“Credo che una delle strade possa essere quella di lavorare come se ci si trovasse in uno stato di “necessità”, in un modo che potrei definire etico… Vedere come se fosse la prima e l’ultima volta.
Questo atteggiamento determinerebbe uno sguardo in profondità, meno superficiale, poco cronachistico, meno estetico e di mestiere. Lontani dal cercare di trovare uno stato privilegiato, un’immagine-momento assoluto, ma allungare e allargare spazio e tempo dello sguardo, dare nuova profondità e anche nuovi sentimenti alle nostre percezioni.”
“Paradossalmente proprio gli angoli più consueti, quelli canonici, quelli che abbiamo sempre sotto gli occhi e abbiamo sempre visto, sembrano diventare misteriosamente pieni di novità, di aspetti imprevisti… affidandoci ad alcuni stereotipi consolidati abbiamo dimenticato l’enorme potere di rivelazione che ogni nostro sguardo può contenere.”
“Mi piacerebbe partire da uno sguardo meno affrettato, più consapevole e affettuoso, entrare in sintonia con il luogo. Il mio è un tentativo semplice di ricostruire un sentimento di appartenenza e pacificazione.”
Queste parole e queste immagini sono di uno dei più grandi fotografi italiani del Novecento, Pier Luigi Ghirri.
Fotografava le cose che aveva sotto gli occhi: la sua campagna emiliana, Rimini, Marina di Ravenna, i cartelloni pubblicitari, vetrine, distributori di benzina, il parco della Reggia di Caserta, lo studio del pittore Giorgio Morandi. O persone di spalle che guardano i quadri in un museo.
Eppure sembra di vedere tutto per la prima volta e davanti a tanta quotidianità si rimane come stupefatti. Alcune foto sembrano quadri surrealisti, altre fotomontaggi. Non lo sono, è lo sguardo del fotografo a vedere il mistero o a mostrare il lato nascosto delle cose. Lo raccontano i testi di Ghirri: tersi, semplici, etici, puliti.
Lui con la macchina fotografica voleva conoscere, indagare la realtà nei suoi aspetti più riposti, sprigionare la magia del quotidiano, evidenziare geometrie, e mostrare anche a noi come esercitare uno sguardo calmo e profondo, e portarlo nella nostra vita.
Mi è parsa una lezione attualissima, questo rapporto con le cose, ora che è così mediato da tanti schermi e scandito da tanti scatti.
Uscita dal Maxxi, mi sembrava di guardare tutto in modo diverso.
Si, lo sguardo di Ghirri era uno sguardo ‘ecologico’, senza incrostazioni (tecniche o ideologiche), senza gerarchie (nessuna distinzione tra soggetto ‘alto’ e soggetto ‘basso’), senza abitudine (nessuna nebbia mentale). Ogni sua inquadratura creava, e che, senso.
Volevo dire: creava e crea senso.
Ghirri ha lo sguardo dei grandi fotografi sulla natura e sul dettaglio insolito. Così narra il nostro tempo (*_))
Buongiorno Luisa,
mi permetto di darti del tu in quanto amica di tastiera e appuntamento quasi quotidiano, insieme a Annamaria Testa e Giovanna Cosenza.
Io faccio il designer ma sono convinto che le idee non siano chiare nella nostra mente sin quando non si hanno le parole, le frasi e le immagini giuste per comunicarle.
Casualmente insegno Design for All, la progettazione per la variabilità umana, in una piccola università privata di design. Sto organizzando il programma per il prossimo anno -non faccio mai le stesse cose– e pensavo di assegnare, come uno degli esercizi relativi alla percezione delle persone non vedenti, il disegnare un ambiente, una stanza o un appartamento a partire dalla sua descrizione letteraria. Una simulazione impossibile ma empatica su come una persona cieca potrebbe immaginare il luogo in base alla descrizione che ne riceve.
L’opposto del lavoro di Pier Luigi Ghirri. La descrizione di quegli scatti per ricostruirli con l’immaginazione e la raffigurazione.
Questo anche per vedere quante diverse interpretazioni visive si possono generare dalla stessa descrizione verbale.
Purtroppo, oltre alla stanza della Metamorfosi di Kafka o quella dell’Uomo senza qualità di Musil non vado, mentre sarebbe più traducibile la descrizione di un ambiente attuale, contemporaneo.
Mi chiedo se il tuo blog e le tue lettrici/lettori possano darmi una mano e segnalarmi una descrizione utile al mio obiettivo, tratta da un testo letterario contemporaneo.
Se ritieni questo intervento ot, cancellami pure,
grazie.
Ciao Rodolfo,
certo che ti diamo una mano.
Ci dici qualcosa di più e anche qualche tuo riferimento?
Sito, blog, corso… cosi magari ci faccio un post e il tuo appello si vede meglio?
Luisa
Grazie Luisa,
beh, quando si è immersi nella lettura la descrizione di persone e luoghi evoca immagini. Questa attività iconopoietica (scusa, mi è scappata) ci mostra immagini cangianti e ricomposte, che probabilmente non abbiamo mai visto davvero.
Pensavo di sfruttare questa nostra capacità innata per fare immaginare, e poi far disegnare e tradurre in progetto una stanza o parte di un appartamento, ai miei allievi di interior design, nell’ambito del corso di Design for All, cioè la progettazione non discriminante orientata alle persone con disabilità, in questo caso alle persone ipo o non vedenti. Una sorta di immedesimazione: “Secondo te, a partire da questa descrizione letteraria, come immagini possa essere, visto nella mente di una persona cieca, questo luogo? Disegnalo”. L’esercizio continua con l’evidenziazione delle emergenze, degli ostacoli, delle barriere, dei pericoli, e perché no, con una nuova riscrittura… e poi con il darsi un limite che la cosa può prendere la mano.
L’idea può essere simpatica e stimolante, peccato che la descrizione o la faccio io (che so, della bella foto d’interni qui in alto di Ghirri), ma non sono così capace, oppure la cerco nei libri già bella e scritta bene e con tutti i dettagli al posto giusto. Lo so che descrizioni così esistono, dato che nel tempo ne avrò lette decine o centinaia, ma l’Alzheimer galoppa e quando cerchi qualcosa figurati se la trovi. Da qui l’appello.
Sono Rodolfo Di Martino, al mio sito rodolfodimartinodesign.com ci sono i vari recapiti e qualche notiziola in più.
Ovviamente, se il tutto andrà in porto, verso la fine dell’anno sarò ben lieto di farti avere i risultati dell’esperimento con tutti i rendering dell’ambiente interpretato.
Grazie,
Rodolfo
Grazie Rodolfo.
Appena ho un attimo ci faccio il post.
Luisa
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