Ultimamente mi è capitato di scrivere anche su questo sito quanto stia diventando smemorata. Se non mi facessi assistere da calendari elettronici e check-list, dimenticherei cose davvero importanti con conseguenze serie. Scherzo con gli altri e con me stessa attribuendo il tutto all’età, ma in realtà so benissimo qual è la ragione di tanta svampitezza. Sto troppo connessa e ricevo troppe sollecitazioni, di continuo, tutte insieme. Sollecitazioni utili, interessanti, cui difficilmente rinuncerei, che mi fanno crescere, imparare, migliorare nel mio lavoro.
Per quanto abbia preso da tempo le mie contromisure – disconnessioni strategiche comprese – mi sono ormai rassegnata. Un po’ svampita ormai sono e ci resto. L’importante – mi consolo così – è esserne consapevole e rimanere entro livelli accettabili.
È stato proprio aver osservato e approfondito in questi anni i meccanismi della lettura ad avermi resa avvertita di una verità semplice: nonostante i mille aggeggi cui siamo attaccati, la nostra mente non è affatto multitasking. Anzi, a elaborare più di tot informazioni alla volta proprio non ce la fa. Per questo ricordiamo molto meglio le informazioni contenute in un brano dalla sintassi piana e semplice di quelle stipate in un periodo lungo e complicato.
Sono entusiasta di vivere in un periodo di cambiamenti così tumultuoso e considero un privilegio disporre di così tante informazioni e di tanti modi e strumenti per accedervi, però mi sono pienamente riconosciuta in quanto ha scritto due giorni fa sul Corriere della Sera Susanna Tamaro a margine della cronaca del povero padre piacentino che ha dimenticato il bimbo di due anni in macchina:
È stata la nostra capacità di attenzione e di concentrazione a costruire nei secoli quel che noi chiamiamo cultura. Ci è voluta attenzione e concentrazione per capire i ritmi della terra e dare via all’agricoltura. E ancora attenzione, e concentrazione sono state necessarie per costruire, ad esempio, il Duomo di Orvieto, senza l’aiuto di macchine, computer, colate di cemento. Eppure, se lo si guarda, non c’è dettaglio o ornamento che non sia perfetto. L’attenzione è il pilastro portante della nostra vita ma, per esistere nella sua feconda creatività, ha bisogno di radicamento, di profondità, di una direzione univoca verso cui andare. L’irruzione delle tecnologie di comunicazione veloce degli ultimi vent’anni ha completamente frantumato la nostra capacità di attenzione profonda.
Siamo attenti, sì, terribilmente attenti, ma solo ai crepitii di superficie, agli squilli, ai cinguettii, ai led luminosi, sempre pronti alla risposta, sempre raggiungibili da tutti e sempre terrorizzati di perdere quell’onda che ci tiene connessi col mondo virtuale che ci circonda. Ma questo nostro essere eternamente connessi ci ha portato inevitabilmente a vivere in uno stato di continuo allarme. Il nostro cervello è fatto per la profondità e la lentezza, allontanarlo da questa condizione non può che metterlo in uno stato di grande instabilità.
Non si tratta di essere contro la tecnologia, ma di capire quanto la tecnologia serva a noi e quanto noi, invece, siamo destinati ad essere servi della tecnologia. Senza attenzione profonda, uno scrittore non riesce a scrivere un libro, un poeta una poesia, uno scienziato fare una scoperta. Senza attenzione profonda si disgregano anche i rapporti umani, perché quel che costruisce i rapporti umani è soltanto l’amore, e l’amore non è altro che una forma di attenzione prolungata nel tempo.
Ieri mattina, avrei voluto leggere questo brano agli studenti del Corso di Editoria e Comunicazione che ho tenuto alla Fondazione Mondadori. L’avevo portato con me, ma non ce n’è stato il tempo. Avevo già passato due giorni interi a raccontar loro come si legge e si scrive sul web e a illustrare tutti i vantaggi del testo digitale. L’ultima mezza giornata l’abbiamo passata proprio nell’esercizio della consapevolezza e dell’attenzione a partire dai loro testi. Queste parole ci sarebbero state proprio bene.
Interessantissimo post 🙂 mi viene in mente una citazione di Cormac McCarthy che dice, grossomodo, ‘da quando ho iniziato a scrivere promemoria ho iniziato anche a non ricordarmi più nulla’.
È un post stupendo.
Noi siamo dove mettiamo la nostra attenzione.
Mi capita di mangiare e, se penso a qualcos’altro, non sento neppure il gusto di ciò che mangio.
Vivere il momento presente con attenzione e consapevolezza è davvero il pilastro della nostra vita.
Ci pensavo un po’ di giorni fa. Tra cellulare, tablet, ecc alla fine leggo pochissimo se non per lavoro. Mi piacerebbe riuscire a recuperare quel ‘silenzio’ mentale che mi permetteva di assorbire quello che stavo leggendo con più efficacia.
[…] a Luisa Carrada e al suo blog per aver segnalato il […]
Bello. E vero. Ciao!