Roy Peter Clark è stato il nume tutelare di Lavoro, dunque scrivo! Desideravo fare un libro à la Clark in italiano, perché è l’autore che mi ha sempre ispirata di più.
E mentre io finivo faticosamente il mio, lui annunciava leggero il suo sulle scritture brevi (esce ad agosto). E ora che aspetta solo la pubblicazione ne annuncia un altro, dedicato al “terzo occhio” di chi scrive.
Il tema della visione nella lettura e nella scrittura mi sta molto a cuore, tanto che nel mio libro gli dedico un intero capitolo, Il teatro della mente e le parole che fanno vedere. Si apre con una citazione di Joseph Conrad:
Lo scopo che mi sforzo di raggiungere, col solo potere della parola scritta, è di farvi udire, farvi sentire, e prima di tutto farvi vedere.
Leggere è prima di tutto guardare. Non siamo nati per leggere: comincia così un bellissimo libro sulla lettura di cui ho già parlato in questo blog. Siamo nati per guardare e vediamo il testo prima di tutto come immagine, come una forma.
Leggere non è vedere parole, è vedere paesaggi, persone, cose, prodotti, situazioni nella propria testa. Anche quando si tratta del volantino del supermercato, della brochure della scuola dell’infanzia, del testo di una ricetta, del manuale di un software.
Scrivere, allora, è soprattutto essere capaci di popolare la mente di chi legge. Servono parole concrete, precise, vere, vive e vivide. Ma serve anche la capacità di vedere “oltre”, come con il terzo occhio appunto.
Tanti libri— di certo quelli sulla scrittura professionale — nascono da una serie di idee che frullano nella testa dell’autore. Il primo passo è cominciare a buttarle giù in un elenco. Ognuna crescerà e darà probabilmente vita a un capitolo o a un sottocapitolo.
Clark ha appena condiviso la sua, e io l’ho appena tradotta. Cosa vede, quindi, lo scrittore?
- Vede il mondo come un magazzino pieno di idee per le sue storie.
- Vede l’ambiguità morale — persino nella maniglia di una porta.
- Vede — capisce — con tutti i sensi.
- Vede se stesso e gli altri come personaggi di una storia chiamata vita.
- Vede la conclusione, prima ancora di scrivere l’inizio.
- Vede il proprio lavoro come una narrazone seriale, un unico lungo lavoro con infiniti capitoli.
- Vede le storie come mondi in cui rifugiarsi — insieme al lettore.
- Vede i testi come esperimenti in cui nuotare.
- Vede tutte le superfici, e tutte le piattaforme media, come tele potenziali su cui dipingere.
- Vede la propria voce, e le voci di altri scrittori.
- Vede ogni complicazione come un possibile nuovo proposito, e ogni nuovo proposito come una possibile complicazione.
- Vede visioni — e revisioni.
- Vede la lingua come un campo di gioco.
- Si vede parte di una tribù.
- Si vede come un re — e un impostore.
- È convinto di avere una visione ai raggi X.
- Si vede narrativa-dipendente — in tutte le sue forme.
- Si vede come un dio dispensatore di nomi.
- Si vede con un terzo occhio per il dettaglio — di luoghi e di personaggi.
- Si vede come parte di una comunità più ampia di lettori e scrittori.
- Vede l’eccentricità come una parte essenziale del suo lavoro.
- Si vede come un viaggiatore.
- Vede i lettori come amici immaginari.
- Vede la vita — propria e altrui — come una storia a capitoli.
- Si vede lottare per una nobile causa — anche quando non è affatto così.
- Si vede come un musicista.
- Vede film — dappertutto.
- Si vede come appartenente a una specie speciale, l’homo narrans, colui che narra storie.
- Vede al di là del proprio talento e della propria esperienza.
- Considera la lettura e la scrittura come attività profondamente pericolose.
- Vede i muri che gli parlano.
- Vede la stretta strada alternativa, le strade laterali e le deviazioni.
- Vede il suo lavoro già stampato: giorni, mesi, anni prima che avvenga.
- Vede sogni di storie non ancora scritte.
- Vede la poesia nei discorsi quotidiani.
- Vede nel punto e virgola un universo di scelte.
- Vede il grande nel piccolo, e il piccolo nel grande.
- Vede il vuoto nel pieno, e il pieno nel vuoto.
- Vede il significato nascosto nel gesto casuale.
- Vede l’errore nel suo messaggio.
- Vede il caffè.
- Vede la storia che puzza.
- Vede sesso.
- Vede violenza.
- Vede archetipi.
- Vede all’interno dei miti.
- Vede i morti.
- Vede l’acqua, la terra e il cielo.
- Vede rocce nella tua testa — e nella sua.
- Vede i Beatles al concerto in cui si sono riuniti.
Sul sito e sul blog leggi anche:
Gli attrezzi sono meglio delle regole
Il cervello che legge, e noi che viviamo
Al punto 17 c’è un refuso : )
E adesso posso andare al bar a vantarmi di averla corretta.
Ps: non la ringrazierò mai abbastanza di come scrive, di cosa linkare… Grazie!
…. vado a correggere, grazie 😉
Luisa
Interessante, ma ho riserve su alcuni punti (*_))
gran bella riflessione (anche se io mi accontenterei di 25 su 50)
[…] Lo scrittore e il suo terzo occhio […]
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