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risali negli anni

3 Giugno 2013

Le ragioni di Francesco e la lezione di un bel testo

Di solito non leggo i paginoni pubblicitari tutto testo sui quotidiani. Invece qualche giorno fa la paginona fitta di Conad mi ha attirata fin dal titolo e di frase in frase sono arrivata alla fine senza nemmeno accorgermene. Così l’ho messa da parte per rileggerla meglio e capire perché funzionava così bene. Almeno per me. Ecco il testo.

Comprendere viene prima di vendere.

Comprendere deriva da cum-prehendere, cioè includere, abbracciare con la mente le idee, entrare in sintonia con le cose del nostro tempo. Ma è diventato fin troppo facile dire che viviamo in tempi difficili. Anche alla crisi, alla lunga, ci si abitua. Dibattere delle cose che più ci stanno a cuore è giusto, ma trasformare il Paese in un gigantesco salotto dell’amarezza non è la soluzione migliore. Di voci allarmate, di preoccupazioni appena sussurrate e di sguardi smarriti Francesco, il socio Conad per antonomasia, ne raccoglie  tanti ogni giorno. Ma lui, abituato a rimboccarsi le maniche, taglia all’alba il cuore della città e va verso il suo supermercato, deciso a darsi da fare per rendere accessibili a tutti le cose che contano, l’indispensabile, la spesa di base, ciò a cui nessuna famiglia può rinunciare. Francesco sa che “il cuore” – almeno il suo –  “ha ragioni che la ragione non comprende”; per questo, nelle sue riflessioni, la passione per il suo lavoro ruba il posto alla lucidità del freddo calcolo. È  la voglia di rendersi utile che lo tiene sveglio. Solo, nel suo supermercato, Francesco prende la pasta, farina, il caffè, il latte e tutte quelle cose che soddisfano i cosiddetti “bisogni primari”, e li riunisce, idealmente in un cesto per proteggerli dal caro vita: si tratta di quei prodotti che ogni giorno ci aspettano in Conad, necessari come un tetto, affettuosi come un abbraccio, indispensabili come un amico sincero. Francesco a tutto ciò che conta ha imposto un prezzo veramente basso che rimane veramente invariato per tanto tempo. Questi prodotti ha chiamati semplicemente “Bassi e fissi”, un nome concreto, promettente come un sentiero da percorrere insieme.

D’accordo, titolo e incipit sono accattivanti, ma credo che quello che mi ha spinta a continuare sia stata l’espressione “gigantesco salotto dell’amarezza”. L’ho trovata felicissima e mi ha davvero risuonato dentro. Corrisponde esattamente a quello che provo in questo momento e devo avere istintivamente pensato che almeno per questa sintonia il testo meritava di essere letto fino alla fine.

E allora, dal salotto al supermercato, ho seguito i pensieri di Francesco e non mi sono sembrati strampalati o fuori luogo né l’incipit da dizionario etimologico né la strizzatina d’occhio a Pascal. Merito anche del ritmo vario, del lessico semplice ma ricco, della sintassi avvolgente. Mi sarei solo fermata a “Bassi e Fissi”. È vero che bisogna chiudere, ma il “sentiero promettente” mi è sembrato un po’ stucchevole. Ma è vero pure che fare le pulci ai testi degli altri è fin troppo facile e che io non avrei saputo scrivere questo testo così bene.

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0 risposte a “Le ragioni di Francesco e la lezione di un bel testo”

  1. Ho letto con interesse e concordo.

    Ho cercato questa pagina sui giornali (quotidiani o settimanali (?), ma non sono riuscita a trovarla. Pazienza.

    Penso che, mi piacerebbe confrontare i punti di vista, si sia attratti sicuramente dal “gigantesco salotto dell’amarezza”, ma soprattutto dalla memoria dello spot televisivo, accattivante e tenero che pur distrattamente si vede e si sente. (*_))

  2. Siccome è un bel testo sarà scritto correttamente. Per questo mi chiedo se l’ ultima frase va bene così o se si doveva scrivere:
    -Questi prodotti ( li ) ha chiamati.. etc.- oppure – Questi prodotti sono chiamati..etc..-
    Oppure devo riprendere la grammatica delle elementari e mi scuso per l’ intervento.

  3. Francesco come Fred? O è solo la mia situazione personale, su cui provo a ironizzare, dato che mi fa tanto soffrire …

    Non so se ha letto il libretto di Mark Sanborn “Fattore Fred” in cui si narrano le gesta di un portalettere, Fred appunto, che per soddisfare al meglio la sua clientela, mette in atto tutte le azioni, per aiutare il suo cliente, aggiungendo quel quid in più al servizio che deve rendere ogni giorno . Ebbene quel Francesco che buca lo schermo con la sua preoccupazione principale e mette una cura indicibile nel servizio che dà, mi ha fatto venire in mente ciò. L’autore del libello si prodiga nel dire che nessuno è come Fred, così attento e servizievole, ma talmente soddisfatto di esserlo, da rendersi la vita migliore. L’estate scorsa l’assessore al personale del mio ente mi ha prestato quel libro dicendomi di leggerlo, ne avrei tratto alcune idee degne di nota. In effetti ho sintetizzato quattro punti: 1)Ognuno può fare la differenza; 2)Il successo si costruisce sulle relazioni; 3)Bisogna cercare sempre l’aspetto positivo in ogni situazione; 4)Ci si può reinventare continuamente. Deve sapere che dopo nove anni che mi occupavo di personale e organizzazione nel comune, con un incarico ambito ai più, ma sottopagato e sottostimato per il valore della prestazione che ponevo in essere ogni giorno, sono stata scalzata dallo stesso incarico, ma anche dalla mia qualifica. Forse, non lo so , non l’ho mai ancora capito, perchè nessuno me l’ha spiegato. Nel prodigarmi per gli altri, ci soffrivo troppo, non ero così contenta e solare e positiva come il caro Fred e quindi potevo rappresentare un fattore di rischio per l’armonia del sistema. Chi lo sa? Al mio posto hanno messo una, che sa dire solo di sì, ai capi, senza magari capirci niente, ma ostenta permanentemente una bocca equina con un sorriso preimpostato, che mi sa di fregatura, ma forse solo a me! Sono le testuali parole dell’assessore :-Il personale (inteso come ufficio e problematiche connesse) logora, per nove anni…

    Leggo il suo blog con passione, continui così! Roberta Cecchi

  4. Il testo della pagina di Conad è coinvolgente. Non mi hanno però colpito né il titolo, né l’attacco. Mi sono chiesto se l’avrei mai letto, sul giornale. Mi chiedo a quale target miri, l’autore del testo: me lo vedo mio suocero 85enne, persona semplice, che legge un incipit da dizionario etimologico?

    Il resto del testo è emozionante. Ti tocca l’anima. E, concordo con Luisa, quel “salotto dell’amarezza” esprime un nostro sentire. Spiega anche la rabbia verso una classe politica e una classe dirigente (gli alti manager) che non fa nulla per portarci in una sala da pranzo piena di sole, dove fare colazione in allegria e in comunità.

    Nel leggere il testo ho pensato al Francesco della pubblicità in tv. Confesso che non mi aveva trasmesso le stesse emozioni del Francesco del testo. Ho forse visto la pubblicità in maniera superficiale? Oppure la trasposizione filmica non rende quanto il testo trasmette e fa provare? Il testo scritto vince sulla storia per immagini?

    Un cordiale saluto. Maurizio Corte

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