Sono sempre stata una organizzata e precisa. Lo sono tuttora, ma sempre più spesso quando scrivo e rivedo mi lascio prendere dalla serendipità della rete e per svolgere il mio compito ci metto molto più tempo di quello che avevo preventivato. Non che mi distraggo e perdo tempo, tutt’altro: è che un link, una parola, un’idea mi portano ad altro. Qualcosa che arricchisce quello che sto facendo, lo migliora e che quindi non posso permettermi di perdere in attesa del “momento tranquillo, in cui avrò tempo”.
Ormai mi ci sono felicemente rassegnata e quando vedo le ore che passano mi convinco che vale la pena metterci un po’ di più e considero le mie piccole e grandi divagazioni come altrettanti investimenti sui lavori futuri.
Oggi pomeriggio, per esempio, stavo rivedendo e rifinendo le slide e gli esempi per i due giorni di lezione che terrò giovedì e venerdì alla Fondazione Mondadori. Controllavo i link e sono incappata in due divagazioni lunghissime, cui però ho ceduto volentieri.
La prima: un corposo post di Lisa Vozza sul suo blog Biologia e dintorni sul sito della Zanichelli, dedicato alla lettura sulla carta e sugli schermi. Un tema, come sapete, che mi interessa moltissimo perché sono convinta che per scrivere sia oggi fondamentale capire come leggiamo e soprattutto come sta cambiando la lettura.
Bene, il post di Lisa prende in considerazione anche l’articolo di Scientific American che menzionavo qualche post fa ma lei, da brava divulgatrice scientifica, è andata a controllare tutte le fonti e le ricerche, aggiungendoci la sua esperienza di lettrice attenta e consapevole. Il risultato è un post lungo, documentato, piacevolissimo e pieno di verve – come sempre i suoi –, che finisce a sorpresa con un concerto e la prodigiosa memoria visiva di Toscanini Rubinstein.
La seconda: il video della lezione che Beppe Severgnini ha tenuto qualche giorno fa all’Università di Macerata sulle scritture brevi (grazie al tweet di @FChiusaroli, autrice di scritturebrevi.it). Ora che ho finito il post, finisco di vederlo.
Divagate, gente, divagate.
SIcuramente una cosa che dovrei imparare a fare senza che l’ansia prenda il sopravvento.
[…] La distrazione del navigare in rete come occasione di arricchimento è oggetto del post di Luisa Carrada ed eccolo. […]
Tutto vero.
Divagare è un’arte e, paradossalmente, permettersi di divagare significa essere ancora più precisi. Si perde il filo del discorso solo quel “tot” di tempo utile per capire e soddisfare la curiosità; poi si torna alla realtà e tocca ripercorrere il filo interrotto dall’inizio.
“Oibò, che stavo dicendo?”
La testa nel frattempo è cambiata: lo spazio di una divagazione è illimitato.
Verrebbe quasi voglia d’abbandonare l’input iniziale per buttarsi nello stimolo nuovo.
Quando mi succede, io scrivo un piccolo elenco “logico” per memorizzare com’è partita la divagazione e perché:
– qual è stato lo spunto?
– dove sono arrivata seguendolo?
– come voglio condividere quello che ho appreso con agli altri?
A fondo pagina aggiungo i link utili.
Ricordare l’emozione che ho provato nella mia divagazione è fondamentale; senza quella, il link è un rimando vuoto a qualcosa di più grande ch’è ormai sfuggito. Passato. Finito in un attimo. L’ispirazione.
E se l’ispirazione è un lampo, le divagazioni sono “fontane creative”: le guardi, ti perdi nei mille zampilli d’acqua e, alla fine, ti viene una gran sete.
La sete che spinge sempre a un’unica fonte: la conoscenza.
Grazie Luisa per la piacevole divagazione.
[…] Time management, addio! […]
Arrivo quasi un anno dopo la pubblicazione del post, ma l’ho scoperto solo oggi (grazie Google). Concordo pienamente con la necessità di prendersi il tempo che ci vuole… ma spesso ansia e altri impegni pungolano lo stomaco e non ci permetto di goderci nulla…. nemmeno gli approfondimenti e le divagazioni costruttive. Almeno so di non essere solo…