“Qual è l’essenza della poesia, l’essenza dell’arte?” ha chiesto stamattina il prof. Claudio Strinati a oltre mille persone all’Auditorium Parco della Musica di Roma.
“È parlare [dipingere] di qualcosa parlando di qualcos’altro.” La risposta così semplice, così limpida, di uno dei nostri maggiori storici dell’arte mi ha ricordato le montagne di storiadellartese e beniculturalese di cui sono pieni i siti di tanti musei e istituzioni italiane, ministero in testa.
Il tema della conferenza era Caravaggio, pittore popolarissimo eppure tra i più controversi e densi di misteri. Il prof. Strinati non aveva la pretesa di svelarci i misteri, piuttosto di indicarci la poesia di Caravaggio, quel “qualcos’altro” di cui parla quando dipinge un Bacco che ci porge un calice di vino, un giovane morso da un ramarro o un’improvvisa conversione sulla Via di Damasco.
O una semplice canestra di frutta. Sì, perché la più celebre natura morta della storia dell’arte non è solo un’allegoria della caducità della vita e delle nostre vanità umane come abbiamo studiato sui libri. Ancora viva nelle bucce lucenti dei frutti e già morta nelle foglie di vite che si accartocciano verso il basso.
È anche una meditazione sul vuoto (lo sfondo metafisico senz’aria) e sul pieno (il tripudio denso di frutta), sulla corrispondenza tra macrocosmo (la natura rappresentata) e il microcosmo (un piccolo quadro che misura solo 31×47 cm), sullo spazio della pittura e il nostro spazio attuale di spettatori verso i quali la canestra pericolosamente si sporge.
Del resto la Canestra di frutta fu dipinta per uno degli uomini di chiesa più colti e raffinati dell’epoca, il Cardinale Borromeo, fondatore della Biblioteca Ambrosiana, dove il quadro è conservato ancora oggi. Per lui, Caravaggio andò a ispirarsi alla “scuola del mondo”, il Cenacolo di Leonardo con la sua tavola imbandita, a pochi passi dalla bottega dove il giovanissimo artista fece il suo apprendistato.
Per lui, dipinse frutta e foglie con la stessa cura con cui dipingeva giovani, sante, madonne e strumenti musicali. Senza gerarchie, senza alto né basso, né differenza tra sacro, umanità e natura. Aderendo solo alla verità e alla vita, riesce sempre a mostrarne e sondarne il mistero.
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Quanta poesia nella canestra di Merisi e quanta FOTOGRAFIA!
Già, perché gli studi della storica Roberta Lapucci portano a questo.
http://www.nikonschool.it/sguardi/63/news.php
Inoltre, la canestra sospesa, é un 3D ante litteram. Meraviglioso (*_))
Fiorella,
il professor Strinati ha accennato all’ipotesi che Caravaggio usasse la camera oscura… quindi ben prima di Canaletto, che era famoso per questo.
Ciò spiegherebbe anche perché di Caravaggio non ci è pervenuto nemmeno un disegno! Uno dei tanti misteri caravaggeschi.
Luisa
Definizione dell’essenza dell’arte e della poesia semplice e illuminante che per analogia ricorda da vicino quella della scrittura formulata da Calvino: “scrivere è nascondere qualcosa perché poi venga scoperto”. Bellissimo post come sempre, Luisa. Grazie.
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