Non ho un’opinione definita, ma credo che il lungo articolo di Luca Sofri La fine dei libri vada letto per intero e così le articolate risposte di Gianluca Briguglia (Difesa non romantica dei libri) e di Gianluca Didino (Luca Sofri e la fine del libro).
I titoli sono titoli e Sofri non è che preconizzi la fine dei libri, ma ci invita a entrare nell’ordine di idee che potrebbe succedere. La tesi è che il libro perda sempre più terreno nella costruzione della cultura contemporanea: staremmo diventando sempre più incapaci di leggere testi lunghi, mentre i tempi dedicati ai libri si restringono a favore di altre e meno impegnative occupazioni. Non solo: il libro non è più garanzia che testi e idee restino, molto più facile che vivano più a lungo in rete, pronti a essere recuperati con un clic.
Da autrice di tweet di 140 battute e di libri di 400 pagine, mi piace pensare che ci servano gli uni e gli altri. Forse la mia è una visione di parte, ma mi sento molto in sintonia con Briguglia quando conclude:
Certamente i tempi lenti non si addicono a tutte le fasi della vita e a tutte le situazioni (io credo che se uno non ha letto all’università Isidoro di Siviglia, che poi è un fumettone di mille pagine, possa serenamente non leggerlo mai e tanto più un saggio di trecento pagine su di lui), ma sono convinto che i tempi (e i libri) lunghi convivano ancora e lo faranno a lungo con i tempi brevi e che la qualità dei tempi brevi si nutra anche della qualità dei tempi lunghi, non solo di tecnologie e di rapidità. Il libro non è centrale come un tempo – è vero e forse è anche molto utile – ma senza il libro, e quello che il libro presuppone in termini di ricerca, scrittura e lettura, anche la velocità di altre scritture finisce con l’evaporare nel momentaneo.
Come autrice conosco tutta la fatica e la solitudine che accompagnano la stesura di un libro, ma anche il salto quantico che si fa in quanto a maturazione, consapevolezza, competenza. Come lettrice conosco tutta la gratitudine che provo quando qualcun altro mi consegna la sua fatica su un tema che mi interessa e mi propone la sua “mappa”, come la definisce Briguglia, pronta, chiara, piena di visioni e di scorci, facilmente percorribile. A quel punto che sia di venti o di cinquecento pagine poco mi importa. Vale per i saggi come per la narrativa.
Più che per sostituzione di un medium con un altro, come sempre, andiamo per accumulazione. In quale nuovo equilibrio, è tutto da osservare e da scoprire.
Ciao Luisa. In una conferenza che si è tenuta a Dicembre, a Bologna, ho presentato una tesi che, se pur nel ristretto orticello della comunicazione tecnica, sta sicuramente “sul tavolo” da qualche tempo e che riguarda questo concetto: siamo talmente immersi nell’information overload che l’idea “antica” per la quale è “l’utente che cerca le informazioni” non sta più in piedi, ma è tempo di capovolgere il paradigma, cioè è tempo che siano “le informazioni a cercare l’utente”.
http://artigianodibabele.blogspot.it/2013/12/abbiamo-bisogno-di-un-help.html
Questo tema, che ha molto senso nel campo della comunicazione tecnica, porta ad ipotizzare una lenta fine del “manuale utente” tradizionale, in formato stampabile, a vantaggio di altri approcci. Questa idea ovviamente non può essere traslata tal quale in ogni altro ambito, però ci sono dei punti di contatto con quanto hai indicato. E’ evidente che non si possa, oggi, predire con leggerezza “la scomparsa” dei libri stampabili, ma DI CERTO sta cambiando il nostro modo di acquisire “le informazioni” e la tecnologia digitale è una delle leve più potenti in tal senso. Nel mio campo, sono convinto che la produzione di manualistica tradizionale subirà un tracollo nei prossimi 10 anni. Certo non scomparirà del tutto, ma assisteremo ad evoluzioni rapidissime e diminuzioni di volumi impensabili solo 3 o 4 anni prima. Ripeto, questo evento non è traslabile in ogni altro contesto, ma io noto già una ENORME differenza nell’avvicinare il libro tradizionale tra chi ha meno di 30 anni e chi, come me, sta un bel pezzo avanti con l’età! Quindi la questione “dei nuovi equilibri”, come dici tu, è molto interessante.
Io credo che Luca Sofri si sia lasciato andare a considerazioni molto semplicistiche più che altro per il gusto di farle. O per il gusto di fare parlare (più di sé che non dei libri, credo). Al di là di tante sue considerazioni – facilmente smontabili, ed infatti le risposte in rete fioccano – vorrei solo puntualizzare una cosa sulla presunta centralità del libro.
C’è un detto che dice: se il tuo unico strumento è un martello, qualsiasi problema ti sembrerà un chiodo.
È ovvio che prima di oggi c’era solo il libro, e andava bene per tutto. Man mano che abbiamo a disposizione supporti diversi (radio, tv, Internet, …) ogni strumento verrà usato per quello che serve. Non esistono lettori stupidi: la gente sa benissimo quale sia lo strumento più comodo a seconda di quello di cui ha bisogno. E lo usa. Punto.
Anche il cavallo ha stroncato la centralità dei piedi, ma mi pare che non se ne sia lamentato nessuno…
[…] in rete che ho scoperto ieri sera leggendo Il blog del mestiere di scrivere. In un post intitolato Fine dei libri, anzi no, Luisa Carrada commenta l’articolo di Sofri e le due lunghe repliche scritte da Gianluca […]
Hai scritto una parola chiave in questo articolo che a mio avviso è la risposta all’enigma book-ebook, ovvero ‘ricerca’. In due sensi: la ricerca di un libro tra gli scaffali di una biblioteca (o anche da supporto elettronico Opac, MetaOpac, rivista online, etc… ma con conseguente reperimento in biblioteca) e ricerca in quanto disciplina caratterizzata dall’analisi e scoperta di nuove o vecchie tematiche riprese e ridiscusse.
A questo proposito, non mi dispiacerebbe affatto leggere cosa ne pensi della ricerca contrapposta ai nuovi canali di fruizione digitale. Aspetto un post sulla ricerca 2.0 ;).
mah, secondo me, non è il tempo che ci manca ma come decidiamo di utilizzare quel poco libero che abbiamo;
se un libro mi prende, non mi scollo finché non l’ho finito, sia che abbia cinquanta pagine sia che ne abbia trecento; anzi, in questi casi il numero delle pagine più tende ad infinito e più mi dà soddisfazione! 🙂
La mia piccola esperienza. Gentile Luisa, ho il Kindle credo da 6 anni. Il primo l’ ho ordinato dall’America per leggere in inglese. Poi ne ho comprato un altro quando ha aperto Amazon.it e hanno iniziato ad essere disponibili molti ebook italiani e non solo Pinocchio, Sei personaggi in cerca d’autore e I tre moschettieri. Sinceramente dopo 6 anni posso dire che se c’è la possibilità di scegliere, nel senso che posso acquistare il libro di carta in tempi ragionevoli e non c’è una grande differenza di prezzo, scelgo sempre quello di carta. Secondo me non c’è paragone tra lettura su carta e quella su dispositivi elettronici. Non saprei neppure spiegare perchè. Sarà la sensazione fisica della carta, sarà il fatto che l’ebook mi sembra di un accumulatore di testi e parole privo di una identità, una sorta di comodissima cartella del computer piena di file scritti, sarà che il libri fisici hanno delle copertine così belle e invitanti, sarà il fatto che dopo averlo letto il libro fisico diventa un arredo, sarò che lo puoi prestare, sarà la forza della abitudine, saranno tutte queste cose messe insieme, tra i due per i testi in italiano preferisco sempre quello di carta. Per i testi in inglese il Kindle con il vocabolario integrato forse si fa preferire.Comunque per fare un esempio un po’ banale che renda l’idea il libro elettronico per me è un po’ come bere lo champagne nei bicchieri di plastica, il contenuto è lo stesso, ma l’esperienza completamente diversa. Penso che i due tipi di libri conviveranno felicemente ancora a lungo. Considerazioni molto simili e più intelligenti le si trovano anche qui http://www.gandalf.it/nodi/ebook5.htm (solita acuta analisi di Giancarlo Livraghi) soprattutto quella sui droni di Amazon, Un caro saluto e tanti complimenti per il blog e sito, ormai lo seguo da un decennio 🙂
La tecnologia non profuma di libreria. Non ha la magia degli scaffali impolverati. Non produce il suono di una pagina girata. Sul kindle mi perdo tra la storia che leggo, ma la storia non si perde in me. Ne ricordo il senso, ma mi perdo il particolare. Quale scegliere? Sceglie il libro. Se vuole un posto nel mio Paradiso, indosserà la copertina.
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