorker. I lettori sanno che le liste in genere non richiedono […]