Ho scritto già della scala dell’astrazione, cioè di quella scala ideale sui cui pioli si collocano le parole, dalle più concrete vicino a terra alle più astratte vicino al cielo.
Pensare alla scala mentre scrivo mi è molto utile, perché così le parole tra cui scegliere mi si aprono davanti come un ventaglio: poi ne sceglierò solo una ma, appunto, posso scegliere.
Se pane, pranzo, mangiare sono sui pioli in basso, cibo, pasto sono un po’ più in alto, mentre nutrizione, sazietà e appagamento sono ancora più su. Vedo tutte le parole disposte in ordine e questo mi rassicura. Del resto è per immagini che noi pensiamo.
L’idea l’avevo rubata a Roy Peter Clark, perché la scala è uno dei suoi famosi 50 attrezzi, nella mia personale versione:
22. Su e giù per le scale.
Descrivere e raccontare non basta, bisogna anche mostrare.
Per questo c’è la “scala dell’astrazione”, che va percorsa rapidamente in su e in giù. In basso ci sono gli oggetti e le cose, in cima le idee e i concetti. In mezzo c’è il regno del gergo e della burocrazia, delle “monete divisionali”, delle “ampie gamme di prodotti”, delle “firme in calce”. Da saltare a pie’ pari, per mescolare invece con sapienza le cose e le idee.
Un bell’esempio di “su e giù per le scale” l’avevo trovato nella pagina dei bravissimi di Duarte Design dedicata al loro team:
Prima la concretezza: lavagne bianche, dolci decorati, biscotti vegani, cheeseburger a raccontare la varietà di esperienze e di gusti. Poi, a metà scala, la riunione del pomeriggio e l’idea delle quattro del mattino. E infine il volo verso l’alto con parole più astratte: potere, persone, cambiamento, mondo. Astratte, ma potenti, grazie al propellente delle parole concrete.
In una nuova versione della stessa pagina la scala c’è sempre, anzi ancora più raffinata perché i sostantivi lasciano spazio ai verbi, più forti e dinamici:
Loro “fanno”. Cose semplici e quotidiane: disegnano, bevono vino, chiacchierano, fotografano, risolvono problemi, ridono, piangono, raccontano storie in un crescendo che alterna cose astratte e cose concrete, fatti e sentimenti, e sfrutta bene anche ritmo e ripetizioni.
E poi, osservate la sintassi: in basso ci son tante cose in un periodo lungo. Ma tutte queste cose convergono in un obiettivo più alto, che trova forma in un periodo breve e in parole astratte, come sulla sommità della scala. Fino al picco simmetrico finale: facciamo tanto per arrivare proprio lì, al nostro obiettivo. Anzi, al vostro.
In un lungo articolo di Six Minutes, un utilissimo blog dedicato al public speaking, scopro che l’immagine della scala dell’astrazione è del linguista americano S. I. Hayakawa che la espose nel suo libro Language in Action del 1939.
L’autore Andrew Dlugan la spiega molto bene, ma soprattutto ci dà alcuni suggerimenti per andare su e giù per la scala. Eccoli:
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Su questo blog leggi anche:
Lo scrittore e il suo terzo occhio
Eccellente materiale per dare ancor più senso e…sensorialità ( 🙂 ) ai post che scriverò in seguito. Grazie signora maestra! 😉
[…] Lo scrittore e il suo terzo occhio Il cervello che legge, e noi che viviamo Pensare e scrivere vivido Su e giù per la scala dell’astrazione […]
Grazie di questa di ti condivisione .
Grazie a te, Francesca 🙂
*ricondivisione
Ottimo: la scala mi servirà tantissimo!
Grazie, molto interessante! E molto utile per dare dei suggerimenti concreti agli studenti.